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Pomeriggio PoP Pasoliniano ad Avezzano (L'Aquila), sabato 15 dicembre 2012, ore 17,30 - ingresso libero

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"Pagine corsare"
LE NOTIZIE
Pomeriggio PoP Pasoliniano
ad Avezzano (L'Aquila), sabato 15 dicembre 2012, ore 17,30 - ingresso libero

Tra Scritti Corsari, film censurati, interviste inedite, ossimori lirici proviamo a tracciare il Pasolini contemporaneo... e ce ne sarà da vedere ed ascoltare. 
In concomitanza dell’evento è prevista l’esposizione delle locandine originali dell’epoca.

Scrive a "Pagine corsare", da Avezzano, Piero Lucarelli: 

«Tra Scritti Corsari, film censurati, interviste inedite, ossimori lirici proviamo a tracciare il Pasolini contemporaneo... e ce ne sarà da vedere ed ascoltare! 
Si tratta di un blob tra interviste, video, cortometraggi, musica, poesie di Pasolini.
L'evento ad ingresso gratuito è organizzato dalla mia Associazione Franti Rise nel caffè letterario Vieniviaconme.
Si tratterà di un piccolo juke box di materiale raro e/o di difficile reperimento, assieme alla lettura di alcuni brani e poesie fatta dagli attori della cooperativa teatrale Il Lanciavicchio.
In contemporanea con l'evento saranno esposte anche numerose locandine originali dell'epoca».

"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
Autori associati: Alessandro Barbato, Claudio Rampini, Marco Taffi
Nel sito, negli archivi e nei sommari potrai trovare gli ipertesti, gli interventi,
le notizie contenuti in oltre dodicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolini

Caro Eduardo, facciamo un film, di Pier Paolo Pasolini

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"Pagine corsare"
IL CINEMA
Caro Eduardo, facciamo un film
di Pier Paolo Pasolini
LA DOMENICA di Repubblica, 2 dicembre 2012

"Due personaggi che fanno un «viaggio» (scoperta del mondo, cfr. Don Chisciotte). Il viaggio è guidato da una escatologia ideologica: lo scoprire senza volerlo, guidati da un altro falso scopo. Credendo di raggiungere un fine, si scopre la realtà così com’è, senza alcun fine. I due personaggi sono un Re Magio (uno delle tante dozzine, partiti ad adorare il Messia neonato ecc.), e il suo servo. Lo schema della storia è questo: il Re Magio parte per andare nel luogo dov’è nato il Messia, ma per strada gliene capitano tante che quando arriva sul Luogo, non solo il Messia è nato, ma ha trascorso la vita ed è morto, fondando una religione a sua volta finita. Il Re Magio, arrivato sul Luogo inutilmente, muore. Il servo burbero e rozzo e incosciente, che ha accompagnato il Re Magio, in punto di morte si rivela: egli è un Angelo, e prende per mano il Re Magio per portarlo nel Paradiso che egli si è comunque meritato. Ma il Paradiso non c’è.
Eduardo De Filippo
I due si voltano indietro come le figlie di Loth, e restano di sale. (Si voltano indietro verso il mondo della Realtà, di cui hanno scoperto i valori cercandone altri.) 
La storia comincia a Napoli, dove si è sparsa la chiacchiera che deve nascere il Messia. Scene di fanatismo alla San Gennaro, feste, processioni, chiassate ecc. (stile cinéma vérité).
Il Re Magio parte da Napoli (è Eduardo De Filippo) con un servetto romano, il Romanino (Ninetto), coi baffi, dispettoso, assente, polemico, sgarbato (è allegro solo quando gli pare). Salgono in treno (in bianco e nero: il «viaggio» in quanto tale è girato nello stile dei films comici, citandoli direttamente — Keaton, Chaplin) e si dirigono verso il punto indicato dalla stella.
In treno discorsi metafisici-quotidiani, inseriti nel contesto muto del comico. I cartelli delle strade che il treno rasenta indicano «Gomorra». A Gomorra il treno si ferma, i due scendono e cominciano le prime avventure: in stile poliziesco, in stile western, in stile «musical», in stile giallo. A Gomorra il sesso «eterosessuale» crea il caos sociale ecc.: delitti, stupri, rapine alle banche, orge, nights. Sette otto storie di questo tipo interrompono, fermano il Re Magio nel suo viaggio, coinvolgendolo a causa della curiosità e della pietà che egli prova, malgrado tutto questo sia fuori dalla sua visione escatologica. La caratteristica di queste interruzioni del viaggio è dovuta al fatto che il Re Magio non si interessa alle storie che lo coinvolgono perché sono casi pietosi, puri, morali ecc., ma perché sono viziose. Il Re Magio insomma dà se stesso e i suoi tesori (riservati al Messia) per aiutare gli altri nei loro vizi, che li rendono infelici: per dar loro malgrado tutto un po’ di felicità. Così aiuta amanti uomini o donne nelle loro abiette e furenti storie erotiche; aiuta degli hippies (chiamiamoli così) completamente ignoranti e idioti, a finanziare le loro imprese ecc. Il quadro è quello metaforico di una città moderna tipica (nella fattispecie, Gomorra è Milano). I due riprendono il viaggio - di nuovo secondo gli stilemi del comico muto. E stavolta giungono a Sodoma. Il mondo di Sodoma è rappresentato in stile neorealistico, Rossellini e Fellini. Qui c’è solo sesso: a differenza dell’eterosessualità, il sesso non produce follie sociali, delitti ecc. tutt’al più dell’arte. Tutto è dunque più decisamente comico all’italiana, la farsa ecc. Altre sette otto storie di amori di froci interrompono il viaggio del Re Magio e del suo servo, coinvolti in nuove salaci avventure ecc.
Anche qui il Re Magio sperpera il tesoro che egli porta con sé per onorare il Messia, per aiutare gli uomini nei loro compassionevoli vizi (un frocio che non ha i soldi per pagare un ragazzino ecc. ecc.). La storia-guida è quella di Lot e delle sue figlie, fino alla loro trasformazione in statue di sale. Il servetto prende un po’ di quel sale per cuocere la minestra, perché lui e il suo padrone si sono accampati un po’ fuori Sodoma, che viene distrutta e incenerita. Grandi scene in stile Kolossal della distruzione di Sodoma (che nella fattispecie è Roma).
La terza città è Numanzia. I due vi arrivano attraverso le solite peripezie del muto (sempre filosofeggiando, a cucire la trama metafisica del film, realmente poetica e reale). Numanzia è assediata da un esercito del tipo di quello americano in Vietnam; è difficile passare attraverso le linee, ma la stella indica verso Numanzia… Lasciamo i nostri eroi nei pasticci tra i carri armati e gli accampamenti dell’esercito assediante, e entriamo in Numanzia. Lo stile si fa stile da film d’autore: Eisenstein, Dreyer, stilemi alla Godard, con citazioni ecc. Il popolo di Numanzia non vuole cedere e cadere sotto il dominio del nemico strapotente ecc.
Collettivamente (dopo una rapida descrizione di vari personaggi con le loro storie particolari), il popolo di Numanzia decide il suicidio collettivo, pur di non perdere la libertà. Tutti sono d’accordo, gli uomini politici, il popolo minuto, gli intellettuali, il più famoso scienziato, il più famoso poeta… Torniamo ai nostri eroi, che attraverso una serie di stratagemmi comici, riescono a passare attraverso le file degli assedianti, e a penetrare in Numanzia. Numanzia è tutta deserta. Finché ecco i primi morti. Tutto il popolo si è suicidato. Poiché Numanzia è Parigi, ecco la Senna gonfia di cadaveri, i lampioni dell’Étoile pieni di impiccati, i Campi Elisi ecc. ecc. Gli interni, con intere famiglie uccise dal gas o dai sonniferi. Insomma tutti a Parigi-Numanzia sono morti.
Il film rischia di essere tragico. Allora il servo Romanino prende uno zufolo, tra le mani di un ragazzino morto, e comincia a suonare, una marcia allegra e trionfante, una specie di nuovo Ça ira, e Eduardo gli canta dietro improvvisando allegre parole che inneggiano alla morte eroica di quel popolo. Un po’ canta Eduardo, un po’ il servetto, un canto amebeo in mezzo a quell’immenso cimitero. Ma non tutti sono morti: uno fra tutti non ha avuto il coraggio di uccidersi: è il poeta. Il Re Magio e il suo servo lo incontrano solo, seduto a un tavolino del Café de Flore, in mezzo a un mucchio di intellettuali morti.
Ed ecco l’esercito nemico invadere e prendere la città. Il poeta, unico prigioniero, viene condotto davanti al capo dell’esercito nemico. Egli non si è ucciso perché ha avuto paura della morte: un terrore viscerale, orrendo, sostenuto dall’idea che niente vale la vita. Ha tradito il suo popolo, ora è servo del nemico. Siede a tavola col capo dell’esercito nemico (secondo il canone dei films comici, il Re Magio e Romanino sono presenti perché, con uno stratagemma, si son fatti assumere uno come cuoco, l’altro come cameriere).
Il capo dell’esercito nemico e il poeta chiacchierano; finché il poeta mormora una poesia di Mandel’stam che finisce dicendo l’incertezza se brindare con un vino di Castel del Papa o di Orvieto (?). Il capo fa portare del vino, dicendo che è Castel del Papa; il poeta lo assaggia e dice che invece è Orvieto. Nasce una discussione folle, in cui ognuno dei due sostiene la sua idea. Il capo minaccia, se il poeta non gli darà ragione, lo farà fucilare; ma il poeta insiste a dire che quel dolce vinello è Orvieto. Finisce che il capo lo fa fucilare, e il poeta va eroicamente incontro alla morte, e prima di cadere grida «Viva la rivoluzione».
È l’ultima avventura nel mondo reale vissuta dal Re Magio e dal suo servo (mi sono dilungato, ma ha la stessa proporzione delle avventure di Gomorra e di Sodoma). Essi fanno ancora qualche tappa, surreale, in stile comico sempre più rarefatto e metafisico (Keaton inseguito dalle pietre rotolanti), finché giungono sul luogo indicato come il Luogo della nascita del Messia, e qui succede quello che ho detto in principio".
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Caro Eduardo, eccoti finalmente per iscritto, il film di cui ormai da anni ti parlo. Epifanio lo affido completamente a te: aprioristicamente, per partito preso, per scelta Epifanio sei tu. Il “tu” del sogno, apparentemente idealizzato, in effetti reale Spero, con tutta la mia passione, non solo che il film ti piaccia e che tu accetti di farlo: ma che mi aiuti e m’incoraggi ad affrontare una simile impresa.
Ti abbraccio con affetto, tuo Pier Paolo
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
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SOMMARIO 2012. IV - Dal 1° ottobre al 30 novembre 2012

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SOMMARIO 2012. IV
Pagine inserite dal 1° ottobre al 30 novembre 2012

 OTTOBRE 2012

Pier Paolo Pasolini e i suoi rapporti con il Partito comunista italiano. - Come sono diventato marxista? / Ebbene… andavo tra fiorellini candidi e azzurrini di primavera, / quelli che nascono subito dopo le primule, / – e poco prima che le acacie si carichino di fiori,  / odorosi come carne umana, che si decompone al calore sublime / della più bella stagione...

Pier Paolo Pasolini, “Sviluppo e progresso”- Inedito, ora in Walter Siti, a cura di, Pasolini. Saggi sulla politica e sulla società [Scritti corsari] ed. Meridiani Mondadori, Milano 1999. - Ci sono due parole che ritornano frequentemente nei nostri discorsi: anzi, sono le parole chiave dei nostri discorsi. Queste due parole sono «sviluppo» e «progresso». Sono due sinonimi? O, se non sono due sinonimi, indicano due momenti diversi di uno stesso fenomeno? Oppure indicano due fenomeni diversi che però si integrano necessariamente fra di loro? Oppure, ancora, indicano due fenomeni solo parzialmente analoghi e sincronici? Infine; indicano due fenomeni «opposti» fra di loro, che solo apparentemente coincidono e si integrano? Bisogna assolutamente chiarire il senso di queste due parole e il loro rapporto, se vogliamo capirci in una discussione che riguarda molto da vicino la nostra vita anche quotidiana e fisica.

Maddalena Crippa legge Pier Paolo Pasolini. Paolo Schianchi, chitarra. - Il mio tributo alla parola poetica di Pier Paolo Pasolini, si compone di due blocchi di poesie tratte da varie raccolte: Poesia in forma di rosa - Le ceneri di Gramsci - Trasumanar e organizzar- Poesie disperse II - La religione del mio tempo

Mathias Balbi, Pasolini Sade e la pittura. – “Il mio gusto cinematografico non è di origine cinematografica, ma figurativa. Quello io ho in testa come visione, come campo visivo, sono gli affreschi di Masaccio, Giotto - che sono i pittori che più amo, assieme a certi manieristi (ad esempio il Pontormo). E non riesco a concepire immagini, paesaggi, composizioni di figure al di fuori di questa mia iniziale passione pittorica, trecentesca, che ha l'uomo come centro di ogni prospettiva. Quindi, quando le mie immagini sono in movimento un po' come se l'obiettivo si muovesse su loro sopra un quadro, concepisco sempre il fondo come il fondo di un quadro, come uno scenario, e per questo lo aggredisco sempre frontalmente [...]” (Pier Paolo Pasolini).

Pier Paolo Pasolini e la lunga strada di sabbia, estate 1959. - Estate 1959. Pier Paolo Pasolini percorre la costa italiana al volante di una Fiat Millecento. Le suggestioni, gli odori e le miserie di quel viaggio nell’Italia del dopoguerra diventarono un reportage di grande bellezza (“La lunga strada di sabbia”) pubblicato dalla rivista “Successo”, diretta da Arturo Tofanelli.

Pasolini dialettologo, di Franco Onorati. - Sono molteplici le direzioni lungo le quali Pasolini ha svolto il suo impegno di studioso della letteratura dialettale: certo, il più noto resta il volume Poesia dialettale del Novecento  (Guanda 1952), curato assieme a Mario dell’Arco; al quale egli fece seguire tre anni dopo, sempre per lo stesso editore, la compilazione del Canzoniere italianoo Antologia della poesia popolare italiana.

L’ombra dell’Altro: un itinerario nel cinema di Pier Paolo Pasolini, di Alessandro Barbato. - Sono trascorsi quasi trent’anni dalla morte, tragica ed assurda, che colse Pier Paolo Pasolini ad Ostia la notte tra il primo ed il due di novembre del 1975. Trent’anni che hanno visto  crescere la già ricca bibliografia pasoliniana in maniera vertiginosa, con un fiorire di titoli che hanno di volta in volta privilegiato i diversi aspetti dell’opera di uno degli autori più affascinanti e discussi della nostra storia recente.

Gemellaggio pasoliniano tra Casarsa e Idrija (Slovenia). - A cura del Centro Studi Pasolini di Casarsa, Idrija, 19-20 ottobre 2012. Nel nome di Pasolini un ideale gemellaggio unisce le comunità di Casarsa e della slovena Idrija, con la complicità del Centro Studi casarsese dedicato al grande poeta e intellettuale friulano. In entrambi quei paesi Pier Paolo trascorse gran parte della sua “meglio gioventù”…

Attualità di Pasolini corsaro. - A Praga, un evento organizzato dall'Istituto Italiano di Cultura - Italský kulturní institut Praha, 24 ottobre 2012, ore 17,00 - Cappella barocca dell'Istituto sotto l'Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica Italiana.

"Garbatella". Viaggio nella Roma di Pier Paolo Pasolini. - Di e con Julia Borretti e Titta Ceccano, musiche in scena Roberto Caetani, regia Julia Borretti. - Dal 16 al 21 ottobre 2012, Teatro Ambra Alla Garbatella.

Tarquinia: "Cin’è Musica Concerto" - Cinema e musica per l’autunno tarquiniese. La sala consiliare del palazzo comunale tornerà a ospitare nelle domeniche di ottobre, novembre e dicembre (ore 16.30, ingresso libero) “Cin’è musica e concerto”, la rassegna ideata da Dino Alfieri, Pino Moroni e Piero Nussio e organizzata dall’Assessorato alla Cultura.

L’eresia alla rovescia nel «Decameron» di Pier Paolo Pasolini, di George Popescu. - "Orizzonti culturali italo-rumeni", rivista interculturale bilingue, n. 10, ottobre 2012, anno II.

Verona. “Orgia” di Pier Paolo Pasolini. - 1968, Laura Betti e Luigi Mezzanotte in "Orgia" nell'allestimento di Pier Paolo Pasolini. A Verona, Teatro Laboratorio, dal 19 ottobre 2012 ritorna Orgia, primo dramma teatrale di Pier Paolo Pasolini, da Pasolini stesso allestito nel 1968. Regia di Isabella Caserta e Francesco Laruffa anche protagonisti. Produzione Teatro Scientifico-Teatro/ Laboratorio.

Pasolini, "Lettere luterane", di Federico Sollazzo. - «Periodico Italiano webmagazine». - Lettere luterane è il volume che raccoglie i testi che Pier Paolo Pasolini pubblicò nel 1975 (l’ultimo anno della sua vita) sul “Corriere della Sera” e sul “Mondo”; i temi trattati, che delineano una lucida analisi (politica, economica, culturale, antropologica) della società italiana, sono molteplici, e sono stati pertanto divisi in due sezioni, denominate dallo stesso autore “Gennariello” e “Lettere luterane”.

Appunti sulle opere romane di Pasolini, di Federico Sollazzo. - I due romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), insieme ai film Accattone (1961) e Mamma Roma (1962), rappresentano la descrizione, e con essa l’analisi, che Pasolini fa del mondo delle borgate romane. Per comprendere queste opere è necessario inserirle all’interno del complessivo pensiero pasoliniano, si rischiano altrimenti dei fraintendimenti, come ad esempio, quello di ritenere il mondo del sottoproletariato un che di negativo, il mondo borghese un che di positivo ed il percorso dall’un mondo all’altro, come un percorso migliorativo, di salvezza, anziché intendere, con Pasolini, come il mondo del sottoproletariato sia una dimensione, pur con tutti i suoi difetti, nella quale l’uomo può essere ancora “puro”, “ingenuo”, mentre il mondo borghese offre un miglioramento delle condizioni materiali di vita, pagato con la perdita di tale purezza e ingenuità, trasformate in (dis)valori consumisti, perbenisti, utilitaristi.

Ma Pasolini avrebbe potuto realmente essere interessato a FB?, di Angela Molteni. - Facebook è come tutto internet, cioè una pubblica piazza. Dove si può trovare un autentico amico, benevolo e sincero, così come tanti che non hanno nulla da dire ma sono lì forse soltanto perché considerano di moda esserci. E' un insieme di individualità che si mettono in mostra spesso senza aver nulla di interessante da mostrare, meno che mai da scrivere. Non è una cosa bella. Molti scherzano sul fatto che Facebook crei dipendenza, ma è vero. L'ironia sta nel fatto che è considerato un social network, mentre in realtà è uno strumento che, lentamente e quasi senza che ci se ne accorga, rende maggiormente asociali.

Pier Paolo Pasolini,Le ceneri di Gramsci, in Le ceneri di Gramsci, Poemetti (1957), in Pier Paolo Pasolini, Tutte le poesie, I, Meridiani Mondadori, Milano 2003.  - Non è di maggio questa impura aria / che il buio giardino straniero / fa ancora più buio, o l'abbaglia / con cieche schiarite...

Claudio Rampini commenta "Vittoria" di Pier Paolo Pasolini. - Vittoria, in Poesia in forma di rosa(1964), Appendice 1964, in Pasolini. Tutte le poesie, Meridiani Mondadori, Milano 2003. – “Oggi, in questa giornata di Aprile in cui si celebra la Vittoria sul Fascismo, mi turba un furore nuovo: avverto il bisogno impellente di avere tra le mani una pistola o un fucile. Io, che non ho avuto altre armi che quelle del pensiero, perché la violenza è la negazione stessa di ogni ragione e del pensiero stesso, in questa mattinata grigia mi ritrovo ad incitare alla lotta ed alla rivolta. Farà senz'altro sorridere questo mio gridare dalla barricata, ora, in questa giornata celebrativa noiosa e monotona come tutte le commemorazioni, così che questo giorno non ha più niente di speciale rispetto ad un altro” (Pier Paolo Pasolini).

Roma RIParte: “Si l’ammore no” e “XXX Pasolini”, di Pietro Dattola. - Con una intervista di Pietro Dattola a Fabio Massimo Franceschelli. - Doppio appuntamento serale al Piccolo Eliseo, con due spettacoli strutturalmente simili, dall’argomento molto diverso e accomunati dall’essere stati entrambi finalisti, in diverse edizioni, del noto Premio Dante Cappelletti.

Orizzonti del sacro. Mostra ospitata a Casa Colussi dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini a Casarsa della Delizia. - E' proseguita a Casarsa l’investigazione intorno al sacro. Si intitola infatti Orizzonti del sacro la mostra ospitata a Casa Colussi (apertura nei fine settimana e chiusura il 14 ottobre 2012) che, per la cura del critico d’arte Fulvio Dell’Agnese, costituisce una sezione della rassegna “Terre dell’uomo”, che ogni anno, col sostegno della Regione Fvg,  intende perlustrare i rapporti tra il Friuli e una diversa regione italiana.

"Pasión y muerte de Paolo Pasolini"(Bolonia, 5/3/1922- Ostia 2/11/75), de Héctor Berenguer. – I. Era día de todos los santos y no había mucha gente, él le ofreció veinte mil liras. Amaba a esos muchachos de la vida que ofrecen sexo con un nombre de guerra. El elegido se llamaba Pino Rana, como podía llamarse Rocco, que ahora debe andar por la Vía Ostiense que conduce a la costa, o cualquier otro de los tantos, con falso cinturón D&amp, falso Rolex, falsos Rayband  y falsa identidad y que aún caminan con amor homicida, junto a la basílica de San Pablo o al Capitolio, en la cercanías del templo de Júpiter o como tu amor ocasional, donde el Tíber se convierte en la Fiumara Grande.

Sulla torre di Pier Paolo Pasolini alla ricerca dei segreti perduti. - Il poeta che visse lunghi periodi a Chia, «il paesaggio più bello del mondo». - «Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti, / che io vorrei essere scrittore di musica, / vivere con degli strumenti / dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare,/ nel paesaggio più bello del mondo…», scriveva Pier Paolo Pasolini nel 1967 nel finale del poema autobiografico Poeta delle Ceneri. La torre di Viterbo è in realtà la Torre di Chia, o castello di Colle Casale, vicino a Bomarzo, che Pasolini riuscì ad acquistare tre anni dopo.

Omaggio al cinema di Pier Paolo Pasolini alla Sociedad Friulana de Buenos Aires in occasione  del 90º anniversario della nascita del regista. - Consolato Generale d'Italia a Buenos Aires. - La Società Friulana di Buenos Aires, in collaborazione con la cattedra di Letteratura delle Arti Combinate II, il Dipartimento d’Arte della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Buenos Aires ed il gruppo UBACyT, festeggia il 90º anniversario della nascita del regista Pier Paolo Pasolini attraverso una rassegna cinematografica delle sue maggiori opere.

Quattro giorni dedicati a Pasolini al Circolo degli Artisti di Roma. - Nel 2012 Pier Paolo Pasolini avrebbe compiuto 90 anni e senza dubbio avrebbe continuato a stimolare le nostre coscienze. A 37 anni dalla sua morte la rassegna Genius Loci. Pasolini per esempio... si è proposta di delineare un inedito percorso fisico e semantico, che ha rivisitato i luoghi di Roma scelti e vissuti dall'artista, in particolare di quelli che un tempo furono l'estrema periferia e borgata romana (Pigneto, Tor Pignattara, Mandrione, Certosa, Don Bosco) e da cui Pasolini iniziò la sua scoperta del sotto-proletariato urbano non appena giunse nella capitale.

Roberto Roversi. Il ricordo dal Centro Studi Pasolini di Casarsa. - Si è spento il 14 settembre 2012 nella sua dimora di Bologna il poeta e scrittore Roberto Roversi, noto per l’acume critico e per la poliedrica produzione letteraria, saggistica e poetica.

Poker d’Assi, di Pier Paolo Segneri. - Lo ammetto: ho in mano un Poker d’Assi. Ci sono quattro scrittori che rappresentano i quattro punti cardinali della letteratura italiana del secondo Novecento. Insieme o separati, questi quattro grandi autori, sono l’azimuth con cui poterci orientare per uscire finalmente dalla crisi politica di questi anni. Sono Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia, Italo Calvino e Carlo Emilio Gadda. Sono da leggere e rileggere.

Quando la carta parla. La lettera di Pasolini, di Pasquale Placanica. -  Leggendo la lettera che Pier Paolo Pasolini scrisse a Maria Franco nel 1970, più delle parole, mi ha colpito l’immagine. Scritta a macchina, magari con una gloriosa Lettera Olivetti, firmata a mano, con un inchiostro blu. I caratteri quasi incerti, più chiari o più scuri a seconda del nastro, una S maiuscola sfalsata rispetto agli altri caratteri, una correzione a penna, due virgole aggiunte successivamente... E la carta, un foglio di carta Fabriano, con la filigrana trasparente.

... lui aveva detto tutto e scritto tutto..., di Sergio Citti. -  "Quando scriveva, per Pier Paolo era sempre una grande sofferenza. All’ultimo però aveva un po’ di filosofia, aveva capito che era inutile, ormai. Io Pier Paolo, che lo conoscevo da tanti anni, non l’ho mai visto così felice e che amava la vita come l’amava prima di morire. Il contrario del fatto che tutti ‘sti uccellacci che gli girano intorno, tutti ‘sti becchini, che dicono che lui voleva morire. Non è vero per niente. Assolutamente…

La voce di Pasolini (Film e libro, Feltrinelli Editore, 2006) di Matteo Cerami e Mario Sesti, di Angela Molteni. - «Durante il recente festival internazionale del cinema che si è svolto a Cuba, ho visto un ottimo documentario su Pasolini realizzato dal giovane Matteo Cerami, in cui le immagini, per quanto forti e suggestive,  sono messe al servizio delle parole, dei testi scritti, di tutto quello che Pasolini ha detto e voleva che fosse ascoltato e letto. Per Pasolini l’arte era un mezzo di comunicazione morale e politica, lo stile era un strumento, a volte provvisorio e semilavorato, per trasmettere un messaggio e dialogare con i contemporanei». (Alfonso Berardinelli, dicembre 2005).

Pasolini e Pascoli, poesia in forma di laurea. "Antologia della lirica pascoliana. Introduzione e commenti". - Nel ' 45, il futuro scrittore di "Una vita violenta" discuteva la sua tesi. Il 12 dicembre 1993 l'Università di Bologna ha ricordato il suo celebre studente. Libero dagli schemi universitari (e invece ricco degli insegnamenti di due grandi eccentrici come Contini e De Robertis), il giovane Pier Paolo dichiarava di sentirsi legato da "una fraternità umana" all'autore di "Myricae". In cui scopriva un precursore del suo "sperimentalismo linguistico". Una bella tesi, ma per essere pubblicata ha dovuto aspettare cinquant’anni.

