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Pasolini e Moravia l'amicizia di una vita

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"Pagine corsare"
LE NOTIZIE
Pasolini e Moravia l'amicizia di una vita


Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia. Così diversi, così profondamente amici per tutta la vita. A lato e nell'ambito della mostra d'arte contemporanea "PPP. Una polemica inversa. Omaggio a Pier Paolo Pasolini" (allestita nei piani superiori di Palazzo Incontro fino al 9 dicembre, ingresso libero), in collaborazione con il Fondo Alberto Moravia, si promuove l'incontro sul tema "Pasolini e Moravia. L'amicizia di una vita" per almeno due validissime ragioni: la prima è che il 28 novembre ricorre il 105° anniversario dalla nascita di Moravia, la seconda attiene al lungo e fecondo legame che ha unito Moravia a Pasolini per tutta la vita: una sincera amicizia che rappresenta una pagina importante nella storia della cultura italiana del secondo Novecento e che ha prodotto degli esiti incredibilmente rilevanti sul piano intellettuale. 
Se ne parlerà mercoledì 28 novembre 2012 a Palazzo Incontro. Da questo legame sono scaturiti dibattiti ma anche avventure culturali di livello internazionale, tra cui la nascita della rivista "Nuovi Argomenti", che negli anni '50, '60 e '70 e' stata punto di riferimento per la battaglia delle idee, politiche, sociali e culturali, in Italia e non solo nel nostro Paese.
Per la conferenza, moderata dal curatore della mostra Flavio Alivernini, sono state coinvolte personalità che conoscono profondamente, e anche in maniera diretta, l'opera dei due intellettuali e che appartengono a generazioni fra loro diverse: si tratta di Gianni Borgna, Furio Colombo, Dacia Maraini e Lorenzo Pavolini. A dimostrazione del fatto che tutto quello che Moravia e Pasolini hanno comunicato e prodotto continua a suscitare interesse e a essere un modello di riferimento per tanti giovani scrittori, artisti e intellettuali del nostro tempo.
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
Autori associati: Alessandro Barbato, Claudio Rampini, Marco Taffi
Nel sito, negli archivi e nei sommari potrai trovare gli ipertesti, gli interventi,
le notizie contenuti in oltre dodicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolini

"Canzone per Pier Paolo Pasolini", di Pino Bertelli

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"Pagine corsare"
I CONTRIBUTI DEI VISITATORI
Pino Bertelli nella Taverna Buenaventura Durruti (Barcellona, Spagna, 2007) - Foto Paola Grillo
Canzone per Pier Paolo Pasolini
di Pino Bertelli


Canzone per Pier Paolo Pasolini
di Pino Bertelli

E ti ricordo amico
dal sorriso triste
e gli occhi di luna
buttati sul mare
Quando parlavi di sogni
e tremavi d'amore
nelle periferie delle città
in quelle estati corsare
E ti ricordo amico
in una "Giulietta" bianca
che mangiavi la strada
e mi sfioravi i capelli
Il rosso del cocomero
sporcava la mia giacca di lino blu
e appannava le lenti spesse
dei tuoi occhiali neri
E ti ricordo amico
in quel cinema sottoterra
di una città del nord
tagliata da un fiume verde
Volavi con quei ragazzi sopra i tetti
a cercare la libertà e l'amore
e lasciavi in bianco e nero
il tuo "Zero in condotta"
E ti ricordo amico
sulle spiagge indecenti toscane
con quelle ragazze allegre
che mi gettavi sempre addosso
Quando cantavi male
"il cielo in una stanza"
e di notte giocavi a pallone
coi ragazzi senza storia
E ti ricordo amico
per quelle poesie
della "meglio gioventù"
che non capivo mai
E parlavi di mondi nuovi
che rotolavano nei miei sguardi
e mi portavano via
su ponti di fuoco e di sale
E ti ricordo amico
nelle parole legate alle stelle
che ancora si lasciano andare
in deserti di fiori
Quella morte violenta
è stata un addio cercato
per una vita ricca e sprecata
ai bordi di amori senza amore
ma ti ricordo amico...