Al Centro Elis omaggio a Pier Paolo Pasolini. - Nel 90esimo della nascita dello scrittore, proiettata un'intervista a don Angelicchio, fondatore del Centro cattolico cinematografico, sui retroscena de "Il Vangelo secondo Matteo".

Canto popolare. Parole e suoni per Pier Paolo Pasolini. - Maddalena Crippa inaugura la stagione di Akrópolis.13. - Teatro Club Udine.

Cinema: Pasolini e 'La rabbia' conquistano gli algerini. - Opera scelta per aprire rassegna documentaristica a Béjaïa. - L'epopea dell'Indipendenza algerina, fatta di atti di eroismo e di violenza, dimenticando per un istante le casacche che indossavano i suoi protagonisti, resta molto viva nella coscienza di un Paese che è ancora alla ricerca di una pace vera entro i suoi confini, ancora oggi segnati da atti di terrorismo. Ma l'Indipendenza e le celebrazioni che si stanno susseguendo quest'anno hanno restituito all'Algeria la coscienza civile, che si manifesta anche con una serie di manifestazioni artistiche, magari con protagonisti 'scomodi' dell'intellighenzia mondiale. Come lo è stato Pier Paolo Pasolini, che, cinquant'anni fa, tanti quanti ne sono passati dall'affrancamento dell'Algeria dalla Francia, con ''La rabbia'' descrisse il mondo e i suoi cambiamenti, la voglia di ribellarsi a un destino apparentemente già scritto.

Il Processo subìto, di Paolo Falossi. - Paolo Falossi ha scritto a "Pagine corsare": «Quello che segue è un mio scritto su Pasolini che ho preparato un po' di tempo fa per un esame di Letteratura italiana contemporanea. La prof. Carla Benedetti, che ha scritto molto su Pasolini, tra le altre cose il famoso saggio Pasolini contro Calvino,  si è complimentata asserendo che si tratta di un lavoro molto ben fatto che meriterebbe di essere pubblicato. Lo propongo al sito web dedicato a Pier Paolo Pasolini».

Andrea Carnevali, Lectura crítica de libros: Pier Paolo Pasolini, "Scritti corsari", Milano, Garzanti, 1990, Cuadernos de Filología Italiana, 2010, vol. 17. - Gli articoli e i documenti di Pier Paolo Pasolini, raccolti in Scritti corsari, sono testi che rivelano ancora una volta l'attenzione del grande scrittore per il suo paese… È il Pasolini analista della degradazione antropologica e dell'apocalisse futura. In questo senso i documenti entrano a fare parte di una linea di ricerca positiva, nonostante segua una linea critica polemica per l'apparente progresso ottenuto dall'Italia e dai giovani del '68. La nazione - alla metà degli anni Sessanta - entrava in un vortice di cambiamenti, senza però modificare radicalmente il proprio assetto istituzionale.

Petrolio la bomba di Pasolini, di Gianni D’Elia. – Il romanzo postumo di Pasolini, Petrolio, scritto tra il 1972 e il giorno della sua esecuzione (nella notte tra l’l e il 2 novembre del 1975), è come una bomba che non è esplosa. È stata disinnescata dal suo delitto, pubblicata diciassette anni dopo, quasi sicuramente monca, con un intero “paragrafo” che è volato via ed è stato fatto brillare altrove, dove i Lampi sull’Eni non hanno fatto rumore, né vera luce. La bomba di Pasolini era la verità, la sua ricerca del filo nero che dalla morte per attentato di Enrico Mattei conduce alla strategia delle stragi degli anni più bui dell’Italia.

Pilade, una tragedia per Antonio Latella. - Il grande apologo di Pasolini sulla storia italiana recente e sui conflitti fra tradizione e modernità, in una lucida ed emozionante messa in scena prodotta dal Teatro Out Off.. - Piladeè una delle sei tragedie che Pasolini scrive a partire dal 1966: sei opere di straordinaria concezione sia per la densità della parola (in versi), sia per la problematicità dei temi trattati, sia per l'innovativa concezione stessa del teatro, da lui pensato come luogo di diretto e intenso confronto poetico e intellettuale con lo spettatore.

Dopo Ostia: il ritorno alla terra di un senza patria, di Giuseppe Frangi. - Mi è capitato di passare da Casarsa della Delizia, paese dal nome stupendo, sulla strada tra Pordenone e Udine. Fermarsi qui è un po' un obbligo... C'è ancora la sua casa, diventata oggi un centro studi dove sono conservati anche alcuni suoi disegni giovanili. E nel piccolo cimitero c'è anche la sua tomba. Una semplice lastra quadrata di pietra con inciso il nome; a fianco c'è la tomba dell'amatissima madre Susanna.

La morte pasoliniana di PPP, di Matteo Tassinari. - La morte di Pier Paolo Pasolini, di cui il 2 novembre 2012 ricorrerà il 37esimo anno dalla sua tragica morte, e immagino senza particolari celebrazioni, è una morte molto pasoliniana. Aveva appena scritto “Il fiore delle Mille e una notte”, 1974. Normale, piccolo borghese, era il quartiere dove abitava, così come la sua casa, con i centrini sotto i vasi di fiori, i ninnoli, i comodini e tutto quanto…

Pier Paolo Pasolini, Il Fiore delle Mille e Una Notte. Recensione di Darius. - L'eclettica genialità e l'affascinante verve provocativo-alternativa di Pasolini lo hanno condotto, come è alquanto risaputo, non solo a tante, troppe sventure giudiziarie (colmate persino post-mortem con l'agghiacciante Salò), non unicamente al mesto disdegno della schizzinosa aristo-borghesia radical chic della Prima Repubblica, ma soprattutto alla sua tragica scomparsa.

E Pasolini mise a nudo Milano. - Geniale e corsaro questo estratto di Pasolini su Milano, ripubblicato dal Corriere (è un testo del 1961, che uscì su Paese Sera). - «… una città con una sua grandezza rosminiana confinata nei topai illustri della città. Su questa Milano – che permane, permane – si è sovrapposta prima la Milano della borghesia capitalistica fascista, più provinciale ancora, biecamente sfruttatrice, celebre per il suo cattivo gusto: e poi la Milano della borghesia neocapitalistica, con visuali europee, comprensiva della fatica degli sfruttati, e celebre per il suo buon gusto» (notazione interessante: il buon gusto indiscutibile – basta guardare quel che design, architettura e moda hanno saputo produrre a Milano: forse non c’è città che abbia prodotto tanto buon gusto al mondo – non ha contaminato i modelli di vita.

Pasolini a Catania. "La città è una Gomorra feroce", di Silvestro Livolsi. - Nel 1973 lo scrittore-regista venne in Sicilia per i sopralluoghi de "Le mille e una notte" ma rimase deluso dalla perdita di identità soprattutto da parte dei giovani. E su "Playboy" espresse la sua critica. "Giovani impazziti o ebeti o nevrotici vagano per le strade coi capelli irti o svolazzanti Sono paghi dell´imitazione perfetta di un'altra cultura"

PPP. Una polemica inversa. Omaggio a Pier Paolo Pasolini. Dal 30 ottobre al 9 dicembre 2012. - Mostra d’arte contemporanea ispirata alla poesia di Pier Paolo Pasolini. - Al centro del progetto l’opera poetica di Pasolini, undici componimenti in versi tratti da Le ceneri di Gramsci, La religione del mio tempo, Poesia in forma di rosa, Trasumanar e organizzar, saranno rielaborati creativamente da due generazioni diverse di artisti, alcuni fra i più importanti pittori, scultori e fotografi operanti nel panorama italiano e internazionale.

Cerimonia pasoliniana a Idrija (Slovenia), Idrija, venerdì 19–sabato 20 ottobre 2012. - Intensa emozione nella cittadina slovena di Idrija, patrimonio Unesco per la memoria delle miniere di mercurio, dove lo scorso fine settimana è stato suggellato un vero patto di amicizia con il Friuli e il Comune di Casarsa. Ciò grazie a Pier Paolo Pasolini, il grande poeta friulano che infatti, da bambino,  abitò  con la famiglia tra il 1930 e il 1931 a Idrija, allora italiana, frequentandovi la quarta elementare in una classe affollata di 42 bambini.

Cinema e fede. Centro Sperimentale di Cinematografia Cineteca Nazionale. Cinema Trevi  - Appuntamenti di Ottobre: 23.10.2012 – 31.10.2012. - Nell'ambito della rassegna saranno proiettati i film di Pier Paolo Pasolini “La ricotta” e “Il Vangelo secondo Matteo”,  il quasi introvabile “I Magi Randagi” di Sergio Citti ed altre pellicole di notevole interesse.

Pasolini e il teatro, a cura di Stefano Casi, Angela Felice, Gerardo Guccini (ed. Marsilio/Quaderni del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia, 2012), in collaborazione con Fondo Pasolini-Cineteca di Bologna e Cimes-Università degli Studi di Bologna. - Teatro come meteora di scrittura circoscritta ed episodica. Oppure teatro come stella fissa, che illumina anche il resto della costellazione. Non da ora si muove tra queste posizioni paradossalmente divergenti il dibattito critico intorno al rapporto tra Pasolini e il teatro, sullo sfondo e all’interno di una straordinaria officina letteraria, segnata dall’onnivora esuberanza verbale e dalla sperimentazione trasversale a più generi espressivi.

Haikai dei rimorsi: Pasolini e il genere Haikai, di Patrizia Dughero. - Nel mese di novembre 2011 alla Cineteca di Bologna ho avuto la fortuna di assistere alla presentazione organizzata dal Dipartimento di Italianistica, di un testo a dir poco entusiasmante: “L’esperienza friulana di Pasolini, Cinque studi” e di incontrare nuovamente il suo autore, Hideyuki Doi, che anni addietro mi aveva acceso barlumi attorno all’haiku. Doi ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Italianistica presso l’Università di Bologna e ora insegna Lingua e Letteratura italiana in diversi atenei giapponesi.

Sviluppo e progresso - Coscienza tecnologica, di DomenicoTalia. - Negli ultimi due secoli, in un simbolico percorso iniziato dalla Rivoluzione Francese e finito con la caduta del Muro di Berlino, sono state certamente le lotte sociali e i conflitti di classe il motore principale delle trasformazioni collettive, ed in molti casi del progresso delle nazioni, sia nel mondo occidentale, sia in quello orientale. Nel nostro tempo, all’inizio di un nuovo millennio, non è affatto chiaro chi e cosa veramente determini il cambiamento e il progresso sociale.

Gli anni di "Officina", di Roberto Roversi. - Quando nell’aprile del 1955 esce a Bologna il primo fascicolo della rivista “Officina”, Nehru è il premier indiano, Nasser è il primo ministro egiziano, Molotov è (ancora) ministro degli Esteri sovietico, Einaudi è il presidente di codesta Repubblica...

L'ultima intervista, di Alessandro Leogrande. - «Siamo tutti in pericolo», disse Pier Paolo Pasolini a Furio Colombo, nell’intervista che gli concesse poche ore prima di essere ammazzato all’Idroscalo di Ostia la notte del 2 novembre 1975 e che poi venne pubblicata su La Stampa-Tuttolibri. «Voglio dire fuori dai denti: io scendo all’inferno e so cose che non disturbano la pace di altri. Ma state attenti. L’inferno sta salendo da voi». C’è chi ha visto in queste frasi una prefigurazione della propria morte, una lucida accettazione dei rischi delle proprie notturne discese negli inferi dei suburbi romani. Ma in fondo è un’interpretazione forzata, priva di fondamenti reali. Al di là di come sono andate le cose o Ostia (e lo stesso Pelosi ha contribuito a ingarbugliare le ricostruzioni), Pasolini è stato ammazzato barbaramente, non si è suicidato. Né è andato incontro a qualche surrogato del destino.

Sergio Citti racconta..., di Angela Molteni. - Tre video dal titolo "Sergio Citti racconta (2001: prima, seconda e terza parte)", autore dei video Angelo Di Natale, marzo 2011. - Mi ha colpito molto e mi è piaciuta immensamente la naturalezza con cui Sergio Citti parla di Pasolini in questi tre splendidi video. Particolarmente mi ha toccato il modo in cui Sergio Citti  narra di come abbia sentito se stesso cambiare da quando aveva conosciuto Pasolini, e non tanto perché quest'ultimo gli "insegnasse" consapevolmente qualcosa ma perché era spontaneo, naturale - vivendogli accanto - adottarne i comportamenti, i modi di interpretare la vita e di leggere la realtà, anche politica, del nostro Paese.

Grzegorz Jarzyna: Pasolini był prorokiem konsumpcjonizmu. - O zbiorze tekstów kontrowersyjnego włoskiego twórcy - "Po ludobójstwie" - rozmawiali w Dwójce badacze, tłumacze oraz interpretatorzy jego niezwykłego intelektualnego dorobku.
IN POLACCO E IN ITALIANO
Grzegorz Jarzyna: Pasolini era un profeta del consumismo. - Una raccolta di testi del controverso artista italiano - "Dopo il genocidio" ricercatori, traduttori e interpreti hanno parlato delle sue straordinarie conquiste intellettuali.


2 NOVEMBRE 2012 - COMMEMORAZIONI
Pier Paolo Pasolini, La Vita, La Morte

 Per il 2 novembre 2012, a trentasette anni dalla barbara uccisione di Pier Paolo Pasolini, "Pagine corsare" dedica come sempre un omaggio particolare allo scrittore-regista. Un omaggio che accompagna idealmente quello, reale, che verrà posato il 2 novembre da tante mani affettuose sulla tomba del Poeta a Casarsa della Delizia, nell'amato Friuli. E che integra quello di migliaia di donne e di uomini che, in questi ultimi trent'anni, hanno scelto di conoscere, attraverso le sue opere, lo scrittore, il saggista impegnato, il regista: il grande uomo e l'impareggiabile artista.
Troverete in pasolini.net tutte le pagine:http://www.pierpaolopasolini.eu/vita_sommario.htm
attraverso le quali, negli anni, molti hanno ricordato Pier Paolo Pasolini con affetto e partecipazione nell'anniversario della sua tragica scomparsa. Qui di seguito sono elencate le pagine con le quali pasolini.net e pasolinipuntonet.blogspot.com lo ricordano il 2 novembre 2012. Un grande, ideale abbraccio a tutti coloro, che negli anni, si sono sempre più frequentemente avvicinati alla figura e soprattutto all'opera del grande scrittore-regista (A.M.).

2 novembre 2012. Ricordo di PPP, Casarsa della Delizia / Cimitero. - I Comune di Casarsa della Delizia, con le Istituzioni del Friuli Venezia Giulia e i responsabili del Centro Studi Pier Paolo Pasolini, renderanno omaggio a Pasolini con un momento di silenzioso raccoglimento sulla tomba del poeta nel cimitero di Casarsa, che ne custodisce le spoglie accanto a quelle della madre Susanna, del fratello Guido, del padre Carlo Alberto e dei familiari di casa Colussi.

PPP Una polemica inversa. Omaggio a Pier Paolo Pasolini a cura di Flavio Alivernini. La mostra di Roma è il tentativo di ricordare e rendere omaggio, attraverso la comunione fra poesia e arte, alla figura di uno fra i più grandi intellettuali del novecento europeo: Pier Paolo Pasolini. La mostra inaugurata il 30 ottobre 2012 a Palazzo Incontro vedrà protagonisti ventidue artisti e undici poesie, proprio per sottolineare l’eclettismo di quel grande personaggio che è stato scrittore, regista e soprattutto poeta.

Michela Zanarella, Trame annegate (Pier Paolo Pasolini). Una poesia dedicata da Michela Zanarella al Poeta nel giorno in cui si commemora la sua morte.

Fabrizio Gifuni - «'na specie de cadavere lunghissimo». - Da un'idea di Fabrizio Gifuni, regia di Giuseppe Bertolucci (2006). -  Con due scritti, di Fabrizio Gifuni e di Giuseppe Bertolucci.

Omaggio a Pasolini, di Roberto Di Molfetta. – Si tratta di un video prodotto il 21 febbraio 2012 da Roberto Di Molfetta.

Idroscalo '75, una poesia di di Angela Molteni.

La commemorazione di Pier Paolo Pasolini all’Idroscalo di Ostia, al Giardino letterario dedicato all’artista scomparso 37 anni fa. La cerimonia, organizzata dai I Parchi Letterari® Pier Paolo Pasolini / Centro habitat mediterraneo Lipu di Ostia e dall'artista Mario Rosati.

In memoria di te. Pier Paolo Pasolini & video di Luigia Sorrentino.

PPP, di Dale Zaccaria. - In L’anima e la notte della poesia ed altri versi, di Dale Zaccaria
Galassia Arte Ed., settembre 2012. La dedica di questo sua ultima raccolta di poesie è "A Pier Paolo Pasolini, alla sua anima in giro per il mondo".

Pasolini, da "Ciasarsa" all'inferno, di Paolo Steffan. - Alla memoria di Pier Paolo Pasolini e, con affetto, alla Compagna Angela, alla quale l'affido e con la quale mi scuso per qualche eventuale incoerenza del testo, che ho avuto poco tempo per comporre. 2 novembre 2012. Ho da tempo oramai, di fatto da alcuni anni, il desiderio di realizzare qualche - seppure amatoriale - servizio fotografico nelle aree geografìche della giovinezza pasoliniana, per poi donarne ad Angela un'antologia in forma di "poemetto fotografico" (pratica quest'ultima che fu del Pasolini de La Divina Mimesis). Tuttavia, neppure in quest'ultimo anno - malgrado sia passato ben due volte alla tomba del poeta - ho seriamente posto le basi del mio progetto, che demando necessariamente ad un futuro che auspico essere prossimo.

«Tre mesi dopo la morte di Pier Paolo, la sua e mia grande amica Elsa Morante scrisse una poesia a lui dedicata che non è mai stata pubblicata e mi pare male che non lo sia: è bellissimo, è importante sapere come Elsa  vedeva Pier Paolo. Il mio omaggio a Elsa e a Pier Paolo, con voi» (Enrique Irazoqui). - Un ringraziamento a Enrique Irazoqui - l'indimenticabile protagonista del Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini - che ha scelto, proprio nell'anniversario della tragica scomparsa di Pasolini, di rendere nota questa splendida poesia di Elsa Morante: A P. P. P.  In nessun posto, di Elsa Morante.

Silvio Parrello ricorda Pier Paolo Pasolini con alcune sue poesie. - Si mostra serio sulla soglia del suo “Scrittoio” a Donna Olimpia l'amico P.P.P., come ama definirsi, Parrello Pittore Poeta o Pecetto Pittore Poeta. P.P.P. come Pier Paolo Pasolini: la ragione della sua vita. Lo “Scrittoio” è la “vecchia bottega” del padre calzolaio (Giuseppe) che lavorava con la pece, regalando a suo figlio il soprannome di Pecetto, e che univa, al suo nobile mestiere, la gloriosa provenienza dal mondo partigiano che lo portò ad essere un confinato politico a Ventotene, insieme a Sandro Pertini e a molti altri antifascisti. Una sua foto discreta si nota su una parete di questo mondo di creazioni, di storia e di colore che trasuda vita, emozione, arte e sentimento. Tra berretti sospesi, tavolozze, colori e manifesti, appaiono i suoi tanti quadri dalle ingenue, astruse pennellate che rapiscono il tuo sguardo con il loro infinito, leggero, iridescente movimento che, come vento, ti porta in alto, a volare libero “come un uccello nel cielo”. Tante sono le foto di Pier Paolo, tanti i libri suoi o su di lui, notevole è la raccolta di documenti, articoli e ricordi, vasta e intensa quanto la passione e l'amore che questo combattente pone nella divulgazione della vita e dell'opera del grande artista friulano.

Lampi, di Emanuele Di Marco, 2 novembre 2012. -  Caro Pier Paolo, / all’inizio dell’autunno / sono venuto a trovarti / nel tuo piccolo parco / della memoria / assediato dall’abominio / neocapitalista / che sta diventando / l’Idroscalo / di Ostia. / ...

Commemorazione del 2 novembre 2012. Parco Letterario Pier Paolo Pasolini. Testo e foto di Grazia Gasparro e Massimo Mancini. - Il 2 novembre 2012 all’Idroscalo di Ostia in occasione del 37° anniversario della tragica scomparsa di Pier Paolo Pasolini, si è svolta la commemorazione presso il Parco Letterario a lui dedicato, organizzata dai I Parchi Letterari® Pier Paolo Pasolini / Centro Habitat Mediterraneo Lipu di Ostia e dall'artista Mario Rosati. I vividi colori del giardino, del sole e del cielo terso sono stati la giusta ambientazione per il ricordo del Poeta da parte dei suoi sinceri estimatori e amici; un incontro spontaneo, libero da ogni protocollo e dalla presenza ufficiale di autorità. Una galleria fotografica.


NOVEMBRE 2012

Frocio e basta, di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti. - Il libro di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti, uscito il 24 ottobre scorso nella collana Fiammiferi pubblicata da effigie, fa il punto su ciò che oggi sappiamo dell'omicidio di Pasolini, svolgendo un lavoro preciso e ragionato di controinformazione. Nella prima parte, scritta da Carla Benedetti, si parla anche delle ambigue reazioni all'omicidio di una parte della cultura italiana, che ha finito per farsi  involontariamente complice di un depistaggio. Il torbido scenario sessuale prospettato dalla versione ufficiale del delitto, probabilmente uno scenario di copertura, pieno di contraddizioni e di lacune, ha infatti affascinato per decenni diversi letterati, che vi hanno costruito su un'infinità di ricami esegetici (la "bella morte " del poeta omosessuale, la  "morte sacrificale", la "sacra follia" che lo portò nelle braccia dell'assassino!).

Frocio e basta, di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti. – Unio stralcio dal libro, per gentile concessione degli Autori.

Pasolini e la musica nei suoi film. "Teorema", da Roberto Calabretto, Pasolini e la musica, "cinemazero" 1999. - Il Requiem di Mozart, la musica dodecafonica, il jazz commentano la crisi della classe borghese e la sua fine. La colonna sonora di Teorema, affidata alla consolidata esperienza di Ennio Morricone, nel fare ricorso a questo genere di musica rappresenta una novità nell'universo musicale pasoliniano che aveva sempre guardato con distacco alle avanguardie. La scelta si rivela però in perfetta consonanza con la natura del film e offre un motivo d'interesse nel presentarci Morricone «in una veste del tutto insolita, optando per un linguaggio più o meno orientato in senso contemporaneo».

Appunti sugli Anni Cinquanta. Fortini e Pasolini: due scomodi compagni di strada, di Maurizio d’Adamo. - L'ospite ingrato. Centro Studi Franco Fortini. - Per più di dieci inverni, a ridosso degli anni Cinquanta e Sessanta, due intellettuali, Franco Fortini e Pier Paolo Pasolini, hanno condiviso un cammino comune. Tra il 1954 e il 1968 questi due uomini straordinari hanno potuto ascoltare, con il fine udito dei poeti, lo scricchiolio di una società millenaria che andava in pezzi e il rumore assordante e caotico della nuova modernità.

Versuta: Pasolini e Pina Kalč. - «Aveva trent'anni ma pareva una giovinetta. Magra, incolore, coi capelli selvaggi benché radi... Era sana, agile: parlava come una fanciulla. La conobbi nel febbraio del '43. Subito dopo mi divenne necessaria per il suo violino: mi suonò dapprima il moto perpetuo di Novacek [Janácek] che divenne quasi un motivo del nostro incontro, e si ripeté in molte occasioni. La ricordo perfettamente nell'atto di suonarlo, con la gonna blu e la camicetta chiara» (Pier Paolo Pasolini).

Pasolini, De Mauro e la morte di Mattei, di “sconfinamenti” (Giovanni Giovannetti). - Il 27 ottobre 2012 cade il cinquantesimo anniversario dell’uccisione di Enrico Mattei, precipitato con il suo aereo nelle campagne di Bascapè, in provincia di Pavia, mentre faceva ritorno a Milano da Catania, luogo dove – come ha potuto accertare l’inchiesta del giudice pavese Vincenzo Calia – l’aereo aveva subito un sabotaggio. Della morte del presidente dell’Eni e relativi mandanti, negli anni successivi si sono occupati fra gli altri il giornalista Mauro De Mauro e Pier Paolo Pasolini, trovando a loro volta la morte. In Frocio e Basta (edizioni effigie, in libreria dal 24 ottobre 2012) Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti provano a collegare fra loro i fili interrotti di questa scia di sangue, il crepuscolo che prelude alla notte repubblicana.

Giovanna Marini: "Allora non avevo mai visto Pasolini". - L'antologia di Giovanna Marini, Cantata per Pier Paolo Pasolini , dedicata a Pasolini è di una bellezza rilevante. L'incontro della cantautrice romana con la poesia di Pasolini tocca infatti momenti d'eccezionale intensità che vanno ben al di là della semplice messa in musica di un testo e si rivelano invece lettura dell'universo del poeta, dalla Marini colto nella sua profondità e poi offerto musicalmente con efficacia e bravura.

Mutazione degli strumenti intellettuali: l’industria culturale di Fortini e l’industria cinematografica di Pasolini, di Roberta Cordisco. - L'ospite ingrato. Centro Studi Franco Fortini. - Durante gli anni del boom economico e della rivoluzione dei consumi Pasolini e Fortini ne hanno inquadrato gli effetti nelle ormai note categorie di “mutazione antropologica” e “surrealismo di massa”. Spesso si è discusso sulle ripercussioni che il moderno capitalismo ha avuto in ambito sociale ma è interessante, sempre attraverso questi due autori, esaminare il problema da un’altra prospettiva, ossia quella che si sofferma a riflettere sugli sconvolgimenti che la mutazione ha operato anche all’interno della produzione culturale e del lavoro intellettuale.

Pasolini, una lezione da non dimenticare, di Luigi Milani, 2 novembre 2012. - Sono giorni bui, questi, per questa nostra Italia, una nazione impoverita, affannata, disillusa dal triste spettacolo da Basso Impero offerto dalla nostra classe politica. […] E dunque viene davvero da temere che avesse ragione lui, il grande Pier Paolo Pasolini. Intellettuale “eretico”, poeta, scrittore, giornalista, regista, negli ultimi anni anche e soprattutto polemista acceso. Come non ricordare, ad esempio, la celebre invettiva-denuncia che lanciò dalle pagine del Corriere della Sera poco prima della sua morte, Io so?

Pasolini e il Friuli. Ecco la mostra, di Danilo De Marco. - Il fotografo Danilo De Marco racconta le origini degli scatti sulle tracce del poeta di Casarsa, dei suoi luoghi e dei suoi amici.

Dieci candeline per il MittelCinemaFest. Il cinema italiano a Bratislava il 19-26 novembre 2012, di Marco Gerbi. - Il festival itinerante MittelCinemaFest, che quest’anno è arrivato al traguardo della X edizione, coinvolgendo Bratislava, Budapest e Cracovia tra film, musica ed eventi che hanno come comune denominatore la grande tradizione cinematografica italiana. Italia, per chi ama i film d’autore, fa subito venire alla mente La dolce vita di Fellini, il Neorealismo, Sofia Loren, Marcello Mastroianni o registi del calibro di Visconti,  Rossellini o Pasolini. E proprio a Pasolini è dedicata l’apertura, a Bratislava, del MittelCinemaFest 2012.

«Avanza un corteo: è la Callas», in Pasolini e la musica, di Roberto Calabretto, "Cinemazero" 1999. - "Mio caro, ti scrivo dalle nuvole che mi sembrano un bel tappeto, così dolce che ci si potrebbe camminare sopra [...]  Noi siamo molto legati spiritualmente, come raramente è concesso di esserlo." (Maria Callas, in una lettera a Pier Paolo Pasolini).

Praga ricorda Pasolini all'Istituto Italiano di Cultura, di Tomáš Matras. - Il 24 ottobre 2012 e stata organizzata la Tavola Rotonda su Pier Paolo Pasolini, gentilmente ospitata dall'Istituto Italiano di Cultura di Praga nella Cappella barocca che fa parte del palazzo in cui ha sede l'Istituto praghese. Con la presenza degli Ambasciatori di Italia, Albania e Svizzera nonché di tutti i rappresentanti dell Istituto Italiano di Cultura di Praga, la serata italo-ceca su Pasolini e stata il primo evento ufficiale e di grande importanza nella Repubblica Ceca,  sulla figura dello scrittore-regista.

Su Roberto Roversi,  di Matteo Marchesini, "Lo straniero" 29 ottobre 2012. - C’è un testo di Stefano Benni che descrive dei “giovani poeti” inghiottiti in un buco aperto tra i portici di Bologna. Quando ne escono sono trasfigurati, e gridano al sole i loro versi. Questo “buco” è stato, per decenni, la libreria antiquaria Palmaverde, che Roberto Roversi gestiva con sua moglie Elena: un luogo dove molte generazioni di aspiranti scrittori, o anche soltanto di lettori inquieti e consapevoli, hanno trovato un indiscriminato ascolto…

Tracce del Novecento, di Laura Vicenzi. - Venerdì 9 novembre 2012 alla Biblioteca civica di Bassano due appuntamenti dedicati al Novecento italiano. Prenderà poi il via il ciclo di incontri intitolato “Sulle tracce del Novecento letterario italiano”. Gli appuntamenti animeranno la Biblioteca per l’intero mese di novembre e sono stati organizzati in concomitanza con la mostra “Novecento Italiano. Passione e collezionismo” ospitata nelle sale del Museo civico. La rassegna crea un percorso di approfondimento di parte della letteratura italiana del ‘900, le tappe sono dedicate a quattro famosi scrittori: Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Primo Levi ed Eugenio Montale.

Pasolini, la città di Ostia ricorda l'uomo e il poeta. Sabato 10 novembre, ore 17.00 in Piazza Anco Marzio ad Ostia, per commemorare il grande intellettuale Pier Paolo Pasolini saranno proiettati stralci del film di Pier Paolo Pasolini e Paolo Brunatto “Pasolini e... la forma della città”, del 1973, durante la tavola rotonda, coordinata da “Mare in Vista”, sul tema tratto dall'editoriale pasoliniano “Perché il Processo”.

A Fano l'"Agamennone" di Eschilo nella traduzione di Pier Paolo Pasolini. Mercoledì 14 e giovedì 15 novembre 2012, al Teatro della Fortuna di Fano.

Alì dagli Occhi Azzurri. Una profezia di Pier Paolo Pasolini, di Peter Kammerer. - La figura di Ali dagli Occhi Azzurri è una figura emblematica per il Pasolini degli anni 1962-1965, impegnato in una riflessione esistenziale sul rapporto tra Nord e Sud e fra cristianesimo e marxismo. Per Pasolini le due questioni si incrociano e il punto focale della sua analisi poetica, la poesia Profezia è scritta in modo da formare una croce.

Claudio Rampini: commento a Il pianto della scavatrice di Pier Paolo Pasolini, in Le ceneri di Gramsci. In Pasolini.  Tutte le poesie, Meridiani Mondadori, Milano 2003. - A che serve l’aver amato e l’aver conosciuto? A niente, quel che conta è l’amare e il conoscere al presente: un amore vissuto nel ricordo e l’anima imprigionata nel rimpianto più non vola. Nell’aria ancora vibrante di calore la notte è calata con i suoi incanti, tra le anse del Tevere e le luci discrete della città che appare come sopita, sento ancora gli echi della vita convulsa di ogni giorno, un pulsare continuo fatto di misteri, delusioni  e povertà che umilia corpi ed anime. Stimoli di una realtà che oggi rifiuto, ma che fino a ieri sono stati la mia ragione d’esistere. Mi dirigo annoiato e distratto verso casa...

Gennariello, in Lettere luterane di Pier Paolo Pasolini. In Pasolini. Saggi sulla politica e sulla società, Meridiani Mondadori, Milano 1999. Due brani: I ragazzi sono conformisti due volte, del 15 maggio 1975 e Vivono, ma dovrebbero essere morti del 22 maggio 1975.

A Roma si rilegge “Petrolio” di Pasolini. Ad alta voce.– Leggere insieme le quasi 600 pagine di “Petrolio” di Pier Paolo Pasolini: una lettura collettiva lunga 36 giorni, fatta poche pagine per volta, affidandosi alle voci più disparate. Accade a Roma dal 17 novembre al 22 dicembre 2012, tutte le sere alle 20.30, negli spazi di Angelo Mai Altrove Occupato, Roma, Viale delle Terme di Caracalla, 55a. “Di fronte a questo romanzo prima ancora della sapienza è necessario il desiderio di ascoltare, di capire”, scrivono gli organizzatori della manifestazione, citando una frase dello stesso Pasolini…

Progetto 2012, Centro Studi Pier Paolo Pasolini / Casarsa della Delizia. - Pasolini e il Friuli, immagini e parole: venerdì 16 novembre / sabato 17 novembre  2012 Convegno di studi “Pasolini, Il Friuli, La poesia” a cura di Giampaolo Borghello, Angela Felice e Gian Paolo Gri.

Mostra “La perduta gioventù”, fotografie di Danilo De Marco. Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa della Delizia (PN), dal 16 novembre 2012 al 5 maggio 2013.

La disobbedienza. Omaggio a Laura Betti, a Casalecchio di Reno sabato 17 Novembre 2012 - Ore 21,00, Casa della Conoscenza di Casalecchio di Reno (BO). - Casalecchio ricorda Laura Betti, attrice, cantante, scrittrice con un reading teatrale su suoi scritti editi e inediti, canzoni, interviste e testimonianze. Un  reading teatrale  in  cui si intrecceranno  scritti  editi  e inediti, canzoni, interviste e testimonianze di Laura Betti, attrice, cantante e scrittrice nata a Casalecchio di Reno nel 1934 e scomparsa nel 2004.

«La Chiesa non ha paura del cinema», di Mauro Pianta. - Intervista con mons. Viganò, docente e critico cinematografico. Hollywood sbatte le porte in faccia a Jim Caviezel «Forse non è un grande attore»…

Serata per Pasolini a Castiglioncello. Carla Benedetti - "Il Primo Amore". - Come nelle antiche tragedie, le immagini di repertorio che Pasolini ha montato nel film “La rabbia”, tratte dai cinegiornali, portano in scena i drammi e le sofferenze del suo e del nostro tempo. Mercoledì 7 novembre 2012 , ore 21.30, al Cinema Castiglioncello, sono stati proiettati La rabbia e Che cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini.  Introduzione  e dibattito a cura di Carla Benedetti.

Pier Paolo Pasolini. Una morale eretica. - Giornate di studio, 22-23 novembre 2012 - 8,30-18,00, Roma, Palazzo Valentini, via IV novembre 119/a, Sala Peppino Impastato. Con il patrocinio della Provincia di Roma.

Pier Paolo Pasolini, da "Perché il processo", «Corriere della Sera», 28 settembre 1975. - [...] Che cosa è necessario sapere, o meglio, che cosa i cittadini italiani vogliono sapere, affinché i prossimi dieci anni della loro vita non siano loro sottratti (come è stato per gli ultimi dieci )? Ripeterò ancora una volta la litania magari a costo di fare, a dispetto della virtù, del mero esercizio accademico. I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di  cosiddetto benessere si è speso in tutto fuorché nei servizi pubblici di prima necessità: ospedali, scuole, asili, ospizi, verde pubblico, beni naturali cioè culturali…

Da Trasumanar e organizzar di Pier Paolo Pasolini, Garzanti, Milano 1971. - La poesia della tradizione. Oh generazione sfortunata! / Cosa succederà domani, se tale classe dirigente - / quando furono alle prime armi / non conobbero la poesia della tradizione / ne fecero un'esperienza infelice perché senza / sorriso realistico gli fu inaccessibile / e anche per quel poco che la conobbero, dovevano dimostrare / di voler conoscerla sì ma con distacco, fuori dal gioco. [...]

Appunti per un romanzo sull'immondizia, di Pier Paolo Pasolini. – “Come si fa a non amare Pasolini” ha titolato Mimmo Calopresti un filmato che è stato presentato nella sezione Forum del Festival di Berlino 2006. Avevano tutti contro: i partiti politici li ignoravano, i sindacati erano frammentati, i cittadini li affrontavano con disprezzo, la stampa li attaccava, erano i pària della nostra società, lavorando in condizioni disumane. I netturbini, correva il 1970, erano finalmente sul piede di guerra: il 24 aprile promossero tre giorni di sciopero nazionale, col 70% di adesione e una campagna di sensibilizzazione che attraversò le grandi città italiane.

Dialoghi con i lettori. Da "II caos" sul «Tempo». Pier Paolo Pasolini: per una polizia democratica n. 52, 21 dicembre 1968. - Facciamo un'ipotesi assurda: il Movimento Studentesco prende il potere in Italia. Pragmaticamente, certo: senza averlo preventivato: per puro impeto o ardore ideologico, per puro idealismo giovanile ecc. ecc. Bisogna «agire prima di pensare»: dunque... agendo può succedere tutto. Bene. Il Movimento Studentesco è al potere: essere al potere significa disporre degli strumenti del potere. Il più vistoso, spettacolare e persuasivo strumento del potere è la polizia. Il Movimento Studentesco, quindi, si troverebbe a disporre della polizia. Cosa ne farebbe? La abolirebbe? […]

Pasolini. I ragazzi di Casarsa ricordano Pier Paolo, il buon maestro, di Marco Cicala, foto di Danilo De Marco. - La perduta gioventù friulana per cui PPP era «quello che insegnava a leggere e a scrivere», raccontata com'è oggi da una mostra, che spiega perché, per loro, non fu mai un cattivo maestro.

Pasolini e la crisi, di Pasquale Misuraca. -  Ho pubblicato su ‘Alias’, supplemento culturale del quotidiano ‘il manifesto’, sabato 12 maggio 2012, un ‘fulmine’ sul contributo di Pasolini alla conoscenza della crisi che stiamo vivendo… Gennaio è stato il mese di Buster Keaton, febbraio di Kafka, marzo di Gramsci, aprile è, naturalmente, il mese di Pasolini: “Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile.” Cosa ha da dire, a te, a me, Pasolini - sulla crisi che stiamo vivendo?

La Biblioteca Nazionale celebra Elsa Morante nell'anno del centenario. - Sono esposti documenti inediti come i manoscritti dei romanzi incompiuti 'Nerina' (1950) e 'Senza i conforti della religione '(1958-1961); le poesie contenute nel 'Quaderno di Narciso' (1943-1945), altri componimenti poetici rinvenuti tra le carte sciolte, come la poesia per la morte di Pier Paolo Pasolini e quella, appassionata, scritta per Luchino Visconti, come dono per il capodanno del 1952. E molto altro ancora…

Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini. Recensione di Davide De Lucca, Ondacinema. - Chi è Pasolini nel 1962? E' l'intellettuale (scrittore, poeta, saggista) che l'anno prima ha esordito nel cinema con "Accattone" dopo diverse collaborazioni come sceneggiatore dal 1954. E' già stato espulso dal Pci con l'"accusa" di omosessualità, ed è già stato processato (e assolto) per le "oscenità" del suo primo romanzo, "Ragazzi di vita".

Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari. -  10 giugno 1974. Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia (Sul «Corriere della sera» col titolo «Gli italiani non sono più quelli»). Con una mia premessa. «Siamo nel 1974: l’anno del referendum sulla legge per il divorzio. Il primo intervento di Pasolini esce sul “Corriere della Sera” nei mesi che precedettero il referendum del 1974 [P.P. Pasolini, Previsione della vittoria al "referendum", in "Il Mondo", 28 marzo 1974, poi in Scritti corsari. Una proposta di legge molto moderata sul divorzio era stata per la prima volta presentata nel 1965 dal socialista Loris Fortuna. Nel 1970 il divorzio diventa legge dello Stato, sottoposta poi, il 12 maggio 1974, a un referendum abrogativo il cui risultato fu il seguente: 59,1% no, 40,9% sì, (cfr. W. Siti e S. De Laude, Pier Paolo Pasolini: Saggi sulla politica e sulla società, p. 1763)]…

"Pasolini, la verità nascosta", un film di Federico Bruno. Il giorno 5 dicembre 2012 ore 20.00, presso la Casa del Cinema, Largo Marcello Mastroianni, 1 – Roma vi sarà la presentazione del film: proiezione privata a inviti patrocinata dalla Regione Lazio.

Umbrialibri 2012, la letteratura come anima dell'Italia, di Roberto Russo. - Le prime due settimane di novembre in Umbria sono state all’insegna della cultura. Come ogni anno, infatti, si è svolta Umbrialibri la mostra mercato dell’editoria umbra, che è stata occasione per incontri, confronti, reading e altri eventi culturali che ruotavano intorno al mondo del libro. Lo stato degli italiani è il tema della manifestazione e la domanda: “Può esistere uno stato senza letteratura” è stato il filo rosso che, in vari modi, ha unito gli eventi. Come testimonial di questo stato letterario sono state scelte alcune figure del nostro patrimonio culturale: Dante Alighieri, Niccolò Machiavelli, Giacomo Leopardi, Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini.

La passione di Laura, di Paolo Petrucci- Il 22.11.2012 e il 2/12/2012. -  Il documentario alterna materiale d’archivio a racconti di amici: Bernardo Bertolucci ricorda Laura in Novecento e ricostruisce una sequenza tagliata al montaggio di Ultimo tango a Parigi, Giacomo Marramao e Walter Siti si soffermano sul rapporto con Pier Paolo Pasolini, Francesca Archibugi ricorda un’amica preziosa, Michelle Kokosowski e Jack Lang il fortunato e ricambiato amore per la Francia, Piero Tosi e Paolo Poli la giovinezza, Pasquale Plastino l’avventura da regista, Jacqueline Risset l’essere donna, Valentino Parlato la passione civile, Gianfranco Capitta il teatro, Renato Nicolini il rapporto difficile con le istituzioni, Filippo Crivelli la cantante. Punti di vista che cercano di ricomporre la figura di Laura Betti, artista eccezionale, insolita e contraddittoria.

Ancora Sulla Mostra Di Roma: PPP. Una polemica inversa. Omaggio a Pier Paolo Pasolini. - Palazzo Incontro, via dei Prefetti 22, Roma (dal martedì alla domenica dalle ore 11 alle 18, ingresso gratuito). - Ventidue artisti, undici poesie, una mostra. PPP. Una polemica inversa è il tentativo di rendere omaggio, attraverso la comunione fra poesia e arte, alla figura di uno fra i più grandi intellettuali del novecento europeo: Pier Paolo Pasolini.

Pasolini e Moravia l'amicizia di una vita. - Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia. Così diversi, così profondamente amici per tutta la vita. A lato e nell'ambito della mostra d'arte contemporanea "PPP. Una polemica inversa. Omaggio a Pier Paolo Pasolini" (allestita nei piani superiori di Palazzo Incontro fino al 9 dicembre, ingresso libero), in collaborazione con il Fondo Alberto Moravia, si promuove l'incontro sul tema "Pasolini e Moravia. L'amicizia di una vita". Se ne parlerà mercoledì 28 novembre 2012 a Palazzo Incontro.

Canzone per Pier Paolo Pasolini, di Pino Bertelli. - E ti ricordo amico / dal sorriso triste / e gli occhi di luna / buttati sul mare / Quando parlavi di sogni / e tremavi d'amore / nelle periferie delle città / in quelle estati corsare / [...] -  Con uno stralcio dal libro di Pino Bertelli, Pier Paolo Pasolini. Il diavolo in corpo. Atti impuri di un eretico, Edizioni Libreria Croce, Roma 2001.

L'Inferno di Pasolini. Letture dantesche. Poesia e Poeti. Puglia Teatro. - Sabato 24 novembre, alle ore 18,30, presso L’Eccezione, Cultura e Spettacolo di Puglia Teatro, a Bari, in Via Indipendenza 75, all’interno della 38a stagione artistica di Puglia Teatro, patrocinata dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, dalla Regione Puglia, dall’Università e dal Comune di Bari, dalla SIAD – Società Italiana Autori Drammatici di Roma, si è inaugurato il nuovo ciclo di Incontri-spettacolo: “Letture dantesche – Poesia e Poeti” a cura di Daniele Maria Pegorari. Questo primo incontro è dedicato a “L’Inferno e Pier Paolo Pasolini”.

Pier Paolo Pasolini al MoMA. Il tributo di New York. - Pier Paolo Pasolini December 13, 2012–January 7, 2013. - Pier Paolo Pasolini: il poeta, il pensatore, lo scrittore, il regista e l’autore d’immagini dalla forza impressionante incontra il pubblico di New York grazie ad una collaborazione tra il Museum of Modern Art, l’Istituto Luce, il Fondo Pier Paolo Pasolini-Cineteca di Bologna e la “benedizione” del ministero per i Beni e le Attività Culturali. L’accostamento di Pasolini, il marxista, alla capitale del mondo ricco sembra insolito ancora oggi, eppure un precedente straordinario e ben documentato c’è, era il 1966 Pasolini si recò a New York per il festival cinematografico, davano due suoi film e si sentì in dovere di esserci. Oriana Fallaci lo intervistò per l’Europeo, in quella che resta una straordinaria testimonianza del modo d’essere di Pasolini, del suo cercare l’umanità dove il senso comune rifugge e resta, all’artista, l’inesauribile voglia di capire.

Pasolini e la "mutazione antropologica". Video-lezione di Federico Sollazzo. - Se noi vogliamo comprendere un fenomeno, l’unica possibilità che abbiamo di comprenderlo è penetrare questo fenomeno. Non si può comprendere dall’esterno. Questo è uno degli errori, o degli orrori, della mentalità scientifica, il fatto che l’osservatore, lo scienziato, è sempre esterno, è sempre impersonale, è sempre oggettivo. No!, se si vuole comprendere un fenomeno si deve penetrare quel fenomeno, ci si deve sporcare le mani con quel fenomeno, si deve rischiare di morire con quel fenomeno… (Federico Sollazzo)

Pasolini e lo sport. Ciclismo: dialogo con Vittorio Adorni a "Processo alla tappa" (1969). - Nel 1969, durante una trasmissione del Processo alla tappa di Sergio Zavoli nacque una singolare ma fervida amicizia tra uno scrittore, Pier Paolo Pasolini, e un ciclista, Vittorio Adorni. Era un`epoca in cui - come ci mostra il filmato - per commentare il Giro d`Italia venivano convocati in studio intellettuali come Pasolini e Giuseppe Berto, Alberto Bevilacqua e Indro Montanelli.

Fano: Teatro della Fortuna. Applausi e consensi per l’Agamennone di Pietro Conversano
19 novembre 2012 - Grande successo per Agamennonedi Eschilo, nella traduzione di Pier Paolo Pasolini, diretto e interpretato da Pietro Conversano, attore e regista pugliese ormai fanese d’adozione, assistente e collaboratore del grande Maestro del teatro italiano Orazio Costa. Conversano ha diretto il capolavoro di Eschilo con rigore ed essenzialità, permettendo alla parola di emergere con tutta la sua forza e intensità, diventando la vera protagonista della scena.

Ma la Bellezza è Bellezza. ‘La Guinea’ di Pier Paolo Pasolini. - Il poemetto, tratto da Poesia in forma di rosa, è dedicato da Pasolini all'amico poeta Attilio Bertolucci: di qui i riferimenti a Casarola, dove Bertolucci visse per lunghi periodi, soprattutto d'estate, fino agli ultimi anni. La lettura radiofonica d’autore offerta dal video risale al 1962 (come del resto la prima pubblicazione del poemetto, avvenuta nella rivista parmense «Palatina») e presenta varianti rispetto al testo apparso due anni dopo in volume. "La Guinea" di Pier Paolo Pasolini, video di Angela Molteni.

La traccia dell'intervento di Tomáš Matras alla iniziativa dell'Istituto Italiano di Cultura di Praga del 24 ottobre 2012. - Pier Paolo Pasolini v Česku, Autor článku: Tomáš Matras - 16.10.2012. - Co do dnešní doby zůstává z Piera Paola Pasoliniho v Česku? Proč ho jedna skupina lidí nenávidí a ta druhá, stejně velká, miluje? Proč je většinové společnosti lhostejný? Jaké jsou důvody těchto postojů? Co všechno nám stihl Pasolini předat a kdy budeme moci říct, že jsme na správné cestě myšlenkově zpracovat jeho život a dílo v rozsahu, na jaký bychom si u této osobnosti troufli? Jeden americký komik kdysi prohlásil: „Do problémů nás nedostávají věci, které víme, ale věci, o kterých se domníváme, že je víme.“ Co ovšem v České republice víme o životě a díle autora? …
IN CECO E IN ITALIANO
Pier Paolo Pasolini nella Repubblica Ceca, Autore: Tomáš Matras – 16.10.2012 . - Cosa è presente finora di Pier Paolo Pasolini nella Repubblica Ceca? Perché alcuni lo odiano e altri lo amano? Perché la società tradizionale è indifferente? Quali sono le ragioni di questi atteggiamenti? Ciò che è riuscito a passare di Pasolini e quando si potrà dire che siamo sulla strada giusta per gestire la conoscenza della sua vita e del suo lavoro dal momento che ci siamo avventurati a studiare una tale personalità? Un comico americano una volta disse: "Per i problemi che abbiamo non si possono applicare soluzioni già conosciute, ma le cose che pensiamo le conosciamo". Nella Repubblica Ceca, però, si conoscono la vita e l'opera dello scrittore? …

Il corpo come riscatto dalla borghesia: il Teorema di Pasolini. - Teorema nacque come dramma teatrale nel 1965 ma divenne un romanzo e un opera cinematografica nel 1968. In questo film, l'autore simboleggia il proprio giudizio negativo dell'individualismo a cui la vita, in stile borghese, richiede e conduce. La simbologia di questa chiusura in sé passa attraverso il corpo, un corpo snaturato, fattosi oggetto in chi si è abituato a vivere le consuetudini di questa noiosa società consumistica. Ma attraverso il corpo passa anche il riscatto. Ed è proprio quello che è venuto a portare Angelo (nome più appropriato...), un ragazzo bello e gentile ma anche riservato e assorto, fuori dalle consuetudini e che sta tutto il tempo a leggere (non a caso) Rimbaud.

Pasolini, un profeta del passato e una guida per il futuro, di Andrea Vosilla. -  “Pier Paolo Pasolini non è soltanto un profeta del passato, ma anche grande punto di riferimento per costruire un futuro diverso”. Ad affermare ciò è Giulio Milani, direttore editoriale di Transeuropa Edizioni, durante la presentazione della “Divina Mimesis” di Pasolini alla Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria. L'opera incompiuta del celebre scrittore viene adesso riproposta da Transeuropa in versione e-book, edizione cartacea e, sul sito di Inaudita, con contenuti extra (il documentario “Pasolini, l'incontro” e un confronto inedito fra Carla Benedetti e Antonio Tricomi sull'opera pasoliniana).

Quelle immagini "imposte", Lisbeth Salander - 20 novembre 2012. - "Le parole che cadono dal video sono sempre antidemocratiche" diceva in quest'intervista Pier Paolo Pasolini a Enzo Biagi. Era il 1971. Lui che sosteneva il carattere, per natura, autoritario della televisione si mostrava limpidamente pessimista di fronte a un Biagi che cercava di estorcergli una speranza: "Lei non ha speranze?", gli domanda a un certo punto il giornalista. E per tutta risposta, Pasolini gli risponde: "Non ho speranze, vivo giorno per giorno, non ho più quelle speranze che sono alibi".

Le Ceneri di Pasolini, di Pasquale Misuraca. - Tre parole sul film-documentario: 1. Emile Fallaux, Rotterdam International Filmfestival 1994; 2. Lietta Tornabuoni, L’Espresso 25 febbraio 1994; 3. Dichiarazione dell'autore al Festival di Torino 1993. – 1. Lirico ed affascinante documentario su Pier Paolo Pasolini, sicuramente il più idiosincratico fra i cineasti italiani. Il film include alcuni frammenti accuratamente scelti dalla sua opera e molte interviste con lo sferzante e mordace maestro, riportate alla luce dagli archivi televisivi italiani. Pasquale Misuraca vede il film come un autoritratto di Pasolini. Il materiale meticolosamente raccolto è organizzato secondo le idee filosofiche, cinematografiche e politiche dello stesso Pasolini…
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
Autori associati: Claudio Rampini, Marco Taffi, Alessandro Barbato
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La Nazionale Calcio Attori, capitanata da Pier Paolo Pasolini...

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LA VITA
La Nazionale Calcio Attori
capitanata da Pier Paolo Pasolini...

Un ringraziamento a Paola Rossi
che nella sua pagina Facebook ha documentato la partita.