PINO BERTELLI è nato in una città-fabbrica della Toscana, tra "Il mio corpo ti scalderà " e "Roma città aperta".
Dottore in niente, giornalista, fotografo di strada, filmmaker, critico di cinema e fotografia.
I suoi lavori sono affabulati su tematiche della diversità, dell'emarginazione, dell'accoglienza, della migrazione, della libertà, dell'amore dell'uomo per l'uomo come utopia possibile. È uno dei punti centrali della critica radicale neo-situazionista italiana.
Nel 1993, il regista tedesco Jürgen Czwienk, ha girato un film-documentario sulla vita politica e l'opera fotografica di Pino Bertelli: Fotografare con i piedi.
Il regista Bruno Tramontano ha realizzato un cortometraggio, (Adoro solo l'oscurità e le ombre), tratto dal suo libro: "Cinema della diversità 1895-1987: storie di svantaggio sul telo bianco. Mascheramento, mercificazione, autenticità ".
Il pittore Fiormario Cilvini, ha illustrato lo stesso testo in una cartella di 18 disegni a colori e una scultura.
I suoi scritti sono tradotti in diverse lingue. L'"International Writers Association" (Stati Uniti), lo ha riconosciuto scrittore dell'anno 1995, per la " non-fiction".
Nel 1997 i suoi ritratti pasoliniani di "fotografia di strada" sono esposti (unico fotografo) in una mostra (Le figure delle passioni) con 16 maestri d'arte a Villa Pacchiani, Santa Croce sull'Arno), [Pier Paolo Pasolini, maestro e amico, gli ha regalato la prima macchina fotografica quando aveva quindici anni].
È direttore responsabile della rivista di critica radicale" Tracce", della rivista letteraria "Il libro volante", direttore editoriale della casa editrice Traccedizioni, collabora con "Le monde diplomatique", "Fotographia", "Sicilia Libertaria" e altre testate.
Nel 1999 gli è stato conferito il "Premio Castiglioncello" per la fotografia.
Nel 2004 ha ricevuto il "Premio Internazionale Orvieto", per il miglior libro di reportage: Chernobyl. Ritratti dall’infanzia contaminata.
Alessandro Allaria ha fatto un reportage (per la televisione tedesca) su Pino Bertelli: Il fotografo e le donne di Napoli, 2008. I suoi fotoritratti di strada si trovano in gallerie internazionali, musei e collezioni private.
Il suo archivio fotografico è depositato all’Università di Parma. Un'antologia delle sue fotografie sono depositate presso la Galleria degli Uffizi a Firenze. 
Una sua opera (Contro tutte le guerre) è stata esposta alla Mostra d'Arte Biennale di Venezia (2011). 
Fa parte di Reporters sans frontières. 

Pubblicazioni
http://www.pinobertelli.it/index.php?pb=pubblicazioni-2
Video/film (cinegiornali, diaproiezioni, documentari): 
http://www.pinobertelli.it/index.php?pb=cinema
Studio: via Cavour 11 - 57025 Piombino (LI)
E-mail: pinobertelli@virgilio.it - Sito web: www.pinobertelli.it

*  *  *
Pino Bertelli, Pier Paolo Pasolini. Il diavolo in corpo. Atti impuri di un eretico,
Edizioni Libreria Croce, Roma 2001
AVVERTENZA DELL'AUTORE DEL LIBRO 
Questo lavoro sul "cinema in corpo" di Pier Paolo Pasolini è stato iniziato qualche mese
dopo la sua mattazione. Ce lo siamo portato negli anni come un compagno di viaggio,
come la trasparenza di un amore, come la passione di una rivolta con le quali
la parte dell'umanità migliore ha cercato di dare l'assalto al cielo della civiltà dello spettacolo
e sulle ceneri di ogni potere nessuno ha più dimenticato di essere stato un principe.
Non è una biografia e nemmeno una riflessione o una considerazione accademica
su uno dei maggiori poeti/pensatori del nostro secolo. È il riconoscimento di una presenza
culturale/politica di un maestro di libertà e di un cospiratore di sogni
che ha fatto del proprio amore per la vita il suo dolore più grande.