Una storia unica e straordinaria quella della Nazionale Calcio Attori che da anni, dona emozioni, sorrisi e una speranza concreta a tante associazioni attraverso la raccolta di fondi da destinare in beneficenza. In origine la squadra, capitanata da Pier Paolo Pasolini, era composta da Ninetto Davoli, Franco Citti, Franco Nero, Ugo Tognazzi, Enrico Montesano, Sergio Leonardi, Little Tony, Enzo Cerusico, Philippe Leroi, Max Dean, Antonio Sabato, Tony Santagata, Giorgio Bracardi, Gianni Nazzaro, Maurizio Merli, Stelvio Cipriani e si chiamava “Attori e Cantanti”.
Una squadra che, motivata da una grande voglia di divertirsi, giocava a calcio soprattutto nei campi di periferia. Una strepitosa trasformazione della Nazionale si ha nel 1970 quando Livio Lozzi, al quale nel 2005 è stata conferita l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica per la lunga attività a scopo benefico, si assume il compito di guidare, coordinare e promuove l'importante attività solidale del gruppo di artisti che continua ancora oggi. Lozzi, già esperto nell'ambito di manifestazioni calcistiche a scopo benefico, col supporto del grande Pasolini, realizza la prima Associazione sportiva di personaggi dello spettacolo italiano chiamata “Trofeo della Pace Artisti Calciatori”.
Singolari, a tal proposito, le magliette indossate dagli artisti sulle quali è stampato un Trofeo della Pace, ossia un albero di ulivo con cinque mani come simbolo dei popoli della Terra a sostengno del mondo. Iniziano, dunque, gli allenamenti bisettimanali degli artisti con allenatori professionisti in strutture messe a disposizione dal CONI. Nel 1978, la squadra ormai composta da artisti provenienti da tutta Italia, cambia il nome in "Nazionale di Calcio degli Artisti". Indimenticabili i personaggi che hanno dato, e tuttora continuano a dare, lustro all’immagine della Nazionale. Tra questi: Carlo Verdone, Massimo Troisi, Raimondo Vianello, Francesco Nuti, Lino Banfi, Nino D’Angelo, Claudio Amendola, Gianni Morandi, Raoul Bova, Fabrizio Frizzi, Massimo Giletti, Corrado Tedeschi, Mino Reitano, Paolo Conticini, Umberto Tozzi, Cristian De Sica, Giorgio Pasotti, Sebastiano Somma, Maurizio Aiello, Maurizio Mattioli, Milo Coretti, Francesco Pannofilo, Alessio Di Clemente, Riccardo Sardonè, Francesco Giuffrida, Pino Insegno, Roberto Ciufoli, Giulio Scarpati, Ray Loveloch, Gaetano Amato, Raffaello Balzo, Giuseppe Zeno, Giulio Base, Danilo Brugia, Carmine Recano, Enio Drovandi, Ciro Esposito, Gennaro Silvestro, Fabrizio Rocca, Luca Riemma, Antonio Tallura, Salvio Simeoli, Raimondo Todaro, Andrea Montovoli, Piero Mazzocchetti, Gianluca Di Gennaro, Sergio Friscia e tantissimi altri. 

Nel maggio 1975 si svolse allo stadio di Marassi a Genova una “partita del cuore” tra le due formazioni cittadine del Genoa e della Sampdoria. 
Le due formazioni comprendevano ex giocatori delle due squadre in campo, integrati da alcuni personaggi del mondo dello spettacolo e del giornalismo. Fu giocata a favore della Anffas Onlus, un'Associazione Nazionale di Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale. E' stata una delle ultimissime partite giocate da Pier Paolo Pasolini come capitano della squadra.
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Pasolini oggi, conferenza di Laura Cherubini

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LE NOTIZIE
Pasolini oggi
Conferenza di Laura Cherubini
Palazzo Florio, Sala Florio
Università degli Studi di Udine - via Palladio, 8, Udine
LUNEDI' 10 DICEMBRE 2012 0RE 16,30

Con l’adesione del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia, East Village e ALL Associazione Laureati in Lingue organizzano la conferenza PASOLINI OGGI di Laura Cherubini, che avrà luogo lunedì 10 dicembre alle ore 16.30 presso Sala Florio, Palazzo Florio, Università degli Studi di Udine.
 
Interverranno all’incontro Vania Gransinigh, Conservatore dei Civici Musei di Udine, e i fondatori della RAVE East Village Artist Residency. 
La conferenza si svilupperà ripercorrendo alcune delle opere di artisti contemporanei, che mediante la propria ricerca hanno dialogato con il percorso pasoliniano, e sarà accompagnata dalla proiezione dei progetti trattati. 
L’illustre relatrice Laura Cherubini è curatore e critico d’arte, titolare di cattedra all’Accademia di belle arti di Brera e vicepresidente del Museo MADRE di Napoli. Ha curato esposizioni per la Fondazione Merz di Torino, il PS1-MoMA di New York, il MAXXI e il MACRO di Roma. 
E’ autrice del libro Pasolini e noi: relazione tra arte e cinema.
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Presentazione del volume "Pasolini e il teatro", Marsilio 2012. - Proiezioni e interviste sul teatro di Pasolini

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LE NOTIZIE
Associazione "Fondo Pier Paolo Pasolini" di Bologna
Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini, Bologna
Pier Paolo Pasolini durante le prove di "Orgia", 1968
Pasolini e il teatro
Marsilio, 2012
Cinema Lumière – Cineteca di Bologna
Lunedì 10 dicembre, ore 18,15
Presentazione del volume
Intervengono i curatori Stefano Casi, Angela Felice e Gerardo Guccini
in collaborazione con Centro Studi Pasolini di Casarsa della Delizia e CIMES – Centro di Musica e Spettacolo – Università di Bologna

Un teatro di  parola, di  poesia, di  idee, ma  anche  un teatro  di corpi, di passioni, di macerie... È il teatro di Pasolini, che arriva a noi con tutto il suo mistero e la sua capacità di inquietare, affascinare e interrogare il presente. Una produzione drammaturgica coltivata fin dall’adolescenza, nutrita negli anni friulani e poi sbocciata con la creazione delle sei tragedie iniziate nel 1966. Ma anche una riflessione teorica spiazzante, che si impone nel Manifesto per un nuovo teatro del 1968.
Questo volume, sollecitato da due convegni promossi a Casarsa della Delizia (dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini) e a Bologna (dal Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini della Fondazione Cineteca e dal Cimes dell’Università degli Studi di quella città), presenta le riflessioni di un nutrito gruppo di studiosi attorno a questi temi, evidenziando le origini e le tappe evolutive del teatro di Pasolini, le specificità della sua opera tragica, le raffinatezza della sua teoria, le complessità degli intrecci fra il suo teatro e il suo cinema, le intersezioni con altri autori. E raccoglie gli stimoli di registi che, dopo Pasolini, hanno dimostrato e continuano a dimostrare, con esperienze diverse di pratica scenica, la fertilità, la praticabilità materiale e l’attualità di quella drammaturgia.
Un’ampia panoramica concettualmente rimeditata, che contribuisce a far chiarezza sull’originalità del teatro pasoliniano, riposizionandone il significato dentro l’opera dell’autore, nel contesto del suo tempo e del nostro, mettendone in luce il potenziale di rappresentabilità sempre aperta al futuro.

Ore 19 
Proiezione di Il teatro di Pasolini (documenti audiovisivi e audio 1968-1975) a cura di Roberto Chiesi, Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini della Fondazione Cineteca di Bologna.

Intervista radiofonica a P.P.Pasolini su Orgia (27 novembre 1968) 
Presentazione di Orgia a Torino, interventi di Pier Paolo Pasolini e Laura Betti (1 dicembre 1968)
Intervista televisiva RAI a P. P. Pasolini sul suo teatro, RAI, 1968 
Intervista radiofonica a P. P. Pasolini sul teatro (13 giugno 1972) 
Pasolini legge un brano di Pilade (1968)
Pasolini legge un brano di Bestia da stile (1975)

Ingresso gratuito
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Premio Pier Paolo Pasolini 2012 - Cinema Lumière, Cineteca di Bologna, lunedì 10 dicembre 2012

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Associazione "Fondo Pier Paolo Pasolini" di Bologna
Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini, Bologna

PREMI PIER PAOLO PASOLINI 2012

Lunedì 10 dicembre, ore 18
Cinema Lumière – Cineteca di Bologna
Assegnazione del Premio per la migliore tesi di laurea e di dottorato
sull'opera e la vita del poeta-regista, alla presenza di
Marco Antonio Bazzocchi, membro della giuria


La Giuria del Premio Pasolini “Tesi di laurea” 2012, costituita da Massimo Fusillo (presidente), Marco Antonio Bazzocchi, Luciano De Giusti e Peter Kammerer, dopo aver constatato il buon livello generale delle tesi presentate, ha deciso all’unanimità di assegnare il Premio alla tesi della dott. Marialaura Chiacchiararelli, dal titolo Gli abissi del tempo, gli abissi dell’anima. Mito e rito nelle tragedie di Pasolini, Università di Roma Tor Vergata (tesi di dottorato). 
La tesi si è imposta all'attenzione della giuria perché lascia trasparire una accurata conoscenza dell'opera pasoliniana nel suo complesso, padroneggia con competenza gli strumenti d'indagine di cui si è dotata per compiere la sua analisi, e si mostra consapevole che lo sguardo etnografico può dischiudere qualche nuova pista interpretativa. 
La complessa analisi, che si articola attraverso vari livelli dell’opera pasoliniana, dimostra come tale prospettiva antropologica, ispirata soprattutto all’opera di Ernesto De Martino, possa essere una fertile risorsa capace di illuminare alcune piegature enigmatiche dell’opera di Pasolini, offrendone una originale riletturache si fa apprezzare anche per la qualità della scrittura, sempre lucida, chiara e ben argomentata.

Il Presidente della Giuria
Massimo Fusillo
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Intitolazione e inaugurazione di Piazzetta “Pier Paolo Pasolini – Poeta

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Associazione "Fondo Pier Paolo Pasolini" di Bologna
Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini, Bologna
Intitolazione e inaugurazione di
Piazzetta “Pier Paolo Pasolini – Poeta

Lunedì 10 dicembre, ore 12.30, Cortile del Cinema Lumière
(attualmente in via Azzo Gardino, 65, Bologna)

Un dicembre dedicato a Pier Paolo Pasolini, tra Bologna e New York. Mentre il MoMA celebra PPP con una retrospettiva completa e un volumecurato ed edito per l’occasione dalla Cineteca, a Bologna il cortile del Cinema Lumière prenderà il nome di “Piazzetta Pier Paolo Pasolini – Poeta” (attualmente in via Azzo Gardino, 65).

All’inaugurazione della nuova Piazzetta “Pier Paolo Pasolini – Poeta” (lunedì 10 dicembre, alle ore 12.30) seguirà alla Biblioteca Renzo Renzi della Cineteca di Bologna la presentazione delle manifestazioni, delle quali la Cineteca di Bologna è coproduttrice, che celebreranno Pier Paolo Pasolini al MoMA di New York.

Saranno presenti: 

Alberto Ronchi, assessore alla Cultura, Politiche Giovanili e Rapporti con l’Università del Comune di Bologna

Massimo Mezzetti, assessore alla Cultura e allo Sport della Regione Emilia-Romagna

Gian Luca Farinelli, direttore della Fondazione Cineteca di Bologna

Roberto Chiesi, responsabile Centro Studi - Archivio Pasolini della Fondazione Cineteca di Bologna
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Pasolini, la verità nascosta - Un'anticipazione da Grazia Gasparro e Massimo Mancini

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"Pasolini, la verità nascosta"
Un'anticipazione da Grazia Gasparro e Massimo Mancini

Nella sala Deluxe della Casa del Cinema di Roma, il 5 dicembre alle ore 20:30, abbiamo assistito alla proiezione privata del film Pasolini: la verità nascosta, prodotto e diretto dal regista Federico Bruno.
Su esplicita richiesta del regista, ci asteniamo dallapprofondire le tematiche trattate, limitandoci a confermare che il film, sviluppato in forma di docu-fiction, si pone come obiettivo quello di rappresentare una verità, ancora celata ma probabilmente più vicina di quella ufficiale, sulla serie di eventi che hanno determinato la drammatica e inaccettabile fine del grande intellettuale, secondo una versione  associabile a quella fornita da Pino Pelosi nel libro: Io so come hanno ucciso Pasolini e quella tuonata da Silvio Parrello nelle sue poesie e ribadita dallo stesso durante alcune interviste .
Il film ricostruisce lultimo anno di vita di Pasolini, anche attraverso testimonianze di persone a lui vicine in quel periodo, come Pino Pelosi e il giornalista Gideon Bachmann.
La scelta del regista di riservare il colore agli eventi narrativi attuali e di sviluppare la ricostruzione depoca in bianco e nero, ha reso ancora più veritiero ed emozionante il rivivere di Pier Paolo attraverso la recitazione dellattore protagonista Alberto Testone che, soprattutto in alcune scene, ne ricalca fedelmente limmagine e gli atteggiamenti.
Altrettanto valide, in massima parte, ci sono apparse le prove degli altri attori, professionisti e non.
Federico Bruno ha dichiarato, agli invitati in sala, di aver dedicato a questa creazione il lavoro di circa tre anni e notevoli investimenti propri, tra cui il ricavato della  vendita di un appartamento, non essendo stato supportato da altri produttori.
Da apprezzare, a nostro avviso, il coraggio e la determinazione posti dal regista nel voler contrapporsi al silenzio e alle versioni precedenti, sempre meno plausibili, sui moventi e sulla dinamica di un così efferato delitto, da considerarsi ancora irrisolto.
Per questo, anche se immaginiamo per il film un cammino di distribuzione arduo, ci auguriamo possa, invece, avere un vasto pubblico entro e fuori i confini italiani, entro e fuori le sedi usuali, ottenendo di essere proiettato, come auspicato dallo stesso regista, anche in luoghi culturali e didattici.
Allanteprima, oltre a Federico Bruno e agli attori Alberto Testone, Eva Basteiro, Cosimo Cinieri e Armando De Razza erano presenti anche il pittore e scultore Mario Rosati, Silvio Parrello, Pino Pelosi e il fotografo Dino Pedriali che, nellinterpretazione di  Giovanni Scifoni, compare nel film come protagonista dei famosi scatti effettuati nelle ultime due settimane di vita del Poeta, (scatti che Pasolini non vide mai), e della foto universalmente riconosciuta come sua icona.

PASOLINI, LA VERITA' NASCOSTA
Personaggi e interpreti

Pier Paolo Pasolini, Alberto Testone
Eva, Studentessa Spagnola, Eva Basteiro
Susanna Colussi, Silvia Rosselli
Graziella Chiarcossi, Elena Felloni
Nico Naldini, Augusto Zucchi
Maria Callas, Lucia Aliberti
Dacia Maraini, Fiorenza Tessari
Laura Betti, Rosanna Gentili
Alberto Moravia, Cosimo Cinieri
Ninetto Davoli, Marcello Maietta
Pino Pelosi, Fabio Maffei
Sergio Citti, Nicola Trambusti
Gideon Bachmann, Ermanno De Biagi
Deborah Beer, Laura Buono
Dino Pedriali, Giovanni Scifoni
Alberto Grimaldi, Armando De Razza
Furio Colombo, Marco Simeone
Philippe Bouvard, Laurent Besançon
Tonino Delli Colli, Federico Torre
Beatrice Banfi, Tiziana Bagattella
Agente Servizi Segreti, Ivan Bacchi
Antonio Pinna, Riccardo Cicogna
Sergio Placidi, Luca Scapparone
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I "ragazzi di vita" di Maurizio Fiorino

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"Pagine corsare"
LA SAGGISTICA
Maurizio Fiorino, autoritratto
I "ragazzi di vita" di Maurizio Fiorino
http://www.thebagmag.net/

Maurizio Fiorino, calabrese di Crotone, è quello che si potrebbe definire un enfant terrible della fotografia. Trasferitosi inizialmente a Bologna, presto si sposta verso Parigi e poi New York dove frequenta la “School of the International Center of Photography”.
Con alle spalle tre facoltà iniziate e mai terminate (Scienze Politiche, Lettere, Dams, ndr) e varie bocciature all’esame di fotografia, Maurizio è uno di quei ragazzi che ce l’ha fatta. A dispetto di tutto e tutti.
E rivolgiamo lo sguardo innanzitutto ai molteplici successi raggiunti.
Basta considerare il fatto che a soli 28 anni ha esposto le sue opere a New York, prima alla Leslie Lohman Gallery (2008) e poi alla CATM Gallery (2010), passando per Palazzo Marino a Roma (2009) e il Mack, il Museo d’Arte Contemporanea di Crotone.
I suoi punti di riferimento sono da sempre Pier Paolo Pasolini e Diane Arbus, la grande fotografa americana che per prima ha ispirato i suoi lavori.
Le sue opere ritraggono soprattutto corpi e volti, maggiormente di ragazzi (primo tra tutti il suo, come possiamo vedere dai suoi innumerevoli self-portraits).
Il set scelto e preferito è quello della strada.
Il suo stile, dall’approccio narrativo e dal sapore intimo, si caratterizza, oltre che per l’informalità delle immagini che rimandano ad una visione iperrealista e cruda del mondo, dalla straordinaria vitalità che conferisce ai protagonisti di questi scatti: corpi in bella vista carichi di eccessi sensuali che guardano all’obiettivo tirando fuori l’anima e trattenendo la solennità di un momento di vita vissuta. Quasi a celebrarla in un’istantanea.
In “Boys of life”, sua prima mostra, Maurizio racconta la vita e la dimensione intima di quei “ragazzi di vita” di origine pasoliniana al giorno d’oggi: “ragazzi cresciuti troppo in fretta, figli di una generazione povera e alienati dalla solitudine” per dirla alla Pasolini.

TheBAG incontra Maurizio Fiorino per una breve intervista.

Chi è oggi Maurizio Fiorino?
Un ragazzo che ha da poco compiuto ventotto anni e che ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita in giro per il mondo vivendo prevalentemente a Bologna prima, e a New York dopo. Adesso sono tornato nella mia città natale per realizzare un progetto fotografico che mi porto dietro da almeno tre anni e per insegnare Yoga, altra mia grande passione.

La tua vita è costellata di esperienze in diverse città del mondo (Bologna, Parigi, New York, Berlino, Londra, etc.) e in ogni città sembra tu abbia trovato sempre una nuova cosa da raccontare con la fotografia. Una nuova dimensione spaziale da dove poter fornire il tuo personale punto di vista. In particolare che peso ha avuto la città di New York nel tuo percorso artistico?
Sia a livello artistico che personale mi ha riempito il cervello e cuore di cose che nessuna scuola in Italia poteva darmi. Anche vedere una mostra lì, poi la rivedì a Berlino e a Londra dopo due anni e tutti a spellarsi le mani per la “novità”. Ma quale novità, se a New York ormai è una cosa che appartiene al passato! Io mi sento un newyorkeseuropeo a tutti gli effetti perché New York è un modo di essere e di prendere la vita, ti è dentro più che intorno. Però è come una droga, è giusto provarla ma poi devi andare oltre, devi capire quando un posto ti sta logorando e quando la dipendenza supera la libertà stessa che provi quando sei lì, e io non voglio dipendere da niente e da nessuno per questo vorrei vivere lì soltanto pochi mesi l’anno. Per non parlare del fatto che siamo europei e abbiamo una storia che ci appartiene e che ci ha formati; lì la storia non sanno neanche dove sta di casa.

Ti ricordi qual è stata la prima fotografia che hai scattato?
La mia faccia. Io sono ancora il mio modello preferito, mi fotografo ogni giorno e da quando ho cominciato a usare la macchina fotografica, tutti i momenti importanti della mia vita sono indelebili. Mi fotografo durante ogni viaggio, mentre piango, mentre sono in bagno, mentre faccio l’amore, mentre pratico yoga, mentre faccio di tutto insomma, e mi vedo cambiare. Se mi fotografo in un posto, so che la fotografia ferma quell’attimo e quando la rivedo, so che in quel posto ci sarò per sempre. L’anno scorso ho girato l’Europa per sei mesi ininterrottamente e quando sono arrivato a Cracovia, mi sono fotografato prima e dopo aver visitato i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Nelle foto, nonostante siano state scattate lo stesso giorno e a distanza di poche ore l’una dall’altra, mi vedo io, la mattina con gli occhi rilassati e appena svegli del sonno e poi, dopo aver visitato quell’orrore, lo sguardo è scioccato, i muscoli del viso sono tesi, l’espressione triste.

Che tipo di macchina fotografica usi?
In questo momento sto usando una Canon per le foto digitali e, per quanto riguarda la pellicola che ultimamente sto preferendo al digitale, ne uso due: la Yashica T4 e una Nikon F100.

Come scegli i tuoi soggetti?
Le persone che fotografo sono tutte persone con un qualcosa da dire, non riuscirei più a lavorare per la moda, un mondo in cui il soggetto è solo un manichino a cui poggiare addosso degli abiti. Certo, sono esistiti e forse esistono ancora fotografi che hanno fatto grande la fotografia di moda così come esistono stilisti che creano opere d’arte, ma l’idea di base è limitativa e va contro quello che io considero fotografia. Se fotografo un modello per una fotografia di moda, chi mi dice che quel giorno il modello è nel mood di farsi fotografare e di indossare quegli abiti che uno stylist ha scelto per lui? I soldi? I soggetti che scelgo, soprattutto quelli più recenti, oltrepassano questo canone condizionato di bellezza a tutti i costi. Sono liberi di indossare quello che vogliono e di essere se stessi senza nessuno a dovergli dire come posare e come mettersi in posa. Ultimamente ho fotografato un pugile giovanissimo della mia città, Gaetano Putrone, con cui ho inaugurato una nuova serie di fotografie che spero di esporre a New York nel 2013 sui ragazzi calabresi, tra cui lui. Dopo aver lavorato con agenzie di moda di tutto il mondo posso dire che nessuno ha la bellezza e la vitalità della gente del sud: loro sono i soggetti perfetti.

Chi sono i tuoi “ragazzi di vita”?
Sono gli stessi che cinquant’anni fa animavano il romanzo di Pasolini, uno dei più belli e poetici che abbia mai letto, e romanzo al quale continuo ad ispirarmi costantemente: ragazzi liberi, perciò vivi di una vitalità quasi violenta, feroce. Come diceva Pasolini, “amo la vita così ferocemente, così disperatamente, che non me ne può venire bene: dico i dati fisici della vita, il sole, l’erba, la giovinezza”. I ragazzi di vita sanno di essere belli ma vivono fuori da ogni schema di bellezza sociale, sono ribelli perché non seguono le mode: loro le mode neanche le conoscono e, se le conoscono, le capovolgono. Per me hanno la stessa maestosità delle statue greche seppur la storia della Grecia e delle divinità greche loro, magari, neanche la conoscono o la ignorano. Ecco, quando riesco a fotografare questa ribellione e bellezza interiore, posso dire di aver fatto delle buone foto.

Sul tuo sito leggevo che quando avevi 22 anni tuo padre ti regalò una macchina fotografica dicendoti di usarla come fosse un’arma. Cosa combatti con questa?
La bruttezza in tutti i sensi ma soprattutto la bruttezza d’animo. Quando uno è brutto dentro si vede anche in una fotografia, non c’è nulla da fare. Combattere la bruttezza è difficile perché da piccoli invece di farci vedere le mostre o i film, invece di farci leggere tanti libri, i genitori e maestri pensano ad indottrinarci, ci insegnano ad aver paura soprattutto del “diverso”. Io me ne sono reso conto con mio nipote di sette anni: è lui ad insegnarmi tante cose, non viceversa, perché ancora non è stato indottrinato - anche se a scuola ce la stanno mettendo tutta. Quando gli faccio vedere i libri di Jean-Michel Basquiat, il mio pittore preferito, vedo che lui con la mente viaggia seguendo quei colori accesi e quelle pennellate violente e se dopo gli chiedo cosa vuole fare da grande, risponde «l’artista». La fotografia può essere sociale, lo stesso rifiuto di lavorare per la moda, quindi per un prodotto, è una scelta sociale.

Che tipo di personalità deve avere un ragazzo/a che vuole tentare la tua strada?
Io non ho mai creduto a quelle personalità forti che devono avere tutto e subito e realizzarsi ad ogni costo e il prima possibile. Li vedi correre, correre, correre e poi se gli chiedi dove stanno andando, non lo sanno neanche loro. Secondo me essere se stessi è l’unica via possibile e vincente e soprattutto non bisogna mai dimenticarsi il punto da dove è iniziato tutto, e da lì non snaturarsi. E ovviamente bisogna lottare tanto e stare attenti a non cadere mai nella trappola del compromesso. Se si vuole diventare fotografi poi, l’unica scuola è la strada: io ho capito di aver realizzato fotografie splendide quando fotografavo ogni attimo della mia giornata incessantemente, in modo quasi maniacale. Quelle fotografie, che poi ho raccolto in una mostra online che si chiamava “Outcalls”, sono bellissime. Partono e si concludono con la macellazione di un maiale che ho fotografato in provincia di Crotone un paio di anni fa e, nel mezzo, foto della mia vita “ sbandata” newyorkese. Ho avuto mesi in cui ho perso il controllo di me stesso e intanto documentavo tutto.

Secondo te che fotografo dovremmo intervistare dopo di te?
Giacomo Cosua, amico di vita e di fotografie. Quando l’anno scorso ho vissuto a Londra per un breve periodo ce ne andavamo in giro dalla mattina alla notte per East London come due barboni, io coi miei inseparabili anfibi e lui sempre pieno di macchine fotografiche appese al collo. Abbiamo, credo, la stessa visione di street photography, lui spazia dalla fotografia di moda al fotogiornalismo duro e crudo, ma per me è soprattutto un eccellente fotografo di strada.

Hai in serbo progetti futuri? Se sì, quali?
Un giorno, spero più prima che poi, ci sarà una grande mostra col mio nuovo lavoro a New York. Le date slittano, una volta perché non sono pronto io, un’altra perché la galleria ha problemi con gli spazi. Nel frattempo sono diventato insegnante di Yoga e tra una foto e l’altra sto curando sia il corpo che l’anima, non bevo più alcolici, non fumo e cerco di non mangiare più carne e cibi schifosi. Se non sono nelle condizioni fisiche adatte e se non sento il mio corpo forte, quasi­ avessi un’armatura, non riesco a fotografare.

Grazie per la bella chiacchierata.

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"Fratello dei cani" (Pasolini e l'odore della fine), un film di Marco Palladini

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LA SAGGISTICA - TEATRO
Fratello dei cani
(Pasolini e l'odore della fine)
Progetto e regia di Marco Palladini
Con Fabio Traversa e Marco Palladini
e con Amedeo Morrone (musiche e canto) e Cinzia Villari (in video)
Riprese e montaggio video: Iolanda La Carrubba
Registrazione audio: O.A.S.I. Studio - Roma
Elementi scenici e abiti: Luisa Taravella

Nel novantesimo anniversario della nascita di Pasolini, dopo il recital Il Vangelo secondo Pier Paolo, che esplorava l'asse 'cristologico' sotteso a tutta l'opera pasoliniana e il suo controverso rapporto con la religione, propongo un nuovo lavoro in cui mi addentro nel cuore del conflitto esistenziale-poetico che connota l'intero percorso dello scrittore emiliano-friulano: ossia l'intricato e mai sciolto nodo dei rapporti familiari. 
Dalla collisione con il padre militare (e fascista) alla relazione di tenerezza amorosa, ma anche di rabbiosa rivolta con la madre, discende la sua psichicoartistica e fondante posizione di 'figlio' che quando nel 1968, di fronte agli studenti in lotta, scopre di essere generazionalmente diventato un 'padre', esplode ed entra in profonda crisi. 
Anche da qui si dirama quella tensione tanatofila, quasi un 'corteggiamento della morte' che punteggia tantissimi dei suoi scritti. Letti, inevitabilmente, dopo il suo orribile assassinio, come una profetica visione della sua fine. Ma che, forse, oggi è meglio considerare come la lucida e anticipata percezione di una radicale mutazione antropologico-culturale che coincideva con l'eclissi della civiltà umanistica e in cui non c'era più un vero spazio per la poesia. 
Non è un caso del resto che, dopo Pasolini, non ci sia più stato in questo paese un poeta capace di investire lo spazio pubblico-politico con la forza etica, appassionata e provocatoria della propria voce. 
La fine di Pasolini non è  soltanto la 'morte di un poeta' e ci riguarda tutti, tutti quelli almeno che tuttora si ostinano a pensare al fare artistico come un modo privilegiato per cercare di dare un senso al mondo, per non arrendersi all'insensatezza panica che assedia e sembra sommergere l'epoca che viviamo. (m.p.)
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Il Vangelo secondo Matteo. Foto di scena inedite

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"Pagine corsare"
IL CINEMA
"Il Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini - La strage degli innocenti
Il Vangelo secondo Matteo.
Foto di scena inedite

Un film che scatenò un acceso dibattito intellettuale e animò numerose polemiche per la scelta di trattare in chiave antidogmatica un tema religioso. È “Il Vangelo secondo Matteo” diretto nel 1964 da Pier Paolo Pasolini, del quale Trovacinema propone queste foto di scena inedite, a colori, mentre Pasolini in questi giorni è protagonista di diversi omaggi fra Bologna e New York. 
Il MoMA lo celebra con una retrospettiva e un volume, “Pier Paolo Pasolini. My Cinema”, curato ed edito per l’occasione dalla Cineteca di Bologna (e una serie di altre manifestazioni delle quali la Cineteca di Bologna è coproduttrice assieme a Istituto Luce Cinecittà). 
A Bologna il Cortile del Cinema Lumière diventa “Piazzetta Pier Paolo Pasolini - Poeta”, sulla quale cui affaccia anche la Biblioteca Renzo Renzi, dove l’Archivio Pasolini è custodito.

Altre immagini inedite (e a colori) scattate sul set del
Vangelo secondo Matteo nel video seguente
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"Medea" di Pier Paolo Pasolini

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LA SAGGISTICA - CINEMA
Maria Callas sul set di Medea di Pier Paolo Pasolini
"Medea" di Pier Paolo Pasolini

Medea è il confronto dell'universo arcaico, ieratico, clericale, con il mondo di Giasone,
mondo invece razionale e pragmatico. Giasone è l'eroe attuale che non solo ha perso il senso
metafisico, ma neppure si pone ancora questioni del genere. E' il tecnico abulico,
la cui ricerca è esclusivamente intenta al successo. Confrontato all'altra civiltà,
alla razza dello spirito, fa scattare una tragedia spaventosa. L'intero dramma poggia
su questa reciproca contrapposizione di due culture, sull'irriducibilità reciproca di due civiltà.
Potrebbe essere benissimo la storia di un popolo del Terzo Mondo, che vivesse
la stessa catastrofe venendo a contatto con la civiltà occidentale materialistica.
Del resto, nell'irreligiosità, nell'assenza di ogni metafisica, Giasone vedeva nel centauro
un animale favoloso, pieno di poesia. Poi, man mano che passava il tempo,
il centauro è divenuto ragionatore e saggio, ed è finito col divenire un uomo uguale
a Giasone. Alla fine, i due centauri si sovrappongono, ma non per questo
si aboliscono. Il superamento è un'illusione. Nulla si perde...


P.P. Pasolini, in Jean Duflot, Pier Paolo Pasolini. Il sogno del centauro, Roma, 1983
Siamo nella regione barbara della Colchide, nella città di Ea, dove si trova il vello d'oro. Qui sta per avvenire un rito di fertilità della terra, un sacrificio umano alla presenza dei figli del re Eeta, un uomo e una donna: quest'ultima, Medea, sacerdotessa di Ecate, dea della morte, presiede il sacrificio. La vittima viene immolata, smembrata, e il suo sangue viene usato per fertilizzare la terra. Nella bacinella che contiene il suo cuore, degli eletti andranno a bagnarsi le mani. La lunga sequenza del sacrificio avviene nel silenzio, accompagnata solo da un canto funebre ancestrale. Medea gira la ruota del sole in mezzo al campo, e pronuncia le uniche parole dell'episodio, con cui chiarifica il senso del rito ciclico della vita: "Dà vita al seme, e rinasce il seme". 
Giasone, ormai ventenne, torna nella città di Jolco e rivendica il trono a Pelia. Pelia gli promette di concedergli il trono se Giasone riuscirà a conquistare il vello d'oro. Giasone, spavaldamente, accetta la sfida, e si imbarca su una zattera, Argo, la prima nave della storia. Giasone e gli argonauti approdano nella Colchide, e saccheggiano tutto quanto trovano sul cammino. A Ea c'è agitazione, Medea prevede l'impresa, sogna il bel volto di Giasone prima che egli arrivi realmente nella città, e, senza esitazione, decide il suo destino. Di notte si fa aiutare dal fratello a rubare il vello d'oro, poi insieme a lui fugge su di un carro. Canti di catastrofe salgono nel giorno in città, alla notizia dell'accaduto. Eeta raduna l'esercito nel tentativo di recuperare i figli e il vello. Il carro di Medea raggiunge i cavalli di Giasone e gli argonauti. Medea, all'improvviso, uccide il fratello e si unisce a Giasone, e con un gesto terribile d'amore e dedizione gli dona il vello. Poi, per fermare l'esercito di Eeta che avanza, Medea sparge uno ad uno i pezzi del corpo del fratello per la strada, costringendo Eeta a fermarsi per ricomporli.
Medea e Giasone raggiungono la zattera degli argonauti e tornano insieme veso Jolco. Ma Medea, raggiunta di nuovo la terra, cade nel panico: non sente più la voce del sole e della terra, e mentre gli argonauti, lontano, cantano, lei avverte il disastro del cambiamento. Ma Giasone giunge a prenderla per mano, la porta nella sua tenda, e Medea si calma nell'atto d'amore. Giunto di nuovo a Jolco con il vello, Giasone rivendica il regno. Pelia non mantiene la promessa, e Giasone, con sprezzo, punta ad altre conquiste, ben più ambiziose del piccolo regno di Jolco. Medea è vestita dalle ancelle di Jolco con i colori della nuova civiltà.
Sono passati dieci anni, Giasone e Medea vivono a Corinto, hanno avuto tre figli, ma Giasone ha da poco abbandonato Medea per chiedere in sposa la giovanissima Glauce, figlia del re Creonte. Medea, umilata e lasciata sola con i suoi figli, soffre, e vuole vedere come sta Giasone senza di lei. Giasone incontra il centauro, ormai sdoppiato: il centauro metà animale lascia al centauro-uomo il compito di spiegare i sentimenti di amore che ancora, a sua detta, legano Giasone a Medea. Ma Giasone non sa rendersene conto, e, sotto lo sguardo non visto di Medea, si diverte spensierato in attesa delle nozze. Medea torna a casa, e si rende conto che dieci anni sono passati invano, di essere rimasta "un vaso pieno di un sapere non mio". Medea sogna la Colchide, parla di nuovo con il sole, e così giunge, per amore, alla recrudescenza dei gesti con cui era nato il suo amore per Giasone: si vendicherà di lui donando a Glauce le sue antiche vesti, maledicendole. Queste vesti, portate in dono alla sposa dai suoi figli, a contatto con il corpo, dovranno incendiare la pelle di Glauce. Le immagini della vendetta passano sul volto piangente e silenzioso di Medea. 

Il sogno ha termine. Ora ha inizio la realtà. Medea va a parlare col re di Corinto Creonte, che ha deciso di bandirla dalla città. Non riesce a far altro che prolungare di un giorno la sua permanenza e quella dei suoi figli a Corinto. Medea medita di vendicarsi su Giasone. Lo fa chiamare, e lo invoca di perdonarla prima che lei lasci la città. Giasone, con un gesto di affermazione del suo possesso, fa per l'ultima volta l'amore con Medea. Più tardi, mentre Giasone dorme, Medea richiama i suoi figli e gli affida le vesti da donare a Glauce, strappando a Giasone la promessa di intercedere presso Creonte affinché lasci vivere a Corinto i suoi figli. Giasone e i tre figli giungono alla reggia di Corinto. Glauce, terrorizzata dal dono e dalla visione dell'antica vita del suo promesso sposo, corre fuori dal palazzo e si suicida, seguita dal padre Creonte, anche lui impaurito e sconvolto dalla consapevolezza delle arti magiche di Medea. 
Medea è a casa, serena. Chiama i figli uno ad uno, gli fa il bagno prima di farli addormentare, e poi, con tenerezza materna, li uccide prima di metterli a letto. L'indomani, prima di abbandonare Corinto, Medea appare tra le fiamme del sole, che, invocato, sta ormai incendiando la città, con i corpi dei figli accanto a sé. Giasone, sconvolto, vorrebbe salutare un'ultima volta i suoi figli, ma Medea, carica di odio, gli dice che "niente è più possibile ormai". Il sole rosso sangue chiude, così come l'aveva aperta, la scena del film.

[da S. Murri, Pier Paolo Pasolini, Il Castoro-l'Unità 1995]
Il mito di Medea, Pier Paolo Pasolini e Maria Callas
Una tragedia, un regista, una cantante, un film
di Paola Pinna


Medea di Pasolini è un impasto di crudeltà e innocenza, di barbarie e senso del sublime, è una trasfigurazione del mito tragico descritto nella Medea di Euripide. L’idea del conflitto tra il mondo “arcaico” dominato dalle emozioni, e quello “moderno”dominato dalla razionalità, viene sviluppato e portato a compimento con Medea di Pasolini, film del 1970. L’intento del regista è di non narrare la storia di Medea attraverso gli eventi della tragedia, ma di tradurre in immagini le “visioni” di Medea, lacerata di fronte al rapporto irrisolto tra passato e presente: passato e presente che coincidono con due epoche distinte, con due differenti fasi della stessa civiltà.
La vicenda interiore e la Storia, ancora dissociate in Edipo re (film del 1967, tratto da Sofocle), vengono fatte confluire, portando al limite il moderno insanabile conflitto tra individuo e società, fonte dell’alienazione dell’uomo-massa.
Per rappresentare il mondo ieratico di Medea, sacerdotessa di Ecate, con il quale aveva inizialmente pensato di descrivere un’epoca di sacralità della vita e della morte, viste dagli occhi di Medea, Pasolini, nel corso delle riprese, osservando il passaggio dalla visione alla Storia cambia il registro narrativo: il silenzio della barbarie subentra al canto di esclusione, di abbandono di Medea, canto che doveva essere uno dei pilastri del film, da affidare alla voce sovrumana della protagonista Maria Callas, silenzio che agghiaccia, in una sorta di allucinazione quotidiana, il passato sacerdotale di Medea.
La vita di questa civiltà fuori della Storia è segnata nella ricostruzione secca e silenziosa di un cruento rito di fertilità. Le visioni di Medea, trapiantate nella realtà fredda e realistica di Giasone, vi sussistono solo come sogni. Pasolini prosciuga la tragedia dal dramma e il documento prende forza, come modello reale del suo cinema. La Colchide viene ricostruita in Turchia e Siria e ripresa con movimenti di macchina sporchi, riprese parallele che Pasolini faceva da solo, quasi volesse perseguire il compito non meno visionario, affidato a Medea-Callas, di cogliere la verità della vita anche nella realtà ricostruita del set.
Medea è un film visto con gli occhi del Terzo Mondo, ideale e idealizzato.
Tra Giasone e Medea non c’è mai dialogo, tranne che alla fine, quando le parole non servono più a nulla.
Le antiche musiche sacre giapponesi e i canti d’amore iraniani, colonna sonora del film, sono le uniche voci umane, infere, indecifrabili, autorizzate ad esprimere il clima evocativo della comunione sacrale tra popolo e natura. Nel film non si vedono gli affetti presenti in Euripide, che sono come azzerati: il tradimento di Giasone, la maternità di Medea, il rapporto tra Giasone e Glauce restano solo come ricordo o come miraggio irraggiungibile dello sguardo visionario di Medea. L’amore la morte la disperazione la rabbia il pianto si consumano in una strana allucinatoria aura di freddezza. Perfino l’atto sessuale è freddo come la morte, come il volto dagli occhi impauriti di Medea, spalancati sul vuoto, contrapposti agli ansimi insensibili e compiaciuti di Giasone.
In queste visionarie e utopistiche immagini-documento ogni suggestione estetica viene filtrata da una ricercata povertà dell’immagine. In Medea vi è coerenza tra l’istanza ideologica e il mezzo espressivo. In Medea l’origine barbarica e l’inizio della società storica coesistono in un tempo sospeso, fuori del tempo, fuori dalla ragione logica.
Due elementi mettono in discussione i fondamenti della volgare evidenza dei fatti imposta dall’industria culturale: il silenzio e il sogno. Il silenzio fa esplodere le immagini di Medea, la pura descrittività soppianta le emozioni e la visionarietà di Medea sostituisce la consequenzialità degli eventi. La logica del sogno raddoppia le scene, ma le pone fuori dal tempo, in uno spazio anch’esso assoluto. Lo sguardo di Medea crea l’evento, denuncia l’inganno della unicità della verità socialmente ammessa. L’amore in Medea è conflitto irresolubile tra ciò che si sente e ciò che è ammesso sentire, tra ciò che si è e ciò che si diventa abbandonando la propria identità per qualcun’altro. Il rapporto è quello irrisolto tra l’uomo borghese, Giasone, archetipo eroico, e l’umanità altra, quella della maga Medea.
Medea “sogna” il mito di Euripide, visione irrazionale in cui si compie il destino magico dell’umanità. Ma la realtà moderna, Corinto ricostruita sulla piazza dei Miracoli di Pisa, è teatro di ciò che sognato invece accade: Giasone ama Glauce per conquistare il regno. Si scatena la tragedia.
Medea che si è liberata delle proprie origini fallocratiche, straziando simbolicamente il fratello Ippolito, non può che liberarsi infliggendo la morte al frutto dell’amore insincero. Solo Medea può vivere la catarsi tra le fiamme della distruzione di Corinto. Medea nel supremo atto di affermazione finale, uccidendo i suoi figli impuri, uccide anche ogni possibilità di sopravvivenza del suo mondo, quel mondo arcaico che aveva già profanato sottraendogli il vello, e rinnegato per amore di Giasone.
Come afferma Marco Salotti (critico cinematografico e docente di Storia del cinema presso l’Università di Genova) l’adattamento della tragedia al film sembra richiedere uno sviluppo epico-narrativo che altera la parabola drammatica. Sia in Edipo re (1967) che in Medea (1970) di Pasolini l’antefatto delle tragedie occupa i primi rulli di pellicola, rimandando l’incontro con il testo poetico. In Edipo re il regista si lascia condurre dall’implacabile meccanismo del dialogo di Sofocle, in Medea taglia e scorcia i versi di Euripide con un atteggiamento tra il pudore e la temerarietà, come nel monologo di Medea:

O Zeus, o Dike cara a Zeus, o luce del sole.

E come osserva Pedro Luis Cano (docente di Storia del cinema presso l’Universidad di Barcelona) Pasolini solo in alcuni momenti ha incluso in Medea un coro che non recita: un coro passivo, di un popolo oppresso, che è necessario all’autore per la sua esposizione dialettica.
In Medea il personaggio Giasone perde la forza del protagonismo: la storia inizia con la narrazione della sua vita e delle sue avventure, come nell’Edipo re. L’inizio dell’opera è lirico, come lirica è l’infanzia e il passato surrealista, come il ricordo. Come lirica è la voce di Medea, del mito Maria Callas.
Medea 1969-70
Da Medea di Euripide


Scritto e diretto da:Pier Paolo Pasolini  
Fotografia Ennio Guarnieri; scenografo arredatore Dante Ferretti; architettoNicola Tamburro; costumi Piero Tosi; commento musicale Pier Paolo Pasolini con la collaborazione di Elsa Morante; montaggi:Nino Baragli; collaborazione alla regia Sergio Citti;assistente alla regia Carlo Carunchio.  
Interpreti e personaggi Maria Callas (Medea); Laurent Terzieff (il Centauro); Massimo Girotti (Creonte); Giuseppe Gentile (Giasone). E inoltre Margareth Clementi, Sergio Tramonti, Anna Maria Chio.  
ProduzioneSan Marco SpA (Roma), Le Films Number One (Parigi) e Janus Film und Fernsehen (Francoforte); produttoriFranco Rossellini, Marina Cicogna;produttori associati Pierre Kalfon, Klaus Helwig; pellicola Kodak Eastmancolor; formato 35 mm, colore; macchina di ripresa Arriflex; sviluppo e stampa Technostampa; sincronizzazione NIS Film;distribuzione Euro International Films. Riprese maggio-agosto 1969; teatri di posa Cinecittà; esterni Turchia, Siria; interni Aleppo (Siria), Pisa, Marechiaro di Anzio, Laguna di Grado, dintorni di Viterbo; durata 110 minuti e 28 secondi.

Tra maggio e agosto 1969 Pasolini girò, prevalentemente in Siria e in Turchia, Medea: era divenuto un regista di punta del cinema italiano e ciò gli procurò critiche di connivenza con il potere, poiché l'industria cinematografica rappresentava uno degli strumenti della omologazione di massa. Nel corso di una trasmissione televisiva a uno studente che gli rivolgeva appunto tali accuse, Pasolini rispose: "io strumentalizzo la produzione che c'è, la produzione che c'è strumentalizza me, vediamo un po', facciamo questo braccio di ferro, vedremo un po' di chi sarà la vittoria finale". 

La partecipazione, nel ruolo di protagonista, di Maria Callas, presentata a Pasolini dal produttore del film, Franco Rossellini, venne considerata un evento straordinario, anche perché la famosa cantante lirica, dopo avere interpretato sulle scene dei teatri d'opera di tutto il mondo Medea, l'opera di Luigi Cherubini, aveva già ricevuto offerte, sempre rifiutate, per una interpretazione cinematografica del personaggio. Nacque tra Pasolini e la Callas una grande, affettuosissima amicizia che continuerà anche dopo la lavorazione del film.
Pasolini descrive così una scena di Medea e parla della scelta della Callas quale protagonista del film: 
"Nel fondo di una di queste vallette - sul greto del fiume - c'è intorno il grano e file di pioppi e ulivi spinosi, argentei contro il rosa delle centinaia di cuspidi - cammina verso di me e si imprime violentemente nella mia retina, una piccola folla assurda. Al centro c'è una figura femminile. Essa è coperta fino all'altezza del seno da un velo bianco, pende un mazzo di collane dorate, grossissime, che mandano un suono opaco, come i campanacci delle mandrie: penzolano, queste collane, su una 'pazienza' azzurra listata d'argento - sembra vecchissima, di quelle conservate nelle teche dei musei, che a toccarle, si direbbe che debbano andare in polvere. Sotto la pazienza cade una grande sottana nera: che viene sostenuta per i lembi da due o tre persone, attente a tenerla alta fin sopra il ginocchio della donna che l'indossa. Essa procede così come una regina non vista. Dietro di lei, viene un altro gruppetto del seguito: e tra questo, la fedele cameriera, vestita di rosso e di verde, che tiene per il guinzaglio i due magici cagnolini, innocenti come due insetti, due farfalline al loro primo svolazzare qua e là; e insieme decrepiti, di una saggezza di re contadini. E dietro ancora, con gli strumenti delle loro tecniche in mano, tutti gli altri". 
"Ho pensato subito a Medea sapendo che il personaggio sarebbe stato lei. Delle volte scrivo la sceneggiatura senza sapere chi sarà l'attore. In questo caso sapevo che sarebbe stata lei, e quindi ho sempre calibrato la mia sceneggiatura in funzione della Callas. [...] Cioè, questa barbarie che è sprofondata dentro di lei, che viene fuori nei suoi occhi, nei suoi lineamenti, ma non si manifesta direttamente, anzi, la superficie è quasi levigata, insomma i dieci anni passati a Corinto, sarebbero un po' la vita della Callas. Lei viene fuori da un mondo contadino, greco agrario, e poi si è educata per una civiltà borghese. Quindi in un certo senso ho cercato di concentrare nel suo personaggio quello che è lei, nella sua totalità complessa".

Oltre al gran numero di attori non professionisti, come di consueto presenti nei film di Pasolini, vi sono in Medea le presenze, in ruoli principali, del saltatore olimpico Giovanni Gentile (Giasone), di Massimo Girotti (Creonte), di Laurent Terzieff (il centauro). Elsa Morante, infine, collaborò con Pier Paolo Pasolini alla scelta delle musiche: brani religiosi antichi dal Giappone, canti e danze d'amore iraniani. 

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Di corpi, di versi: l’affollata solitudine di Pier Paolo Pasolini

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LA SAGGISTICA
Di corpi, di versi: l’affollata solitudine di Pier Paolo Pasolini
La parabola della vita e del verso di P.P. Pasolini dentro la solitudine
di Paolo Rabissi, http://www.overleft.it/


Ginnasio-Liceo Alessandro Manzoni di Milano. L’anno il 1957, o il ’58. Venivo dalla provincia. Mi sembrò una buona idea quella di entrare un giorno in classe con Ragazzi di vita in mano. Non avevo nell’animo nessuna volontà di provocare un bel nulla, mi sembrava che potesse essere un viatico buono per essere accolto tra i miei coetanei, tutti figli della borghesia buona milanese. La futura classe dirigente, ripeteva il preside. In mezzo alla quale ero straniero per troppi aspetti. Cercavo accoglienza, tra i compagni di classe di Milano. Non era forse la grande e moderna Milano, la città dove le cose succedevano, la città sempre in anticipo sui tempi? E non era forse quella la scuola dove ci si educava alle umane letture? ‘Ah, il romanzo di quel culo…’, mi risposero ghignando in due o tre, un po’ goliardi ma di radici ben interrate, proprio quelle che non avevo io.‘Quel culo’, con i suoi borgatari, da lui percepiti e descritti come sradicati millenari, parlava in qualche modo a me ma non a loro. Pensai a Pasolini uomo forse per la prima volta, fin lì per me era solo l’autore di un breve romanzo che amavo. Pensai per la prima volta alla sua solitudine e ripensai alla mia, alla difficoltà di essere accolto, come profondamente desideravo.
Qualche anno più tardi rincontrai Pasolini nel suo film Il Vangelo secondo Matteo. L’anno il 1964. Pasolini era già carico di glorie. Ma quel Cristo aveva nell’espressione e nei gesti la disperata violenza della solitudine, di chi cerca accoglienza nel mondo. E ripensai alla solitudine di Pasolini uomo, pur nel frastuono provocatorio della sua ricerca di successo.
Ho ripensato alla sua solitudine ancora in un’altra occasione, ma questa volta con un sentimento profondo di rabbia. Come gli saltava in mente di definire in blocco gli studenti come dei figli di papà?
In quegli anni, tra la fine dei sessanta e i primi settanta, nelle Università mettevano piede per la prima volta nella storia del paese numerosi figli di proletari. Si sradicavano da un territorio antichissimo per entrare in uno nuovo, nemmeno a cercarli con buona volontà in quello dal quale provenivano si sarebbe potuto trovare un libro. Paradossalmente era più facile trovarci qualche verso, nelle preghiere dei santini, nei calendari di frate Indovino. Per sostare in qualche modo nel territorio nuovo, dove i ‘papà’ erigevano troppi aristocratici steccati contro i barbari, per pagare tasse, libri e molto spesso anche il proprio mantenimento, c’erano i “lavoretti”, cioè, diminutivo a parte, lavoro nero. Il tutto era quasi epico, ma faticoso. Non eravamo tutti figli di papà. E ci riconoscevamo, nei corridoi delle Università. Dal portamento, dai vestiti, dal linguaggio. Ci si sentiva in effetti meno soli.
Riprendo in mano oggi l’opera in versi di Pasolini. L’eco dei frastuoni del mondo cercati e provocati si sente qua e là, ma più forte sento il timbro di voce della solitudine. E’ questo il ‘luogo’ topico della poesia di Pasolini? Più semplicemente è il luogo dal quale continua a parlarmi.