QUI DI SEGUITO: UNO STRALCIO DAL LIBRO

Il cinema in utopia di Pasolini costituisce la parte meno studiata della sua fucina culturale/politica. La grande messe di lavori che sono usciti sulle sue opere letterarie/filmiche, difficilmente non si avventurano in pacati moralismi o crocifissioni di cordata e la visione utopica/ereticale del suo cinema sembra non interessare che qualche irriducibile randagio del pensiero libertario. Pasolini è un cineasta/pensatore asistematico, un saggista, un costruttore di pamphlet per immagini che si reggono e si sostengono sulle braci ancora calde dell'Utopia. Pasolini affabula un cinema che sta in rapporto con l'uomo, non con Dio o lo Stato e la sua opera intera si pone sempre "oltre" la contemporaneità e la rivelazione delle periferie invisibili. È la riconquista della forza del passato e nel contempo la rivoluzione delle acque gelide del presente. Il cinema pasoliniano espone in forma dialogica, metaforica e surreale… la ricostruzione o la riscoperta dell'innocenza dell'uomo… l'anarchismo utopistico che dissemina in ogni film è contrapposto al socialismo scientifico di Marx e disvelando i terrori politici, dottrinari, economici del presente, orienta i lettori verso un domani che è nella decostruzione di una società in pezzi, che non va aiutata a sollevarsi ma va lasciata cadere nei franamenti dei suoi falsi idoli. Il socialismo marxiano (come la morale cristologica) altro non è che la speculazione di una dottrina che ha nei roghi degli eretici i propri successi. 

L'utopia annuncia qualcosa che ha a che fare col desiderio e non è ancora presenza ma il luogo - così vicino così lontano - dove l'uomo davvero grande accende negli occhi lo stupore e la meraviglia dei bambini. Mentre Marx e Cristo si rivolgono alle resurrezioni della storia o ai miracoli della fede… l'Utopia è una réverie dell'anima che fa della coscienza individuale dell'oggi la coscienza sociale di domani. L'Utopia è sognare ad occhi aperti il non presente che sarà realizzato dal popolo degli uomini liberi alla fine della storia, vista come forma normale di delirio collettivo. Nelle società più sviluppate le decisioni sociali sono prese dal centro… per gli utopisti ogni cosa è soggetta alla volontà di coscienza (Friedrich Nietzsche) e non c'è niente di più importante della consapevole volontà dell'uomo (Martin Buber) per mostrare i limiti di una società e i percorsi accidentati che portano a una diversa dimensione del vivere insieme. 

La visione utopistica pasoliniana percorre ogni film e tra profezie apocalittiche (Giovanni) e abrasioni di felicità e gioia incontenibili (fra' Dolcino)… elude l'intervento divino e annuncia il dialogo tra l'uomo e la sua coscienza. Nel suo cinema il futuro non c'è e il passato e il presente sono sfigurati, trascesi, violati di estreme bellezze. Il potere riduce l'uomo a cosa e il destino dell'uomo o è dentro i programmi della merce o negli eventi apocalittici della politica. Commiato dal domani: "Ti temeranno finché splenderà il sole, finché brillerà la luna, di generazione in generazione", diceva Rabbi Eliezer, figlio di Azzarià. Se per alcuni il tuo inizio è stato poca cosa, per altri il tuo avvenire sarà luminoso (Giobbe).

Le utopie pasoliniane si battono contro la tendenza generalizzata della cultura a perpetuare la politica istituzionale che accentra ogni cosa a spese di ogni possibilità di decentrazione dei poteri e della partecipazione alle scelte conviviali della collettività (utopica) in formazione. L’utopia “è possibile e impossibile in tutti i tempi; è possibile se ci sono gli uomini giusti che la vogliono o, meglio, che la fanno; ed è impossibile se gli uomini non la vogliono o, per così dire, si limitano a volerla, ma non sono in grado di farla” (détournando Gustav Landauer). Pasolini ha lavorato per modificare i rapporti tra gli uomini e nei risguardi della sua filmografia è possibile rintracciare una progettualità sovversiva, utopistica, epifanica... dove sono enunciate alterità sociali più autentiche o dirette (associazioni, movimenti, federazioni, cooperative...) come fucine essenziali per comprendere e incamminarsi verso quella comunità di comunità sulle quali il “diritto di avere diritti” è sovrano. 

Come ogni utopista, Pasolini ha cercato di rendere la vergogna del potere ancora più vergognosa. Una storiella del Talmud racconta: “Da tre cose l’uomo è riconoscibile: dal suo bicchiere, dalla sua tasca, dalla sua ira. C’è chi dice: Anche dalla sua allegria” o dalla sua utopia. Non si tratta tanto di vedere che cosa c’è sopra, che cosa c’è sotto, che cosa c’è prima, che cosa c’è dopo l’Utopia... né di amare il potere e l’autorità e dispensare favori alla gente... ciò che conta è odiare il potere e l’autorità sotto ogni aspetto... e ricordare all’uomo che la mosca è esistita prima di lui.