Narciso e la rosa

'Moralità o poesia/ o bellezza, non so,/ protendo questa rosa/ a rispecchiarsi sola.' (1)
Se Narciso non rompe gli specchi la sua solitudine genera autodistruzione. Ma, come vedremo, Narciso che rompe gli specchi e conosce l'altro avrà ugualmente la solitudine come inesorabile, splendida compagna.
Rompere gli specchi è peccato? Se ne può conservare sentimento di colpa. Ma c’è un momento in cui il vergine, l’innocente, decide di farsene carico, di superare la paura di peccare. Il poeta che si dice Usignolo della chiesa cattolica (raccolta di poesie scritte tra il 1943 e il 1949) guarda ormai senza timore il diavolo apparso, è pronto (2). Narciso s’è guardato abbastanza durante la fanciullezza (3).
E la poesia? Quando s’inoltra nel peccato il vergine, ancora insicuro, stringe in mano il ritratto di Radiguet, pensa accigliato a Gozzano (4). Ma la scelta apre comunque con decisione ed è accoglienza senza compromessi del cieco affanno di fronte a un corpo, a un caldo viso apparso all’improvviso (5). Sarà, per il poeta, per l’uomo, ossessione, vissuta. E l’amore per la bellezza? Narciso che rompe gli specchi ha verso di sé un moto, di uguale intensità, di disprezzo e tenerezza (6). Ingenuità e consapevolezza sembrano affondare in oscuri presentimenti.
L’attrazione verso la bellezza è dunque tutt’uno con quella verso il peccato, poesia e vita appaiono strette da un legame in tensione polarizzata: purezza e impurità, salvezza e dannazione, paradiso e inferno. Narciso che rompe gli specchi assume su di sé con angoscia e spavento le sue contraddizioni. Narciso che si divincola dallo specchio ha un ultimo gesto: protende una rosa al rispecchiamento. Nemmeno il poeta sa di cosa sia simbolo quel fiore, se di moralità, di bellezza o di poesia. E il gesto? E’ la coscienza della impossibilità di un allontanamento definitivo? E’ un’irrisione al mito o alla vita? O alla morte in vita? E’ un esorcizzare la morte della bellezza, della poesia, della vita stessa? O è gesto che indica la prossima autodistruzione della poesia, l’impossibilità per la poesia di sopravvivere se l’uomo sceglie il peccato?
Al di là delle possibili interpretazioni quella rosa, tesa da sola al rispecchiamento, rimanda, mi sembra, ad altro. Narciso-Pasolini sa che in quello specchio c’è, riflesso, anche il volto di sua madre. Alla quale, come lui stesso dice apertamente, è legato da un amore insostituibile. E’ la madre che gli ha insegnato 'nient’altro che il piacere di essere ciò che sono' (7), e l’amore di lei, non represso, 'non dà posto/ a ipocrisia e viltà' (8): quell’amore lo ha reso sì libero di essere se stesso nella sua diversità ma lo ha anche reso prigioniero per sempre. Amare per lui significherà per sempre amare soltanto sua madre. 'Solo per essa, impegno tutto il cuore' (9). Per gli infiniti amori occasionali di cui la sua vita sarà affollata arderà in lui solo la carne (10). La consapevolezza che accompagna Narciso dunque, all’atto di inoltrarsi nel mondo, riguarda una drammatica condanna, quella alla solitudine. 'Sei insostituibile. Per questo è dannata/ alla solitudine la vita che mi hai data.' (11). L’infinita ‘fame d’amore’ - 'Forse nessuno è vissuto a tanta altezza/ di desiderio…' (12) - dovrà accontentarsi dell’amore di corpi senza anima (13), l’unica anima amabile rimanendo per sempre quella della madre.
Quando a questa condanna si aggiungerà quella del mondo, quando, dal loro ‘museo vigilato’, gli adulti condanneranno 'il Fanciulletto perverso con le gemme/ dell’Europa terse nel mio sesso' (14), il poeta starà fermo dalla parte del desiderio, del suo Narciso gioia e solitudine, né si curerà di redenzioni possibili, non si alleerà col ‘cuore onesto’ (15), che è troppo puro e ha il freddo della morte, se mai occorrerà ascoltarlo sarà solo in prossimità della morte. Condanna interiore e condanna pubblica diventeranno da questo momento compagne di vita a cui però impedire di occupare troppo spazio a scapito della gioia e del piacere. La purezza non dovrà mai soverchiare la gioia del peccato. Piuttosto che rischiare, meglio eccedere nel peccato sia pure col corollario della solitudine. Liberare totalmente la vitalità che è disperata di suo e poi testimoniare, nel verso stesso come vedremo, la necessità dell’indecenza, dell’eccesso, dello scandalo contro coloro che condannano. Proteggere la relazione con l’altro con una ‘impura virtù’. E ripetere, ripetere all’infinito, fino all’estenuazione, consumare relazioni perché non si consumino, perché il peccato resti peccato e la gioia gioia del peccato. Esibizione e testimonianza dello scandalo, cioè, come è stato detto, la ‘necessità morale dell’indecenza’ (16), saranno la risposta franca e diretta contro la società che rifiuta.
Impurità contro purezza, desiderio, diversità, soddisfazione del piacere, sono i temi che nella poesia di Pasolini ruotano intorno a quello della solitudine. Con l’insistenza ossessiva della coazione e dell’imperativo si articolano in una sterminata affabulazione anche fino a stremare il verso, a rischiare il non-verso.
E necessità e volontà del conflitto e delle contraddizioni trovano in una infinita serie di antitesi e di sintagmi ossimorici le loro figure logiche. Così le colpe sono innocenti, la purezza odiata se non è quella dell’animale o del libertino, il peccato e la corruzione sognati, l’animo un ‘crogiolo d’amore tumorale’, l’esistenza un ‘rottame stupendo’, la gaiezza ‘paradisiaca e immorale’. L’angelo arde impuro. Il poeta è ‘gelo e sole’. La vita ‘scandalo e festa’.
E l’amato ‘endecasillabo di avorio’ (17), che si aggira ‘tra gli smalti e l’acqua dell’Arcadia’, lui che ama solo la gioia e la purezza e che non vuole peccati o pianti di fanciulli, come può amare ciò che il poeta ama in se stesso, la ‘pazzia di acqua e di assenzio’ (18), le finte innocenze, l’isterismo nascosto ‘tra i panni dell’eretico’, ‘lo scisma’ del proprio linguaggio? La risposta è ormai scontata: l’angelo deve ardere impuro, il cuore elegiaco deve proteggere la poesia di virtù impura. E dunque ripetere, ripetere l’endecasillabo all’infinito, fino all’estenuazione, allungato o accorciato, condensato o slabbrato, sgambetti di ritmo al suo interno, sospensioni o arresti del senso andando a capo. Scandalo e festa. Terzine di tradizione riconoscibile. Irriconoscibile, scismatico, eretico, ma sempre lì, il finto endecasillabo con la sua finta innocenza. Finché il verso non scioglierà ogni legame con la metrica tradizionale (e sarà dal 1963, 1964 in avanti).


'E la notte in giro, come un gattaccio/ in cerca d’amore' (19)

Con i loro freschi corpi, coi calzoni un po’ lisi nel grembo, con la loro sacca tiepida (20), quelle facce vivide di cuccioli lupi, quei maschi adolescenti dalla bella nuca… sono a decine, a centinaia.  Ma il poeta non può amarne nemmeno uno. Il suo è amore di pura sensualità, 'replicato nelle valli sacre della libidine/ sadica, masochista' (21). Ma meglio la morte che rinunciarvi. E quando il desiderio incalza è una 'ansia funeraria' (22) quella che precede una tardiva soddisfazione. E l’atto, con quei maschi che portano nel grembo un segreto impuro come un giglio, bisogna ripeterlo mille volte (23).
Il peccato e la condanna, l’impurità e l’eccesso hanno il loro paesaggio. Quei corpi da amare vivono tra ruderi e grotte abitate da feci e fanciulli o in borgate in disfacimento o sul lungofiume che, nella sera che sa di orina, riecheggia di passi viziosi. ‘Erba sozza delle marcite’, ‘deschi approntati dentro porcili’, ‘infette marane di borgata’. Gioisce qui una gioventù ironica fatta di ‘peoni’, poveri e pagani, da sempre ‘barbari’, che hanno nel calore del sesso ‘la propria unica misura di vita’. Si negano e si concedono con violenza, puri e corrotti, popolo mai abbagliato dalla modernità eppure sempre il più moderno, che vive come il poeta ‘in una sola generazione tutte le generazioni’, schiavo che canta la propria leggerezza, che inebria la città coi suoi fischi e i suoi canti. Proletari la cui ‘allegria è religione’ per il poeta. Periferie di ‘ardenti e acidi immondezzai’, che sanno di ‘sangue marcio’, ‘borgate tristi, beduine’ (24) percorse dal vento, da ragazzini ‘stridenti nelle canottiere a pezzi’ (25), da irose prostitute, da grappoli di militari e operai. Una vita che è ‘pura malinconia’.
E’ la scenografia ricorrente nei versi sin dalla raccolta Le ceneri di Gramsci del 1957 fino a Trasumanar e organizzar del ’71 e oltre. Scene riprese dall’occhio nelle lunghe solitarie camminate serali, al momento del rientro nelle case o nell’immediato dopocena. Quando le disillusioni (la fine delle speranze in una trasformazione profonda della società suscitate dalla Resistenza e l’imborghesimento anche di proletari e sottoproletari dentro il neo-capitalismo), l’amarezza per le condanne alle sue opere, il disincanto verso i movimenti rivoluzionari del ’68 e infine l’avanzare dell’età occuperanno l’animo, sarà il momento del rimpianto per un’epoca conclusa e ormai lontana come un mito. E acquisterà più spazio la riflessione sul proprio destino. Il tono della voce, che diviene via via anche rabbioso o ironico, troverà sempre più consistenza nel doppio registro dell’antitesi, legata da una parte alla irrinunciabile gioia del sesso senza anima, dall’altra alla solitudine. 
Afferma il poeta nel 1963, quando è ormai famoso e agiato (oltre che perseguitato dalla giustizia italiana): 'io riconosco/ciò che conobbi: sole e solitudine' (26). Ma è sulla solitudine che l’accento cade più frequentemente. Le relazioni col mondo sono diventate più difficili. Le file degli amici d’un tempo si sono assottigliate '…ho perso la mia compagnia/ di poeti dalle facce nude, aride/ di divine capre, con le fronti dure/ dei padri padani… (27), e non senza sue colpe: 'non ho saputo avere la grazia/ per tenermeli stretti' (28). Anche in relazione ai suoi rapporti intimi non pochi versi mettono definitivamente a nudo la sua condizione :

…i baci, ogni volta a una bocca diversa,
sempre più vergine,
sempre più vicina all’incanto della specie,
alla norma che fa dei figli teneri padri,
piano piano
sono divenuti monumenti di pietra
che a migliaia affollano la mia solitudine. (29)


'Il diletto deserto'

Ma è solitudine amata, voluta … ‘come un re’ (30). Narciso sembra lontano. Che ne è del mio narcisismo, si chiede, in Trasumanar e organizzar, il poeta che sente prossima la fine della sua carriera: 'Io non ho più il sentimento/ che mi fa avere ammirazione per me (31). In questo modo c’è il rischio del silenzio: cosa potrà mai comunicare ora il poeta se non se la sente più di comunicare l’unica cosa che fin qui ha comunicato e cioè ‘il piacere di essere ciò che sono’?
E aggiunge subito dopo: se in questo modo riuscirò a scrivere ancora versi, si tratterà di versi ‘appena passabili’ e avverrà solo per abitudine. Che è come dire che proprio a prendere eccessive distanze dal proprio Narciso si finisce con lo scrivere pochi versi e mediocri.
Nei nuovi registri dell’ironia e dell’umorismo, che agli occhi del poeta appaiono ora come unici possibili percorsi stilistici, Pasolini continua a fare poesia ammirandosi, guardandosi anche quando parla di sé che fa poesia. E non si pensi che questo ammirarsi e guardarsi risulti una sovrapposizione che vada espunta per poter godere dei versi buoni: nel verso ormai completamente libero da costrizioni tradizionali Narciso continua a stare per necessità in scena dal primo all’ultimo quadro di tutti gli atti a dire poesia. Col suo carico, esibito o sotteso, di abbandono e solitudine.
Nella nota finale scritta per l’edizione di Trasumanar e organizzar, Pasolini avverte che la raccolta è nata sotto l’idea della diminuzione di futuro per la propria esistenza e, per reazione, dell’aumento del piacere di vivere. E la ricerca del piacere continua, nei versi, a vivere di momenti e luoghi ormai antichi. E torna, immancabile, l’accento sulla solitudine. 'La solitudine: bisogna essere molto forti/ per amare la solitudine…' E’ la poesia Versi del testamento (32). Quando in vecchiaia la stanchezza comincia a farsi sentire, avverte il poeta, il rischio è quello di non avere forze bastanti per uscire, affrontare la passeggiata serale. Nella quale, aggiunge in modo maledettamente inquietante, 'non si devono temere/ rapinatori o assassini'. Ma sarà l’incontro occasionale di puro sesso a soddisfare il desiderio di solitudine. E 'la solitudine è ancora più grande se una folla intera/ attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni.' Ogni incontro è un momento della solitudine e 'più caldo e vivo è il corpo gentile/ che unge di seme e se ne va,/ più freddo e mortale è intorno il diletto deserto'. Per 'una camminata senza fine per le strade povere' bisogna avere gambe buone, una resistenza fuori del comune: 'bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani'. Ma non c’è nulla al mondo, nessuna soddisfazione che la vita possa offrire, che valga l’incontro nella sera con la solitudine.

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Note:
1 Il Narciso e la rosa, è in L’usignolo della chiesa cattolica, comprende poesie scritte tra il 1943 e il 1949. Vedi P.P. Pasolini Bestemmia, Tutte le poesie, Garzanti, pag. 333.
2 Sermone del diavolo, in L’usignolo della chiesa cattolica, cit. pag. 323.
3 Il Narciso e la rosa, cit. pag. 332
4 Sermone del diavolo, cit. pag. 323.
5 L’illecito, in L’usignolo della chiesa cattolica, cit. pag. 326.
6 Solitudine, in L’usignolo della chiesa cattolica, cit. pag. 328.
7 La nascita di un nuovo tipo di buffone, in Trasumanar e organizzar, edita nel 1971, in P.P. Pasolini, Bestemmia, cit. pag. 902
8 La realtà, è in Poesia in forma di rosa, comprende poesie scritte tra il 1961 e il 1964. Vedi P.P. Pasolini, Bestemmia cit. pag. 654.
9 Ibidem, pag. 653.
10 Ibidem pag. 653.
11 Supplica a mia madre, in Poesia in forma di rosa, cit. 640.
12 La realtà, cit. pag. 653.
13 Ibidem, pag. 640.
14 Lingua, è in L’usignolo della chiesa cattolica, cit. pag. 351.
15 Dies irae, ibidem, pag. 360.
16 Vedi Franco Fortini, I poeti del Novecento, Laterza, pag. 188.
17 Lingua, in L’usignolo della chiesa cattolica, cit. pag. 353.
18 Ibidem, pag. 353.
19 Poesie mondane, in Poesia in forma di rosa, cit. pag. 639.
20 Le belle bandiere, ibidem, pag. 740.
21 Ibidem, pag. 740.
22 La  realtà, cit. pag. 653.
23 La realtà, cit. pag. 654.
24 Il pianto della scavatrice, in Le ceneri di Gramsci, comprende poesie scritte tra il 1952 e
il 1957. Vedi P.P. Pasolini Bestemmia, cit. pag. 248.
25 Ibidem, pag. 249.
26 La persecuzione, in Le ceneri di Gramsci, cit. pag. 686.
27 La realtà, cit. pag. 649.
28 Le belle bandiere, cit. pag. 736
29 Ibidem, pag. 741
30 Ibidem, pag. 737
31 La nascita di un nuovo tipo di buffone, in Trasumanar e organizzar, Vedi Bestemmia, cit. pag. 901.
32 Versi del testamento, in Trasumanar e organizzar, cit. pag. 959.
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Le domande di Pasolini, di Barbara Meazzi

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LA SAGGISTICA

Le domande di Pasolini
di Barbara Meazzi,  Nazione Indiana

Sono andata a rileggermi un po’ di interventi di Pasolini, a partire appunto dall’articolo del Corriere della Sera di quel lontano 14 novembre 1974; saltando di palo in frasca, sono capitata volontariamente su due articoli, uno intitolato “Dove va la poesia?”, del 1959 e uno coevo intitolato “9 domande sul romanzo”. L’unica domanda a cui Pasolini non risponde è l’ultima, quella sugli scrittori preferiti; alle altre, Pasolini reagisce nei confronti della contemporaneità con il solito acume. Cercando di raccapezzarmi nell’universo della letteratura italiana contemporanea - ovvio, non sto cercando di mettermi sullo stesso piano di Pasolini -, osservo invece con sconcerto l’inadeguatezza dei mezzi a mia disposizione, intellettuali - ecco, appunto - e critici.
C’è uno studioso russo, a Mosca, che si occupa di letteratura latinoamericana: si chiama Yuri Girin, un portento d’uomo che sa parlare tutte le lingue e che conosce a memoria tutti i testi dei formalisti russi e non solo quelli. Durante un convegno su “Intertestualità e avanguardie”, questo studioso ha affermato che il concetto di intertestualità funziona perfettamente per il postmodernismo; se applicato a ciò che precede, ci si deve aspettare inadeguatezza. Yuri Girin intendeva essere un po’ provocatorio, forse però non aveva completamente torto.
Non ho mai provato e dovrei: se applico le teorie di Lukacs allo studio di un romanzo di Barbara Garlaschelli, cosa succede? Il risultato della lettura è plausibile, soddisfacente, esaustivo? Come ha fatto Barilli ad accorgersi che arrivava la terza ondata, quella del post-postmodernismo? Ovvero: siamo in grado di studiare, interpretare e capire il senso della produzione letteraria contemporanea? Siamo in grado di farlo osservando l’Italia dall’estero? Sono in grado di farlo coloro che vivono in Italia? Siamo sicuri che per studiare questa letteratura contemporanea si debbano utilizzare gli stessi strumenti critici che si rivelano utili per lo studio, che ne so, della Scapigliatura? Siamo capaci di valutare esteticamente ciò che si pubblica au jour le jour? E anche quello che non si pubblica: io ho un amico aspirante scrittore, si chiama Massimomiro Pusceddu, è bravo, ma non è mai riuscito a trovare un editore. È bravo secondo me; il mio nome è nessuno, però, ahimè e ahi lui.
Una mia studentessa ha proposto una lettura di Ammaniti attraverso Bachelard, e debbo dire che il risultato è stato plausibile, anche soddisfacente - brava la studentessa. Esaustivo? Non vorrei polemizzare, l’immagine dello spazio in Ammaniti è sempre un po’ la stessa: una volta che Bachelard ha fatto il suo dovere, non so se ho davvero capito Ammaniti o se grazie a Bachelard ho regalato ad Ammaniti un po’ di autorevolezza che prima non aveva. Avrei potuto utilizzare altre griglie di lettura, facendo attenzione a non soffocare il testo; se poi intendo studiare a fondo la scrittura di Ammaniti, gli posso sempre scrivere, telefonargli se è un mio amico, chiedergli di parlarmi del suo rapporto con la mamma e poi servirmene per interpretare la sua opera. Non sono sicura che la lettura psicanalitica serva poi davvero per capire il senso dell’opera ammanitiniana, intanto perché essendo Ammaniti Senior quel che è, Ammaniti Junior deve aver inzuppato i biscotti al plasmon nella psicanalisi fin dalla più tenera infanzia; e poi non sono sicura che Ammaniti vada letto come Balzac. Non perché Ammaniti valga di meno o di più, ma perché è un’altra cosa, ed io non ho i mezzi sufficienti e necessari per valutare Ammaniti rispetto ai suoi contemporanei. Ammaniti, Lucarelli, Mozzi. Posso dire hic et nunc che i libri di Stefania Bertola sono un simpatico passatempo per lettrici femminili; fra cinquant’anni autorevoli critici stabiliranno un bilancio credibile sull’opera della Bertola, individuando peraltro una linea piemontese che collega Bruno Gambarotta ad Anna Berra.
Il fatto è che la letteratura è cambiata ed è cambiato il modo di studiarla, è cambiato il modo di far critica letteraria. Da Pasolini a Tondelli… scrivo delle banalità, ma ne rendo conto. È cambiata la letteratura, è cambiato il mondo dell’editoria: quanti libri si pubblicano ogni settimana? Non posso leggere tutto, seguire tutti i blog, le recensioni su Internet, leggere tre quotidiani tutti i giorni, non ce la faccio. Internet ha provocato una rivoluzione culturale, signora mia. I critici sono spiazzati, anche se continuano a fingere di aver letto tutto e di conoscere tutto. I professori universitari annaspano, almeno quelli che si occupano di contemporaneità, per esempio se si chiede loro un giudizio critico sull’opera di Franz Krauspenhaar; mentre gli altri, quelli che studiano la “letteratura alta”, sparlano dei colleghi che osano occuparsi di un Macchiavelli che di nome non fa nemmeno Niccolò. Vogliamo scherzare: considerare sullo stesso piano la figura del principe e quella di Sarti Antonio sergente? Orrore. È vero, i due non stanno sullo stesso piano, e l’unica cosa che hanno in comune è il fatto di essere un prodotto letterario. Per farla breve. Il fatto è che gli studiosi di Niccolò non hanno mai letto niente di Loriano, mentre i lettori di Loriano spesso hanno letto di Niccolò. Passons.
Beato chi si occupa di Apollinaire, morto il 9 novembre 1918: grosse sorprese possono venire solo dalla scoperta di eventuali inediti o lettere che per ora giacciono nelle casseforti dei collezionisti e degli eredi, mentre gli studiosi studiano ed interpretano un corpus delimitato. Con le mailing-list ora non si fatica nemmeno più a sapere che X in Texas ha pubblicato un saggio o un articolo sui Calligrammi. Ma come si fa a fare una bibliografia degli e sugli scritti di Stefano Benni? Se voglio scrivere un articolo su Simona Vinci, devo cominciare con google, anche se so che certi risultati saranno incongrui: tanto, però, in biblioteca nazionale su e di Simona Vinci non c’è nulla. Non sto parlando di differenze tra letteratura “alta” e di letteratura “bassa”, sto parlando semplicemente di come e di cosa studiare nella letteratura contemporanea, “quella roba” che con tenacia continuiamo a leggere con una certa passione e a far leggere anche e persino ai figli dell’Ipod, “quella roba” che - miracolo - permette ai figli dell’Ipod di riconciliarsi con lo studio della letteratura perché in “quella roba” trovano punti di riferimenti significativi, riscontri e magari anche qualche risposta a domande esistenziali. Una volta bastava Leopardi, oggi per arrivare a Leopardi bisogna cominciare da Brizzi, quando va bene, e dalla Giulia Carcasi quando va malissimo. Almeno leggono: il fine giustifica i mezzi - comme disait l’autre.
Torniamo a Pasolini, allora, e alle domande cui egli rispondeva nel lontanissimo 1959: forse è da lì che bisogna cominciare, o ricominciare.

Tema n. 1: Lo scrittore deve possedere una ideologia?
Tema n. 2: Qual è il rapporto tra lo scrittore e il neocapitalismo?
Tema n. 3: Cultura o poetica?
Tema n. 4: Qual è il rapporto tra ideologia e stile?

Le ideologie ed il neocapitalismo si sono trasformati; la poesia, quella vera, dovrebbe tuttavia continuare ad andare dalla stessa parte. Dovrebbe. Molto più complesso il discorso sul romanzo:

1) Credete che ci sia una crisi del romanzo in quanto genere letterario o piuttosto una crisi del romanzo in quanto il romanzo partecipa della crisi più generale di tutte le arti?
2) Si parla molto del romanzo saggistico. Pensate che esso sia destinato a prendere il posto del romanzo di pura rappresentazione (ossia behaviourista?). In altri termini Musil sostituirà Hemingway?
3) La scuola narrativa francese di cui fanno parte Butor, Robbe-Grillet, Nathalie Sarraute e altri proclama che il romanzo volta definitivamente le spalle alla psicologia. Bisognerebbe far parlare gli oggetti, tenersi ad una realtà puramente visiva. Qual è il vostro parere?
4) Non vi sarà sfuggito che i romanzi moderni sono scritti sempre meno in terza persona, sempre più spesso in prima persona. E che questa prima persona tende sempre più ad essere la voce stessa dell’autore [...]. Credete che si potrà mai tornare al romanzo di pura oggettività, del tipo ottocentesco? Oppure pensate che il romanzo oggettivo non è più possibile?
5) Che cosa pensate del realismo socialista nella narrativa?
6) Il problema del linguaggio nel romanzo è prima di tutto il problema del rapporto dello scrittore con la realtà della sua narrativa. Credete che questo linguaggio debba essere trasparente come un’acqua limpida in fondo alla quale si distinguono tutti gli oggetti, in altri termini credete che il romanziere debba lasciar parlare le cose? Oppure credete che il romanziere debba prima di tutto essere scrittore e anche perfino vistosamente scrittore?
7) Che cosa pensate dell’uso del dialetto nel romanzo? Credete che si possa dire tutto con il dialetto, sia pure in maniera dialettale? Oppure pensate che soltanto la lingua sia il linguaggio della cultura e che il dialetto abbia dei limiti molto forti?
8) Credete alla possibilità di un romanzo nazionale storico? Ossia nel quale in qualche modo siano rappresentati i fatti d’Italia, recenti o meno recenti. Credete che sia possibile, in altri termini, ricostruire vicende e destini che non siano puramente individuali? E fuori del tempo storico?
9) Quali sono i romanzieri che preferite e perché?” ***

Sembreranno domande anacronistiche, ma io non so rispondere a nessuna, nemmeno all’ultima… Sono questi i drammi del post-postmodernismo, probabilmente; ai posteri l’ardua sentenza.

 *** (In Pier Paolo Pasolini, «Dove va la poesia?» (1959) ; «9 domande sul romanzo» (1959), Pier Paolo Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, Milano, I Meridiani, 1999, p. 2734-2745) 

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[Barbara Meazzi, italianista, è maître de conférences all'Université de Savoie, Chambéry. Con lei ho da tempo un bello scambio epistolare. Ho chiesto ed ottenuto da Barbara di rendere pubblica una sua lunga considerazione giuntami in email. Eccola. G.B. di Nazione Indiana]

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Passione e ideologia. Il teatro (è) politico, di Stefano casi e Elena di Gioia, Teatri di Vita edizioni

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"Pagine corsare"
IL TEATRO - LIBRI
Bologna, Teatri di Vita, Sala Pasolini

Passione e ideologia. Il teatro (è) politico
a cura di Stefano Casi e Elena Di Gioia
Teatri di Vita edizioni / Editoria & Spettacolo, 2012


C’era una volta il “teatro politico”. C’è oggi il bisogno di rievocare e rinominare i due termini di questa espressione: il teatro e la politica, con una ricchezza di interventi che rilancia la questione sotto il segno pasoliniano di “passione e ideologia”, per rintracciare i segni di nuove passioni e nuovi pensieri in grado di dialogare con i tempi.
Ecco, allora, le riflessioni aperte di 22 tra studiosi, critici, osservatori, provenienti in gran parte dal teatro ma non solo, che provengono dal convegno (dal titolo omonimo) organizzato a Teatri di Vita il 10-11 ottobre 2011. Con il tentativo di ridefinire confini o di spalancare prospettive; di individuare percorsi o di lanciare provocazioni; di raccontare mondi o di cogliere segnali…
E poi, le intuizioni fulminanti di 35 artisti della scena contemporanea, con la sapienza, l’intelligenza e la visionarietà di chi il teatro “politico” lo vive ogni giorno sulle assi del palcoscenico o nelle azioni performative di nuovi linguaggi.
Un libro in “due atti” per svelare l’universo vivace e articolato del teatro contemporaneo che si interroga sul tempo presente.
Gli studiosi e osservatori: Antonella Agnoli, Sandro Avanzo, Rossella Battisti, Letizia Bernazza, Daria Bonfietti, Marco De Marinis, Lorenzo Donati, Mimma Gallina, Roberto Grandi, Katia Ippaso, Giuseppe Liotta, Lorenzo Mango, Gianni Manzella, Laura Mariani, Massimo Marino, Leonardo Mello, Renata M. Molinari, Enrico Pitozzi, Marco Pustianaz, Franco Ricordi, Paolo Ruffini, Rodolfo Sacchettini.
Gli artisti: Andrea Adriatico, Babilonia Teatri, Pietro Babina, Francesca Ballico, Alessandro Bergonzoni, Roberta Biagiarelli, Elena Bucci, Romeo Castellucci, Ascanio Celestini, Giuseppe Cutino, Emma Dante, Pietro Floridia, Bruna Gambarelli, Eva Geatti, Fabrizio Gifuni, Elena Guerrini, Saverio La Ruina, Chiara Lagani, Roberto Latini, Sandro Lombardi, Marco Martinelli, Stefano Massini, Flavia Mastrella, Fiorenza Menni, Claudio Morganti, Enzo Moscato, Daniela Nicolò, Fausto Paravidino, Mario Perrotta, Antonio Rezza, Giuliano Scabia, Spiro Scimone, Marco Sgrosso, Daniele Timpano, Emanuele Valenti.


*  *  *


Stefano Casi
Parte tutto da un convegno. Era l'ottobre dello scorso anno e a Bologna, a Teatri di Vita, Stefano Casi ed Elena Di Gioia organizzavano una due giorni ricca di dibattiti e interventi intorno a “Passione e ideologia. Il teatro (è) politico”. Un titolo che rimandava inevitabilmente al saggio di critica letteraria di Pasolini e alle esperienze di teatro politico del passato, in tutte le loro dimensioni.
Partendo da ciò che storicamente è stato, il convegno intendeva sottolineare il potente ancorarsi al presente di una dimensione politica del teatro, ancora e soprattutto oggi necessaria, mostrandola nelle sue metamorfosi e nei suoi legami più attuali. Si riaffermava insomma una concezione del termine "politico" che va oltre la natura ideologica o propagandistica di un certo teatro del passato, per abbracciare un insieme di relazioni - potenzialmente infinite - che lo legano alla società civile, all'attualità, allo spettatore, alla nostra realtà, con tutti i rischi di un'eccessiva ampiezza del tema.
Da quelle riflessioni è nato un volume che raccoglie proprio le voci e le riflessioni di quelle giornate. Particolarità del libro è stata quella di uscire in prima battuta come e-book e solo successivamente anche in edizione cartacea, edito da Editoria & Spettacolo. L'e-book è stata una scelta fondamentale per i curatori, Casi e Di Gioia: una modalità per renderlo acquistabile facilmente, contenendo il prezzo a 4,94 euro per favorirne la diffusione fra teatranti e studenti.
Anche questa una scelta inevitabilmente politica.  

Nella ricchezza di argomenti coinvolti nelle trecento pagine (impossibile accennarli tutti in questa sede), il volume si apre con una ricognizione di Marco De Marinis sulle principali modalità di teatro politico nel Novecento. De Marinis ne cita almeno tre: il teatro dai contenuti politici (da Brecht a Piscator allo Strehler post-'68 fino ai tanti spettacoli politicamente impegnati soprattutto degli anni '70); l'uso politico del teatro, che più che trasmettere messaggi ideologici mirava a cambiare il rapporto tra attore e spettatore, cercando di attivare il pubblico stesso e dilatando il fatto teatrale oltre i suoi materiali confini (quel 'teatro a partecipazione' di Giuliano Scabia ma anche di autori come Grotowski, Eugenio Barba, Peter Brook o del Terzo Teatro). E infine un teatro che ha lavorato al rinnovamento del linguaggio scenico-espressivo, e quindi dei suoi segni: a partire da Artaud per arrivare a Carmelo Bene, Socìetas Raffaello Sanzio, Teatro Valdoca...  
C'è poi chi ha agito contemporaneamente su tutti e tre questi aspetti: De Marinis ricorda il Living Theatre o, per guardare all'Italia, Leo De Berardinis, Alfonso Santagata e Claudio Morganti, Carlo Cecchi...
Ma come agisce, oggi (dai famigerati Anni Zero in poi), il teatro "politico"? La definizione non è certo peculiarità solo del teatro civile o di quelle forme di denuncia alternative all'informazione più canonica, che portano oggi sui palcoscenici di città e province perfino volti noti della tv.
La maggior parte della scena contemporanea, nella diversità delle sue forme, è politica. Perché esprime un punto di vista sul presente, perché sperimenta linguaggi e rapporti col suo pubblico, perché si presta ad essere veicolo da ricognizione civile... nonostante talvolta si dimentichi perfino di essere destinata ad un pubblico (e in certa misura minando, allora, la sua vocazione politica).
Se, potenzialmente, ogni azione (teatrale) è politica, tanti e diversissimi fra loro sono, nel volume, i riferimenti al presente più prossimo: dall'azione degli occupanti del Teatro Valle a Roma (cui Franco Ricordi auspica di elevarsi sempre al di sopra dell'ideologia, senza schierarsi a Destra o a Sinistra, ma mantenendo chiare le proprie rivendicazioni in quanto questioni etico-estetiche), all'ironico riferimento di Rossella Battisti alla morte del Bagaglino: simbolo della caduta perfino della satira, in un Paese in cui il Parlamento si avvicina ad esserne una forma tragicamente reale (e, tra l'altro, quasi l'unica a non avere problemi di censura).
Fra gli esempi di impegno teatrale "attivo" Sandro Avanzo ricorda l'esperienza del Teatro della Cooperativa di Milano, fondato da Renato Sarti in un quartiere periferico e popolare (storicamente di Sinistra fino a quindici anni fa, per poi deviare verso gli ideali "incalzanti" della Lega), che sceglie - attraverso la sua programmazione - di rapportarsi ogni anno in maniera importante con il passato, così da farsi strumento di informazione (o controinformazione) ma anche di pensiero critico sul presente: l'intenzione è recuperare in pieno la capacità del teatro di proporsi come occasione di riflessione politica, anche attraverso linguaggi leggeri, modalità non da sottovalutare né da guardare con snobismo, se a una comunità - non di soli addetti ai lavori! - dobbiamo/vogliamo rivolgerci. E senza dimenticare (aspetto spesso trascurato dal nostro teatro contemporaneo) come il teatro sia anche, come direbbero Oltremanica, 'entertainment'.
Impossibile, per la natura professionale di chi scrive, tralasciare il contributo un po' a latere di Antonella Agnoli, una riflessione che si sposta dal teatro in senso stretto ad un altro luogo della Polis destinato alla cultura e alla comunità: la biblioteca, tracciando un trait d'union fra questi due spazi che, in azione sinergica, potrebbero lavorare per obiettivi o strategie comuni. Primo fra tutti l'attirare pubblici nuovi e diversi, andando oltre quella naturale barriera che li vede come "antri per persone acculturate". Cercare insomma di incuriosire anche chi non è abituato a varcarne la soglia, affinché si crei "l'abitudine a considerare i servizi culturali parte della nostra vita quotidiana – conclude Agnoli – così come lo sono il caffè, il supermercato, la lavanderia". Un concetto che in Italia pare ancora assai lontano.
Da questo punto di vista, è però evidente come molto sia stato fatto in questi ultimi anni in Italia dalle biblioteche (ad esempio diversificando il materiale disponibile: dai libri ai dvd, dalla musica a giornali, e-book, audiolibri... per non parlare delle diverse attività proposte, o all'attenzione nello studio di architetture ed interni, senza dimenticare orari di apertura sempre più ampi - nonostante i tagli che anche qui si abbattono -, e una sempre maggiore specializzazione del personale...). Ancora troppo poco, invece, vengono aperte le porte dei teatri, che pur nella limitata disponibilità di mezzi economici, dovrebbero davvero lottare per tornare ad essere antiche agorà, punto di incontro e scambio: culturale, politico, emozionale...

Il teatro è un lusso?

Il teatro è un lusso? E' la domanda posta da Roberto Latini
A concludere il volume, come in un "secondo atto", la parola passa ad una lunga lista di artisti (da Daniela Nicolò dei Motus a Babilonia Teatri passando per Mario Perrotta, Emma Dante, Romeo Castellucci, Daniele Timpano, Sandro Lombardi, Andrea Adriatico, Ascanio Celestini, Chiara Lagani e molti altri), cui i curatori hanno chiesto un pensiero sul teatro politico che frequentano/mettono in scena quotidianamente.
Ne emergono una trentina di esperienze che, in alcuni casi in particolare, sono anche perfetta testimonianza dello stile e del linguaggio teatrale dell'artista.
E mentre Saverio La Ruina ci narra come il suo teatro rispecchi in fondo la sua Calabria fatta di contraddizioni e ospitalità, o Antonio Rezza ribadisca come l'artista non debba essere coinvolto nella gestione del potere, è con il pensiero di Francesca Ballico, che immette una nuova fondamentale declinazione all'interno del ragionamento, che vogliamo terminare.
"Sento fortemente il bisogno di una parola diversa, oltre a politico. Una parola che avverto necessaria accanto alla parola teatro. Questa parola è poetico. E' per scavare un po' più a fondo all'evidenza. [...] Il bisogno che il discorso politico, o l'intrattenimento, o il semplice trucco del mestiere, vada a sfiorare quel punto di poesia. A volte ne basta anche uno solo per rendere necessario lo spettacolo. [...] E' questo bisogno di poesia una necessità politica? Sì, lo credo fermamente. Ci sono troppe chiacchiere inoffensive, troppi discorsi svuotati, troppi movimenti che riconducono al solito punto. Troppi inganni, «in questi tempi di disumana umanità» (Brecht)".

Stefano Casi
*  *  *


E-BOOK disponibile in due formati:


FORMATO KINDLE

ISBN 978-88-907466-2-8
acquistabile su Amazon (euro 4,94).

FORMATO PDF
ISBN 978-88-907466-4-2
(euro 4,94).

IN VERSIONE VOLUME CARTACEO il libro è acquistabile nelle normali librerie, nelle librerie on line come Amazon o Internetbookshop o presso l’editore Editoria & Spettacolo.
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Su Pasolini. Ultime notizie dal MoMA di New York

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LE NOTIZIE

Su Pasolini.
Ultime notizie dal MoMA di New York

Round Table on Pasolini with Ninetto Davoli


"Medea" di Pasolini applauditissima al Moma di New York
15 dicembre 2012, http://ilpiccolo.gelocal.it/

«Il mondo e New York oggi sono ingordi di Pier Paolo Pasolini»: alla prima mondiale di “Medea” restaurata al Moma, Ninetto Davoli era al settimo cielo. «Lui, che è stato il poeta, scrittore, regista più amato e odiato del suo tempo, sarebbe stato entusiasta di questo evento», ha detto l’attore che Pasolini scoprì ragazzino e che ha lavorato in tante sue pellicole storiche, dal “Vangelo secondo Matteo” all’ultimo “Il fiore delle Mille e una notte”. 
Tutto esaurito in sala (tra gli ospiti lo scenografo Dante Ferretti, che cominciò proprio con Pasolini e che ha regalato all’Italia tre premi Oscar) per un omaggio a quello che il direttore del Moma Glenn Lowry ha definito «una vera icona italiana». 
La rassegna su Pasolini coincide con il lancio dell’Anno della Cultura Italiana negli Usa inaugurato a Washington dal ministro degli Esteri Giulio Terzi. «La cultura è la strada per uscire dalla crisi», ha detto prima della proiezione il ministro della Cultura Lorenzo Ornaghi, notando come l’amicizia con il Moma sia stata sempre preziosa per la cultura italiana e che il museo e l’Istituto Luce Cinecittà che ha co-prodotto la rassegna pasoliniana hanno già portato due anni fa a New York un’importante retrospettiva di Bernardo Bertolucci e si preparano a fare lo stesso con Marco Bellocchio. 
Pasolini girò “Medea” nel 1969, traendo ispirazione e scorci da alcuni splendidi angoli della laguna di Grado, e disse che aveva riprodotto nella pellicola tutti i temi dei suoi film precedenti: il confronto tra un universo arcaico, ieratico e clericale e il mondo di Giasone, razionale e pragmatico. «È uno dei pochi suoi film a cui non ho partecipato perché facevo il servizio militare», ha raccontato Davoli: «Pier Paolo però mi fece conoscere Maria Callas di cui non avevo mai sentito parlare. Mi disse: è una straordinaria cantante lirica. Io non sapevo cosa fosse la lirica. Avevo 18 anni».

* * *
Pasolini a New York

dI Alessandra Mattanzawww.leiweb.it, 16 dicembre2012
Un’immagine di Pasolini a New York nella galleria Location One
New York è conquistata dalle parole e dalle immagini del grande poeta, regista, scrittore e artista Pier Paolo Pasolini. Il MoMA, insieme a Cinecittà e al Fondo Pier Paolo Pasolini / Cineteca di Bologna, lo celebrano infatti con una retrospettiva di tutta la sua opera fino al 5 gennaio 2013, oltre che con diversi eventi. E il tutto è stato sponsorizzato da Gucci. “Sono da sempre molto affezionata all’opera di Pier Paolo Pasolini, figura di spicco tra gli intellettuali del XX secolo” ha commentato il Direttore Creativo di Gucci Frida Giannini. “Ringrazio Istituto Luce Cinecittà per avere dato a Gucci la possibilità di supportare l’esibizione di Pasolini a New York. Una mostra completa degli scritti, dei film, dei quadri del grande artista che aiuterà a fare approfondire in America la figura e il genio creativo, poliedrico e sempre attuale, di Pier Paolo Pasolini”.
Maria Callas in “Medea”

In The Roy and Niuta Titus Theaters sono proiettati così ogni sera i film del grande maestro: da “Medea” che è stato il film del gala di apertura, a, tra gli altri, “Accattone”, “Le Streghe”, “Comizi d’amore”, “Uccellacci e Uccellini”, “Il Vangelo Secondo Matteo”, “Mamma Roma”, “Edipo Re”, “Teorema”, “Porcile”, “Il Decameron”, “Salò o le 120 giornate di Sodoma”.
Anna Magnani in “Mamma Roma”

Venerdì sera nello stesso teatro ha avuto luogo una serata di poesia, davvero magica, con rime di Pasolini proiettate sullo sfondo del palcoscenico, come in una grande installazione, lette e interpretate da diversi attori italiani come Alba Rohrwacher, Pierfrancesco Favino, Ninetto Davoli, Giuseppe Fiorello, che ha cantato una canzone di Modugno, Lidia Vitale, Michele Riondino, Anne Waldman, sotto la supervisione di Dante Ferretti. Tantissimi poi sono stati e sono gli eventi collaterali, per una “febbre pasoliniana” incontenibile.
Gli attori che hanno recitato le poesie di Pasolini nel teatro del MoMA (fotografia: C. Scott Rudd)

Il MoMA PS1, il distaccamento del grande museo nel Queens, presenta fino al 7 gennaio la mostra “Pier Paolo Pasolini: Teorema, Salò, Medea”, con installazioni cinematografiche ed esposizioni di locandine di film, anche internazionali. Durante la manifestazione viene lanciato il libro “My own films”, un’antologia di interviste, storie, articoli di giornale e sceneggiature dall’archivio dello stesso Pasolini.
Molto interessante è la mostra “Pier Paolo Pasolini: Portraits and Self-Portraits” alla galleria Location One (26 Greene Street), a Soho. Qui sono in esposizione 40 disegni e quadri di Pasolini, inclusi un ritratto di Maria Callas, di Ninetto Davoli, interprete di molti suoi film, del professore d’arte Roberto Longhi, presso l’Università di Bologna, che ispirò l’artista e di molti volti di gente comune. Una particolarità è un raro autoritratto, restaurato di recente da Luce Cinecittà, e in mostra al pubblico per la prima volta.
* * *
Pasolini al Moma di New York
testimone del suo e del nostro tempo
di Emanuele Bigihttp://www.ilsole24ore.com/

"Pasolini testimone del presente", così si intitola il saggio introduttivo di Roberto Chiesi che apre il libro Pier Paolo Pasolini, il mio cinema, pubblicato dalla Cineteca di Bologna in occasione della retrospettiva (fino al 5 gennaio 2013) che il MoMA di New York dedica al nostro poeta-regista.
Pasolini continua a guardare sul nostro presente per la sua capacità di leggere il tempo, e continua ad essere letto e visto proprio per comprendere le trame che lo hanno guidato così lontano e per decifrare il presente così sfuggente e confuso. Lo scrittore, il poeta, il regista, l'autore teatrale, il saggista e il pittore "è testimone dell'estinzione del mondo popolare, trasformato in massa", prosegue Chiesi.

La causa? Quella che Pasolini chiamava "omologazione". Per combatterla e per raccontarne la pericolosità si affida alla scrittura, ma dall'inizio degli anni Sessanta sperimenta il cinema con "Accattone" (1961), lasciando il segno, "superando le istanze neorealistiche all'insegna di un originale neoespressionismo. Il suo è un cinema dalla natura profondamente pittorica, caratterizzato da un'ostentata frontalità". Pasolini impugna l'arma della settima arte, facendola sua, tramutandola in strumento trasgressivo, sia per i temi trattati che per il linguaggio adottato.
Il MoMA proporrà tutti i suoi film in copie nuove di zecca, preparate nel corso di due anni dall'Istituto Luce Cinecittà, alcune delle quali sono state restaurate dalla Cineteca di Bologna. Si parte dal periodo "popolare nazionale" in cui si contano tra gli altri "Mamma Roma" (1962), "Il Vangelo secondo Matteo" (1964), e il divertente "La terra vista dalla Luna" (1966). Segue il periodo "impopolare" di "Teorema" (1968), "Porcile" (1969) e "Medea" (1969), in cui l'attacco al consumismo esasperato è diretto e affilato.
Chissà cosa direbbe oggi Pasolini, o meglio, che cosa direbbe dei prossimi quarant'anni. Basta osservare il passato, proprio come ha fatto lui girando "Edipo Re" (1967), "Il Decameron" (1971), "I racconti di Canterbury" (1972) e "Il fiore delle mille e una notte" (1974). Solo osservando ciò che è stato possiamo capire ciò che sta accadendo. E infine si arriva all'urlo più forte e trasgressivo, quello di "Salò o le 120 giornate di Sodoma" (1975), bloccato per anni dalla censura, un urlo che si perpetua nel tempo: quello stuolo di corpi sopraffatto dal potere sembra parlarci dell'oggi.
Oltre alla retrospettiva, Pasolini sarà protagonista della mostra allestita nella galleria Location One, che mette insieme oltre 40 disegni e dipinti del poeta italiano, raramente esposti prima, provenienti dal Fondo Pier Paolo Pasolini e custoditi presso l'Archivio Contemporaneo "Alessandro Bonsanti" del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux di Firenze.

Pier Paolo Pasolini - 13 dicembre 2012– 5 gennaio 2013 - The Roy and Niuta Titus Theaters (MoMA)
Evento coprodotto da Istituto Luce Cinecittà, The Museum of Modern Art - www.moma.org   -  www.cinecitta.com

* * *
Un recital per Pier Paolo Pasolini
al MoMA di New York

17 dicembre, 2012 

“Ogni generazione dovrebbe avere il suo Pasolini”.

E’ con queste parole che Jytte Jensen, curatrice del Museum Of Modern Art di New York,
ha presentato la retrospettiva che dal 12 dicembre al 5 gennaio celebra la figura
di Pier Paolo Pasolini. Mentre alla National Gallery di Washington si inaugura l’Anno della Cultura italiana negli Stati Uniti, a New York prende infatti il via un intenso programma di proiezioni ed eventi dedicati al talento cinematografico
 ma anche poetico, artistico e letterario, di Pasolini.
Commozione ed applausi per l’inaugurazione della manifestazione dedicata a Pier Paolo Pasolini al MoMA di New York, che ha visto il tutto esaurito per la prima mondiale di “Medea” restaurata e grande partecipazione al recital di poesie interpretate da Ninetto Davoli, Pierfrancesco Favino, Anna Ferzetti, Giuseppe Fiorello, Michele Riondino, Alba Rohrwacher, Lidia Vitale, Anne Waldman, Natasha Rajdovic, con la supervisione di Dante Ferretti. I brani proposti sono stati tratti da una selezione realizzata dallo stesso autore per una sua antologia di poesie del 1970.
Il ministro Lorenzo Ornaghi ha salutato il pubblico in sala, plaudendo l’evento che segna l’inizio delle celebrazione, nel 2013, dell’Anno della cultura italiana negli Stati Uniti. Ad aprire la serata l’attrice Alba Rohrwacher che ha letto lo struggente brano “Supplica a mia madre”. Poi è toccato ai colleghi italiani che hanno interpretato poesie tratte da “La religione del mio tempo”, “Transumanar e organizzar” e “Le ceneri di Gramsci”. Giuseppe Fiorello, nell’inedita veste di cantante, ha interpretato la canzone scritta da Pasolini insieme a Domenico Modugno “Che cosa sono le nuvole”: “Per arrivare al cuore del pubblico americano e non solo, ho cercato di conoscere meglio la sua anima per cantare i suoi versi e trasmettere tutta l’emozione che sento”. L’ultimo brano è stato letto dalla poetessa americana Anne Waldman.
A conclusione della serata, un montaggio di brani di interviste di Pasolini raccolte sotto il titolo “Critica all’omologazione”, realizzata dal Fondo Pier Paolo Pasolini-Cineteca di Bologna.
“Pasolini ha visto e denunciato chiaramente un fenomeno di cui ci siamo accorti molto tempo dopo: la distruzione di una cultura, la trasformazione di ogni processo culturale in processo economico - ha commentato Alba Rohrwacher - E’ molto difficile essere poeta disilluso, profeta, regista…”.
L’attore Pierfrancesco Favino ha ricordato che “lo scrittore Alberto Moravia nell’orazione funebre per Pasolini disse che prima di tutto avevamo perso un poeta. Che in un secolo, di poeti ne nascono tre o quattro e che il poeta dovrebbe essere sacro. Queste parole mi sono sempre rimaste in mente perché raccontano molto bene la fragilità e la delicatezza della sua poesia e quanto sia necessario preservarla e proteggerla. Tutti noi sogniamo a volte di voler vivere in altre epoche, in altre città, io vorrei poter tornare indietro per conoscere Pasolini, per ascoltarlo, per sentire da lui la luce che ha lasciato accesa sotto forma di parole”.
Ninetto Davoli ha ricordato il suo primo incontro con Pasolini sul set de La ricotta: “Era il 1963, io avevo 15 anni e mi trovavo da quelle parti per caso, da quel momento la mia vita è cambiata completamente. Mi trovai catapultato in un mondo fatto di intellettuali, letterati, poeti. Io ho avuto molto da Pier Paolo, moltissimo, ma anche lui avvicinandosi a me ha potuto accostarsi e comprendere meglio il mio mondo, quello della borgata, un mondo naturalmente poetico che Pasolini ha sempre difeso”.
“Sono da sempre molto affezionata all’opera e alla persona di Pasolini, figura di spicco tra gli intellettuali del XX secolo - ha affermato il Direttore creativo di Gucci Frida Giannini. Ringrazio Istituto Luce Cinecittà per avere dato a Gucci la possibilità di supportare questa importante esibizione a New York. Una mostra completa degli scritti, dei film, dei quadri del grande artista che aiuterà ad approfondire in America la figura e il genio creativo, poliedrico e sempre attuale, di Pasolini”.
Roberto Cicutto, AD di Istituto Luce Cinecittà – presente insieme al presidente Rodrigo Foresio Cipriani – ha ricordato di non aver conosciuto Pasolini. “I miei primi anni romani (cominciati nel 1967) sono, come per molti altri, impregnati del lavoro e del pensiero di Pasolini. Il mio primo incontro con lui fu la proiezione de Il Vangelo secondo Matteo in quella che allora si chiamava ‘Arena’ alla Mostra del Cinema di Venezia. Era il 1964 e mai avrei immaginato che quasi quarant’anni dopo avrei ‘convissuto’ con Pasolini dopo la sua morte. Lo devo a Laura Betti per la cui regia assieme a Carlo Degli Esposti ho prodotto il suo unico film Pier Paolo Pasolini e le ragioni di un sogno. E’ per questa ragione che oggi vorrei che Laura fosse presente in queste giornate. Senza di lei forse non saremmo qui a rendere omaggio al poeta, al regista, all’intellettuale italiano più celebrato nel mondo”.
Il recital fa parte del programma di appuntamenti dedicati al grande autore scomparso - tra cui una retrospettiva completa dei suoi film - che si svolgono fino al 5 gennaio a The Roy and Niuta Titus Theaters (MoMA). L’evento Pier Paolo Pasolini è coprodotto da The Museum of Modern Art, New York, e Istituto Luce Cinecittà. La manifestazione supportata da Gucci, è organizzata da Jytte Jensen, Responsabile della sezione Cinema del MoMA, e da Camilla Cormanni e Paola Ruggiero, Istituto Luce Cinecittà; con Roberto Chiesi, Fondo Pier Paolo Pasolini-Cineteca di Bologna; e Graziella Chiarcossi. Presentata in associazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Un ringraziamento speciale all’Istituto Italiano di Cultura di New York.

* * *
Il MoMA per Pier Paolo Pasolini

Istituto Luce Cinecittà, The Museum of Modern Art e il Fondo Pier Paolo Pasolini/Cineteca di Bologna presentano “Pier Paolo Pasolini”, una retrospettiva completa che celebra la produzione cinematografica del regista, dal 13 dicembre 2012 al 5 gennaio 2013 al MoMA di New York. L’eredità dei film di Pasolini è contraddistinta da un occhio infallibile per la composizione cinematografica e da una semplicità stilistica all’interno di una varietà di generi - molti dei quali rielaborati secondo le proprie inclinazioni e plasmati con il suo tocco distintivo. Un talento unico, quello di Pasolini, nel creare immagini che evocano le verità interiori della sua breve vita (1922-1975) e che davvero rendono unici i suoi film. La retrospettiva completa presenta i celebri film di Pasolini in copie nuove, realizzate da Istituto Luce Cinecittà in due anni di lavoro. Alcune di esse sono state recentemente restaurate dalla Cineteca di Bologna. L’evento è organizzato da Jytte Jensen, Responsabile della sezione Cinema del MoMA, e da Camilla Cormanni e Paola Ruggiero, Istituto Luce Cinecittà, con Roberto Chiesi, Fondo Pier Paolo Pasolini-Cineteca di Bologna e Graziella Chiarcossi.
Le opere cinematografiche di Pasolini (Bologna, 1922-1975) corrispondono approssimativamente a quattro periodi della vita socialmente e politicamente impegnata dell’artista. Il primo, “Il cinema popolare nazionale”, comincia con il suo primo film, “Accattone” (1961), che immediatamente lo segnala come regista dal prodigioso talento. A caratterizzare questa fase, che culminerà con il magistrale “Il Vangelo secondo Matteo” (1964), lavori come “Mamma Roma” (1962) e una serie di divertenti film a episodi - tra i quali “Uccellini e uccellacci” (1966) e “La terra vista dalla luna” (1966) - che contengono un intenso e onesto ritratto di persone che vivono ai margini della società. Considerato come un pensatore provocatorio e un artista audace con una visione senza compromessi, la fase centrale della produzione di Pasolini è spesso definita come “Il cinema impopolare”, nella quale le sue critiche graffianti verso la borghesia conducono all’appassionata immediatezza di film come “Teorema” (1968), “Porcile” (1969) e una moderna interpretazione di “Medea” (1969).
“La trilogia della vita” - “Il Decameron” (1971), “I racconti di Canterbury” (1972) e “Il fiore delle mille e una notte” (1974) - girata tra il 1970 e il 1974, è una esaltante reinterpretazione di racconti e favole tradizionali che mantengono la loro universalità nonostante siano interpretati in chiave moderna. Come dichiarato dallo stesso Pasolini, la scelta di soffermarsi sul passato è motivata dal fatto che esso riflette il presente più profondamente. L’ultima fase, spesso definita come “L’abiura della trilogia della vita”, è rappresentata dall’ultimo disperato film del regista, “Salò o le 120 giornate di Sodoma” (1975), bloccato per anni dalla censura.
Ad affiancare la retrospettiva, una serie di eventi per omaggiare la poliedrica carriera di Pasolini. Il 12 dicembre a Casa Italiana Zerilli-Marimò - New York University si svolgerà una tavola rotonda sulla sua eredità artistica coordinata da Antonio Monda, mentre il 13 dicembre l’Istituto Italiano di Cultura diretto da Riccardo Viale ospiterà un seminario dal titolo “Pasolini: uno scrittore per il nuovo millennio”, con un gruppo di esperti moderati da Fabio Finotti, professore ordinario presso la University of Pennsylvania (Philadelphia, USA), e la presentazione del libro “Pier Paolo Pasolini, il mio cinema”, un’antologia che include interviste, storie, annotazioni, testi preliminari, soggetti e sceneggiature recuperati dagli archivi di Pasolini, a cura della sua unica erede, Graziella Chiarcossi, con la collaborazione di Roberto Chiesi (Fondo Pasolini-Cineteca di Bologna) e pubblicato da Cineteca di Bologna e Istituto Luce Cinecittà. Il 14 dicembre, una serata con letture di brani e poesie da parte di famosi attori italiani e americani supervisionata da Dante Ferretti (che iniziò la sua carriera di scenografo proprio con Pasolini), esalterà il talento del Pasolini saggista, poeta e autore. Dal 15 dicembre, la galleria Location One ospiterà una mostra che metterà insieme oltre 40 disegni e dipinti di Pasolini, raramente esposti prima d’ora, provenienti dal Fondo Pier Paolo Pasolini e custoditi presso l’Archivio Contemporaneo “Alessandro Bonsanti” del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux di Firenze. Il 16 dicembre, MoMA PS1 ospiterà un programma di performance di artisti contemporanei ispirate a Pasolini, curata dal direttore Klaus Biesenbach.
MoMA PS1 mostrerà inoltre “Salò e le 120 giornate di Sodoma”, “Teorema” e “Medea” attraverso istallazioni cinematografiche permanenti durante tutto il corso della retrospettiva.