Il cinema in utopia di Pasolini ha espresso i conflitti tra spirito e autorità. Tra poesia della libertà e violenza del potere. Nell’epoca in cui i poteri politici/economici/religiosi sembrano avere dimenticato i più elementari diritti umani... dai bordi della terra emergono richieste di dialogo tra i poveri, gli oppressi, gli sfruttati... che pretendono l’impossibile, cioè testimoniano la sofferenza e il recupero del pensiero libertario come legame coscienziale Uomo/Mondo e fanno del bene e del male nuovi echi di protesta, di contestazione, di rivolta contro la morte della dignità espressa dalla civiltà contemporanea. “Gli uomini sono nati o creati uguali e divengono diseguali in virtù delle istituzioni sociali e politiche, cioè costruite dall’uomo” (Hannah Arendt). La vita di un uomo libero è inconcepibile senza che anche gli altri uomini non conoscano la libertà. 

Un uomo (come un popolo) rappresentato non è libero! la giustizia e la libertà sorgono là dove gli uomini planetari si associano liberamente e manifestano in pubblico le loro idee e i loro pensieri. Non è vero che il potere deriva dal popolo! Il popolo "possiede” il potere solo il giorno delle elezioni! "dopo diventa proprietà di quelli che lo governano” (T. Jefferson). Ogni Utopia è un cammino... un allargamento dello spazio della libertà situato all’interno dell’ordine costituito... Ogni Utopia custodisce la memoria della vita offesa e mostra ovunque che il potere “è un eterno crimine" (Saint-Just). Ogni Utopia è la rivoluzione in permanenza auspicata da Proudhon ed è lì, nel cuore degli spiriti liberi, a ricordare alla storia dell’umanità di superare la propria infanzia.

Il Paese di Utopia è il crocevia dei popoli dove la libertà pubblica consiste nella partecipazione dei cittadini alla cosa comune... una democrazia partecipata da ogni soggetto sociale secondo le sue possibilità e i suoi sogni... una democrazia di mutuo aiuto dove la parola Utopia significa ancora: né Dio né Padrone!


Pino Bertelli, per gentile concessione
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
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L'Inferno di Pasolini Letture dantesche. Poesia e Poeti

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LA SAGGISTICA - POESIA
L'Inferno di Pasolini
Letture dantesche. Poesia e Poeti
Puglia Teatro

Sabato 24 Novembre, alle ore 18,30, presso L’Eccezione, Cultura e Spettacolo di Puglia Teatro, a Bari, in Via Indipendenza 75, all’interno della 38a stagione artistica di Puglia Teatro, patrocinata dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, dalla Regione Puglia, dall’Università e dal Comune di Bari, dalla SIAD – Società Italiana Autori Drammatici di Roma, si è inaugurato il nuovo ciclo di Incontri-spettacolo: “Letture dantesche – Poesia e Poeti” a cura di Daniele Maria Pegorari.
Questo primo incontro è dedicato a “L’Inferno e Pier Paolo Pasolini”, e rappresenta una autentica novità perché al di là della pur importante riproposizione della prima Cantica della Commedia dantesca, stabilisce un contatto culturale fra questa e l’opera di un altro grande poeta italiano che si è identificato particolarmente con quei versi del sommo Poeta, ponendo praticamente in “parallelo” i due autori: una analisi scientifica assolutamente inedita nel panorama degli studi danteschi.Rino Bizzarro ha interpretato il primo canto dell’Inferno dantesco e alcune pagine da La divina mimesis di Pier Paolo Pasolini. Daniele Maria Pegorari (1970) è autore del Vocabolario dantesco della lirica italiana del Novecento (2000) e, per la Stilo editrice, del recentissimo Il codice Dante. Cruces della ‘Commedia’ e intertestualità novecentesche (2012), nonché redattore della voce Dante nel Dizionario gramsciano 1926-1937 (a cura di Guido Liguori e Pasquale Voza, 2009) e curatore (con Francesco Tateo) della Lectura Dantis Contesti della Commedia (2004). Dal 2007 è responsabile della sezione “Dante contemporaneo” della rivista internazionale di studi «Dante». Dopo aver insegnato per alcuni anni Filologia e critica dantesca nelle lauree magistrali di Bari e Foggia, oggi è docente di Letteratura italiana contemporanea e Sociologia della letteratura nel Dipartimento di Filosofia, Letteratura, Storia e Scienze sociali di Bari.
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Pier Paolo Pasolini al MoMA Il tributo di New York