* * *
40 opere di Pier Paolo Pasolini esposte al MoMa di New York
17 dicembre, 2012, http://www.megamodo.com/ 

La mostra “Pier Paolo Pasolini: ritratti ed autoritratti” presenta 40 opere (disegni e dipinti) realizzati da Pier Paolo Pasolini. Nella selezione sono inclusi ritratti di Maria Callas, Ninetto Davoli e Roberto Longhi, professore all’Università di Bologna e storico dell’arte, a cui Pasolini riconobbe la sua passione per le arti figurative.
Sarà possibile vedere anche gli autoritratti di Pasolini, raramente esposti in America e per la prima volta “Ritratto di un ragazzo”, restaurato dallo staff Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze, grazie al supporto di Luce Cinecittà.
Spiega Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi – Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna: “La maggior parte dei disegni e degli olii esposti nella mostra Pier Paolo Pasolini Portraits and Self-portraits, appartengono al biennio 1941-1943. È uno dei periodi cruciali nell’esistenza di Pasolini perché comprende l’ultima fase della sua permanenza a Bologna e il momento del trasferimento a Casarsa, in Friuli, il paese di cui era originaria sua madre Susanna. Ma anche negli ultimi mesi in cui rimane nella città petroniana, Pasolini ha già eletto Casarsa a dimensione mitica e umile della propria poesia e della propria immaginazione.
Nello stesso periodo in cui sperimenta inedite forme lessicali per dare un’esistenza letteraria alla lingua e ai suoni di questo mondo (nel 1942 pubblica la sua prima raccolta di versi Poesie a Casarsa, scrivendo, per primo, nella lingua friulana di Casarsa), Pasolini disegna e dipinge con altrettanta prolificità e dedizione. Uno dei primi fenomeni che colpisce, scorrendo la serie di disegni del biennio 1941-’43, è la sicurezza di un autore che a vent’anni possiede già una propria iconografia, un metodo, uno stile.
Pasolini infatti non sta cercando ma ha già trovato. Ha già scelto i suoi modelli di riferimento (De Pisis soprattutto) e uno stile essenziale, ellittico, materico, di linee e segni che in pochi tratti condensano un gesto, una postura, la tensione corporale e l’abbandono di un volto sorpreso in una luce solo apparentemente casuale.
Il giovane Pasolini disegna un universo familiare e domestico abitato quasi esclusivamente da figli e madri e troviamo già un’icona che ricorrerà nel suo cinema: il giovane che stringe un fiore fra le mani, come un dono allusivo.
Inoltre il giovane pittore è già attratto dalla sperimentazione di una “materia difficile, impossibile”: alcuni disegni (Guido a letto) sono su cellulosa, che egli chiama cellophane. Nel 1970 userà petali, vino e sostanze organiche per dipingere alcuni ritratti di Maria Callas.
Fra le opere degli anni successi al ’43, spiccano i due bellissimi autoritratti giovanili, Autoritratto con vecchia sciarpa (tempera su faesite, 1946) e Autoritratto col fiore in bocca (tempera su faesite, 1947). In entrambi lo sguardo è cieco, non è visibile a differenza dei disegni dove ritrarrà le proprie sembianze quasi vent’anni più tardi.
Nell’Autoritratto con vecchia sciarpa le pupille sono due macchie nere, fosche, senza luce, racchiuse dalle linee bianche delle sopracciglia e delle forme degli occhi, in una serietà severa e dura, di enigmatica ostilità. I cromatismi sono freddi e funerei: il verde scuro della chioma, con una ciocca viola che scende fin quasi alla nuca, i contorni bianchi e funebri del naso, delle labbra, del mento e del lungo collo, proteso alla sinistra del quadro in un movimento dilatato.
Alle tinte fosche e ai biancori subentrano il verde macchiato di pennellate bianche dell’Autoritratto col fiore in bocca del 1947, dallo sguardo cieco, trattenuto in una rigidità mortuaria che il rosso del gilè e del fiore dal corto gambo che stringe in bocca, non riescono ad alleviare. È un autoritratto di giovinezza come maschera di disperazione muta e cieca. Significativa è anche la serie di autoritratti del 1965, di cui in questa mostra ne vengono esposti tre. Pasolini si confronta all’immagine di se stesso quasi vent’anni dopo. È un ragazzo di quarantatré anni che si misura con la propria maturità anagrafica rappresentandosi con la barba lunga, il volto tirato, gli occhi stanchi dietro le lenti ma con un’energia febbrile sempre inquieta e a fior di pelle”.
“Alla vigilia dell’ Anno della Cultura Italiana negli USA, Istituto Luce-Cinecittà è orgogliosa di poter offrire una panoramica così completa del mondo di Pier Paolo Pasolini - dice l’Amministratore Delegato di Luce Cinecittà Roberto Cicutto. Da oggi quanti vedono in Pasolini una fonte di ispirazione artistica o civile, avranno uno strumento in più per conoscerlo e questo ci fa sperare di aver svolto bene il nostro dovere di divulgatori della cultura italiana nel mondo”.
“Sono da sempre molto affezionata all’opera e alla persona di Pier Paolo Pasolini, figura di spicco tra gli intellettuali del XX secolo – commenta il Direttore Creativo di Gucci Frida Giannini. Ringrazio Istituto Luce Cinecittà per avere dato a Gucci la possibilità di supportare l’esibizione di Pasolini a New York. Una mostra completa degli scritti, dei film, dei quadri del grande artista che aiuterà a fare approfondire in America la figura e il genio creativo, poliedrico e sempre attuale, di Pier Paolo Pasolini”.
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
Autori associati: Alessandro Barbato, Claudio Rampini, Marco Taffi
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Ines Pellegrini: "Ero la musa di Pasolini ora servo Madre Teresa"

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IL CINEMA

"Ero la musa di Pasolini ora servo Madre Teresa"
Ines Pellegrini, da sex symbol Anni 70 a volontaria nei centri per i senzatetto
"La Mangano nera" Così Pier Paolo Pasolini soprannominò Ines Pellegrini quando la vide
per la prima volta: il regista la volle in due pellicole da lui girate tra il 1974 e il 1975,
«Il fiore delle Mille e una notte» e «Salò o le 120 giornate di Sodoma».
di Carlo Grande, Los Angeles, www.lastampa.it

Le eritree sono di una particolare, apprensiva bellezza», scriveva Pierpaolo Pasolini nel settembre 1973: «Quando ho visto (durante un casting per “Il fiore delle mille e una notte”, ndr) una meticcia eritreo-italiana mi sono commosso fin quasi alle lacrime davanti a quei piccoli lineamenti un po’ irregolari, ma perfetti come quelli di una statua di metallo, a quel cinguettante, interrogativo italiano, e a quegli occhi sperduti in una incertezza implorante». Ines Pellegrini ha ancora quegli occhi, anzi uno sguardo pieno di candore, perché gli occhi sono un dono del cielo ma non sono un merito, mentre lo sguardo è qualcosa di nostro, che illumina quello che siamo. Ines Pellegrini, bellezza esotica della nostra adolescenza in tanti film, alcuni anche importanti, come quelli ad esempio di Pasolini («Il fiore delle mille e una notte» nel 1974 e «Salò o le 120 giornate di Sodoma» nel 1975), vive a Los Angeles e dedica la vita agli homeless.
In Italia (è nata ed è cresciuta fino all’adolescenza in Eritrea, frequentando scuole italiane) è arrivata con l’amatissimo padre adottivo, che l’ha protetta dai tanti pregiudizi: «Negli Anni Settanta era difficile essere di colore - dice non c’erano tanti immigrati come oggi. Per lavorare o accettavi ruoli alla Edwige Fenech, alla Gloria Guida oppure dovevano scrivere un ruolo apposta per te».
Arrivò Pasolini, ne fece la sua musa. Ines ricorda bene quando lui la vide e la «riconobbe»: «Al casting c’erano trecento ragazze di colore - racconta - tutte belle, truccate; io ero come sono adesso, semplice, ho pensato che non mi avrebbe mai presa. Invece quando sono entrata mi ha guardato ed è rimasto in silenzio. Poi ha detto: “È lei”». Aveva diciannove anni, era appena arrivata dall’Africa.
Girarono per mesi in Eritrea, Yemen, Persia, Nepal. Lui stava appartato («Leggeva sempre»), lei si muoveva sul set in modo enigmatico, con il suo fisico sottile: «Gli unici film che ho rivisto sono quelli di Pasolini», afferma. Poi l’addio alla nazione che amava, ma che la deluse: «Gli Anni Settanta in Italia sono stati quelli del rapimento di Moro, delle Br, del delitto del Circeo... Io venivo dall’Eritrea, un Paese tranquillo, quella violenza mi ha sconvolto». Compreso l’assassinio di Pasolini: «E’ morto male, tanti non hanno nascosto di essere contenti... Diceva sempre la verità, non si è mai nascosto. La sua fine mi fece soffrire ma non mi stupì. Scriveva e incendiava gli animi, si era fatto tanti nemici. “Tu sei buona”, mi diceva. Alla fine era stanco di difendersi».
Ines Pellegrini
Anche lei, che adesso ha amici soprattutto fra gli homeless, tra i messicani di Downtown, tra i volontari della Casa di Madre Teresa: «Gente da cui non devo difendermi», dice. Si è sposata, è arrivata negli States: «Mi hanno aiutato Rossano Brazzi, Fernando Ghia, produttore di “The Mission”, con De Niro, e Buck Henry, co-sceneggiatore de “Il laureato”». Ma alla prima audizione è scappata: «Con me in attesa c’erano centinaia di persone, e allora ho ricordato le parole di Pasolini quando gli parlavo della durezza del cinema italiano: “Vedessi quello di Hollywood - mi ha risposto quello sì che è crudele”».
Ha aperto un negozio di mobili antichi a Downtown: «Con il cinema non c’è mai stato grande feeling. Provavo più soddisfazione a vendere un mobile. Gli attori a volte si confondono, non sanno più chi sono. Sul set vivi in mezzo a tanta gente, poi torni in albergo e sei sola». La verità - glielo si legge in viso - è che Ines è una persona vera, poco esibizionista, che davanti a una piccola videocamera fra la gente del caffè Starbuck è terribilmente in imbarazzo. L’intervista procede grazie ai buoni uffici di Sergio Bruno e Adriano Sevega, bravi artisti e restauratori, negli States da quasi vent’anni.
L’ultimo suo film è stato «Sono un fenomeno paranormale», con Alberto Sordi. Fu litigio al primo incontro: lei, come le avevano detto, aveva studiato fino a una certa pagina del copione mentre lui voleva girare altre scene. «Alberto ha cominciato a strillare, gli ho detto “Calmati, che non mi fai per niente paura. Se usi quel tono con me non ottieni niente!”, lui ha risposto: “An vedi questa!”, e io: “An vedi tu!”. “Vabbé, fammi vedere cosa sai fare”, ha detto. Dopo era così contento che mi voleva sempre sul set vicino a lui».
L’America, dice, le ha insegnato a «parlare a colori», tante sono le razze che si incontrano a Los Angeles.: bianco, nero, giallo... Ma queste strade larghe e piene di sole hanno anche un bel cono d’ombra, che non è solo quello delle «alleys», le stradine sul retro dove nei film si ambientano inseguimenti, traffici e sparatorie. Ci sono povertà estrema, droga, alcool, solitudine.
«Ero presuntuosa - dice - i senzatetto che arrivavano nel mio negozio li cacciavo». Conosce i volontari di Madre Teresa di Calcutta: «Andai in uno dei loro centri, i poveri che avevo cacciato dal negozio erano tutti lì. Ho chiesto scusa e ho cominciato a servirli. Un giorno ne è sbucato uno da un cumulo di immondizia ed era eritreo. Mi ha guardato e si è vergognato, e questo mi ha sconvolto». Il suo sogno, adesso - mentre cammina sulla spiaggia di Malibu o nel Running Canyon, fra la gente semplice di Downtown, non di Beverly Hills o Rodeo Drive - è aprire una casa di Madre Teresa in Eritrea. «La gente deve capire che non è solo questione di mettere il pane in bocca agli affamati, ma di dare un’occasione a tutti di essere generosi, perché fa bene: la vera povertà, oggi, è la solitudine, surrogata da dollari e abiti firmati».
«Anche una parola consola - conclude. Una volta abbiamo incontrato una senza tetto e le abbiamo chiesto: “Come stai?”; lei è scoppiata a piangere. “Perché?”, ci siamo stupiti, “Erano anni - ha risposto - che qualcuno non mi chiedeva come sto”». Pare di rivedere la scena di «Crash», nella quale la ricca e arrabbiata signora-bene Sandra Bullock abbraccia la colf sudamericana e le dice: «Sei l’unica amica che ho».
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Norman MacAfee, Pasolini at 90 at MoMA

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LA SAGGISTICA - MOSTRE
Pasolini at 90 at MoMA


Pier Paolo Pasolini was assassinated in 1975 at age 53. He was the Socratic conscience of Italy. His tombstone is a stake through the heart of his country. He wrote dozens of books, poetry, novels, plays, screenplays, political commentary and cultural criticism.
And then there are the 20 or so films he made between 1961 and 1975. At least two of them -- The Gospel According to Matthew and Arabian Nights -- are among the very greatest films ever made. He was the same age as Shakespeare at his death. And Pasolini seems to me great in the same way as Shakespeare. His murder even now, 37 years later, on the 90th anniversary year of his birth, is still monstrously unacceptable.
I have written about Arabian Nights in "Many Dreams: Or Persistence," published last month here to celebrate the re-election of President Obama and the release by Criterion Collection of Pasolini's Trilogy of Life, which includes Arabian Nights.
Then there is that other great film.
Pasolini became world renowned in 1964 with the opening of his film about Jesus: The Gospel According to Matthew. It was reviewed in Life magazine, at that time America's major weekly picture magazine. In the review, the critic, Richard Schickel, called it "The Greatest Movie Ever Made." That superlative was sincere but also a nod of a Bronx cheer to another movie about Jesus from that time, The Greatest Story Ever Told, Hollywood's leaden star-studded epic, with John Wayne in a bit part as a centurion.
I fell in love with The Gospel According to Matthew when I first saw it in 1966 and then with other works of Pasolini. In 1973 I started studying Italian to translate his poetry. In November 1975 he was killed. The next month, a friend, Luciano Martinengo, and I began translating his poetry.
The result is the book Pier Paolo Pasolini: Poems.
The Museum of Modern Art in New York is presenting all of Pasolini's films, from December 13 to January 5.
See them there or buy the DVDs.
Countless books could be written about The Gospel According to Matthew.
Meanwhile, here is a documentary poem about it. It's all true!

The Greatest Movie Ever Made
Norman MacAfee

Stuck in Roman traffic
for the funeral of Pope John
at a moment when the whole world
was in his hands
Pier Paolo Pasolini thought to do
"Christ plus 2,000 years of mythologizing,"
The Gospel According to Matthew,
which means from Bach to Missa Luba,
Eisenstein's Nevsky soldiers in the same
shot as Piero della Francesca's pharisees.
Finally a genius 
is telling the story of Jesus
a poet
a "never orthodox Marxist"
a homosexual.

There are moments when you simply must accept
the author's decency, the dignity of his subjects:
cutting away as Mary great with child
maneuvers herself
onto the donkey...
it is a miracle, cutting--
Does she simply appear on the donkey in a puff?
the camera cuts away to two 
boys looking intently, sadly,
everything being montage,
as Eisenstein said.

Jesus is before us in the form
of a Spanish economics student,
surrounded by a Jewish fishmonger
from the Roman slums as Peter,
Pier Paolo's mother as the old Mary,
poets and writers and professors
and semiologists and whores 
and communists and boys from the slums
and old women who believe.
Who is my mother, who are my brethren?

Sartre knew when he saw.
Sartre had written a play,
his first, in a German POW camp
about the birth of Jesus
and seeing The Gospel 
22 years later
embraced the Italian 
as his brother
retrieving Jesus
for the Marxists.

PPP lived in a miraculous era 
before AIDS,
before the VCR,
age still of movie house communion, 
time of the major deaths,
Pope John, JFK, Malcolm X, Martin Luther King,
Robert Kennedy so like Pasolini in so many ways--
Bobby went into filthy hovels
and embraced sickly babies--
then 
Pound, Allende, Neruda
then Pasolini,
the saviors of our century
then Sartre and Beauvoir,
seeking salvation for the century, the millennium.
Pasolini made the film of the millennium,
The Gospel According to Matthew.

Sartre and Beauvoir agree to see him after the Paris premiere.
He is very late to the cafe. But they are there. 
S: "How could you think we wouldn't wait for you?"
In those days, not so far 
from ours, they had all the time.


Copyright © 2003, 2012 by Norman MacAfee

First published in PEN America, 2003.

Note: some facts in the poem come from Enzo Siciliano, Pasolini, Oswald Stack, Pasolini, Barth Schwartz, Pasolini Requiem, Richard Schickel Life, March 11, 1966.
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A Pasolini series at MoMA provides occasion to revisit ther principled, prolific filmmaker

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LA SAGGISTICA - MOSTRE
A Pasolini series at MoMA provides occasion
to revisit ther principled, prolific filmmaker
By Marion Lignana Rosenberghttp://www.capitalnewyork.com/

Don’t delude yourselves… You are—with schools, television, the pacifying newspapers—you are the keepers of this horrible order based on the idea of possession and the idea of destruction… Maybe I am wrong, but I will continue to say that we are all in danger.
Filmmaker Pier Paolo Pasolini spoke those words in his last interview, hours before he was clubbed to death and run over with his own car on Nov. 2, 1975. Best known as a director of stark, political, often violent and sexually explicit films, Pasolini would have turned 90 last March. The Museum of Modern Art is honoring him with a comprehensive retrospective of his cinema, opening on Dec. 13 and running through Jan. 5, 2013. All of his 22 films will be shown in new 35mm prints, and many in recently restored versions.
A writer in many genres, a visual artist, and a public intellectual, Pasolini sparked controversy throughout his life. Born in Bologna, he grew up in Friuli, in Italy’s northeast corner. In 1942, after studying art history, he published a collection of poems in Friulian dialect—a political act, since the suppression of regional dialects was a cornerstone of Mussolini’s cultural policy. Pasolini, who would later learn Romanesque as well, believed that dialects could offer a “carnal approach” to the worlds of peasants and slum-dwellers, whom he saw as less corrupted by capitalism’s mercenary concerns.
Pasolini joined the Italian Communist Party and taught after the war, but in 1949 he was charged with corrupting minors and committing lewd public acts. (He had a lifelong appetite for open-air sex and younger men: “A boy in his first loves/ is nothing less than the world’s fecundity,” he wrote in his 1969 poem “Lines from the Testament.”) Though the arrest and outing cost Pasolini his Party membership, they led to a new phase in his life. Marked as an outsider, beholden to no institutions or orthodoxies, Pasolini made a fresh start in Rome, where his artistic vocation flourished.
Despite grinding poverty, Pasolini went on writing, publishing poems and novels, including The Boys of Life (The Ragazzi, Ragazzi di vita,1955). An unflinchingly bleak tale of hustlers and criminals in the Roman slums, it drew obscenity charges, the first of many he would face. (By one count, Pasolini in his 53 years came up against criminal charges 33 times, and nine of his films met with censorship difficulties.) Tellingly, in light of Pasolini’s distaste for pieties of any provenance, The Boys of Life came under attack from both ends of the ideological spectrum: the right-wing Christian Democrats branded it indecent, while the Communists railed against its lack of  “positive” characters.
Pasolini’s growing literary reputation brought him work as a screenwriter for Fellini and others. But frustrated with his scant creative control and hungry for what he called the “object-like concreteness of cinema,” he took up directing himself and in 1961 released his first film, Accattone (The Scrounger), pictured at left. Like its creator, it is a bundle of contradictions. Featuring mostly non-professional actors, mixing dialect and standard Italian, and shot in Rome’s most impoverished areas, the film focuses on a pimp, Vittorio, nicknamed “Accattone.” 
Once again, critics of all stripes lambasted Pasolini for depicting the hopeless, criminal urban poor—a class and a reality supposedly erased by Italy’s post-war economic boom.
And yet for all of Accattone’s gritty themes, Pasolini repeatedly undermines the film’s “naturalism,” marking his distance from neorealist cinema and any mystifying intimations of unmediated truth. Music by Bach swells under the opening credits; a character mentions Metro-Goldwyn-Mayer in the first seconds of the action; and Pasolini’s meticulously composed shots, set sharply one after the other, eschew cinema’s fluid motion and recall the paintings of Masaccio, Mantegna, and other masters that he had studied in school. Ara H. Merjian, the author of a forthcoming book about Pasolini, has written that the “remove” of film, “which flattens and etherealizes flesh and bone into two-dimensional specters,” remained vital to the director’s work even as he proclaimed his “love for the ‘things’ of the world.”
Mamma Roma (1962), pictured at right, starring the great Anna Magnani, is similar in style to Accattone but depicts a woman undone by the bourgeois aspirations of Italy’s purported miracolo economico.
Substance and authenticity were abiding concerns for Pasolini, who felt that consumer society’s worship of commodities had engendered an alienated, fundamentally unreal world. And paradoxically, the atheist director often cast his attacks on capitalism in religious terms.
In The Gospel According to Matthew (1964), pictured at left, Christ is (in Pasolini’s words) a figure “opposed to the modern world,” a man discomfiting and unafraid of “contradiction” and “scandal.” Theorem (1968) shows a middle-class family visited by an angel come to explode their vulgar certainties. Pasolini’s final film, the disturbing Salò or the 120 Days of Sodom (1975), sets the Marquis de Sade’s tales of savagery and vice in the capital of Mussolini’s “Italian Social Republic” in order to condemn the “new fascism” of the director’s own time, which he felt reduced human beings and their bodies to meat for the capitalist grinder.
Pasolini’s best-known film may be Medea (1969), which stars the soprano Maria Callas (in the picture, with the director) in a non-singing role. They made an odd pair: Callas the deeply conventional grande dame, and Pasolini the leftist and homosexual who claimed to know little of opera. In casting Callas as Medea, he seems to have responded to that certain feral something in her voice and person, perhaps also to her primal, almost sacred sense of mission as an artist. Barth David Schwartz, the author of Pasolini Requiem, wrote that Callas “was to stand for unbridled nature gone mad when hemmed in by civilization,” a priestess discarded by the shrewd, grasping Jason when he can make a more politically and materially advantageous marriage.
In addition to film screenings, the Pasolini program includes readings from Pasolini’s poetry and essays on Friday, Dec. 14; an exhibit of his portraits and self-portraits at Location One; and at MoMA PS1, continuous showings of Medea, Teorema, and Salò, on Dec. 16, a program of live performances inspired by Pasolini’s activities as a public intellectual. For those unable to catch the MoMA shows, the Criterion Collection recently released Pasolini’s Trilogy of Life(films based on Boccaccio’s Decameron, Chaucer’s The Canterbury Tales, and The Arabian Nights) in a lavish edition that includes essays, documentaries, and unused footage.
The “danger” that Pasolini evoked in his final interview may have encompassed his own death, but it pertained mostly to the degradation of Italy’s national culture. Ever the contrarian, he had gone on television to argue for the abolition of the medium, in his view a mouthpiece for consumerism, conformity, and violence. (Those who would scoff at his ideas might recall that Silvio Berlusconi, who has made common cause with today's neo-fascist movement, draws wealth and ballast from the three national channels he owns.) 
In 1975, Pasolini declared himself “traumatized” by the idea of legalized abortion, which he found to be a barbarity made necessary by the merchandising of bodies and sex. He later softened his stance but only to make an even more against-the-grain proposition: that homosexuality and not abortion was the best solution to the world’s problems of overpopulation and unwanted pregnancies.
In the days following Pasolini’s murder, a 17-year-old hustler confessed to killing him, but his accounts of the facts were inconsistent, and in time he withdrew his confession. Police documents made public in 2010 tell of an attack by four or five men shouting anti-Communist insults at Pasolini, lending credence to suspicions that his death was a political assassination and not a sexual encounter gone bad.
Pasolini had defended Salò against charges of pornography because, he said, it showed graphic and “terrible” acts to decry the commodification of human beings and not simply to titillate or shock. Predictably, the corporate media mined Pasolini’s death for profit: the newsweekly L’Espresso published photos from his autopsy, making obscene, sensational use of his brutalized corpse and denying him dignity even in death.
The issue, by the way, sold out. But Pasolini’s films and writings and artworks live on, challenging us with their savage beauties and hard truths.
The Museum of Modern Art is open Wednesday through Monday, with special holiday hours Dec. 26–Jan. 7. Admission to films is free for museum ticket holders, but separate screening tickets are required. Information at MoMA.org or 212-708-9400.
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