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LE NOTIZIE
Pier Paolo Pasolini al MoMA
Il tributo di New York
http://www.daringtodo.com/

MoMA
The Museum of Modern Art
11 West 53 Street  New York, NY 10019
(212) 708-9400

Pier Paolo Pasolini
December 13, 2012–January 7, 2013
Pier Paolo Pasolini: il poeta, il pensatore, lo scrittore, il regista e l’autore d’immagini dalla forza impressionante incontra il pubblico di New York grazie ad una collaborazione tra il Museum of Modern Art, l’Istituto Luce, il Fondo Pier Paolo Pasolini-Cineteca di Bologna e la “benedizione” del ministero per i Beni e le Attività Culturali. 
L’accostamento di Pasolini, il marxista, alla capitale del mondo ricco sembra insolito ancora oggi, eppure un precedente straordinario e ben documentato c’è, era il 1966 Pasolini si recò a New York per il festival cinematografico, davano due suoi film e si sentì in dovere di esserci. Oriana Fallaci lo intervistò per l’Europeo [si veda qui l'intervista del 1966 in pasolini.net], in quella che resta una straordinaria testimonianza del modo d’essere di Pasolini, del suo cercare l’umanità dove il senso comune rifugge e resta, all’artista, l’inesauribile voglia di capire. “La notte scappa agli inviti e se ne va solo nelle strade più cupe di Harlem, di Greenwich Village, di Brooklyn, oppure al porto, nei bar dove non entra nemmeno la polizia, cercando l’America sporca infelice violenta che si addice ai suoi problemi, i suoi gusti, e all’albergo in Manhattan torna che è l’alba: con le palpebre gonfie, il corpo indolenzito dalla sorpresa d’essere vivo. Siamo in molti a pensare che se non la smette ce lo troviamo con una pallottola in cuore o con la gola tagliata: ma è pazzo a girare così per New York?”, scriveva la Fallaci e Pasolini replicava con una dichiarazione d’amore per la città: “Vorrei aver diciott’anni per vivere tutta una vita quaggiù”.
“L’eredità dei film di Pasolini è contraddistinta da un occhio infallibile per la composizione cinematografica e da una semplicità stilistica all’interno di una varietà di generi – molti dei quali rielaborati secondo le proprie inclinazioni e plasmati con il suo tocco distintivo. Un talento unico, quello di Pasolini, nel creare immagini che evocano le verità interiori della sua breve vita (1922-1975) e che davvero rendono unici i suoi film”, così invece viene presentata al pubblico americano quella retrospettiva completa dei film in copie nuove realizzate da Istituto Luce Cinecittà in due anni di lavoro. Alcune sono state recentemente restaurate dalla Cineteca di Bologna.
Ad affiancare la retrospettiva, una serie di eventi per rendere tributo agli altri aspetti della carriera di Pasolini. Il 12 dicembre 2012 a Casa Italiana Zerilli-Marimò - New York University si svolgerà una tavola rotonda sulla sua eredità artistica coordinata da Antonio Monda, mentre il 13 dicembre l’Istituto Italiano di Cultura diretto da Riccardo Viale ospiterà un seminario dal titolo Pasolini: uno scrittore per il nuovo millennio, con un gruppo di esperti moderati da Fabio Finotti, professore ordinario presso la University of Pennsylvania (Philadelphia, USA), e la presentazione del libro Pier Paolo Pasolini, il mio cinema, un’antologia che include interviste, storie, annotazioni, testi preliminari, soggetti e sceneggiature recuperati dagli archivi di Pasolini, a cura della sua unica erede, Graziella Chiarcossi, con la collaborazione di Roberto Chiesi (Fondo Pasolini – Cineteca di Bologna) e pubblicato da Cineteca di Bologna e Istituto Luce Cinecittà. 
Il 14 dicembre, una serata con letture di brani e poesie da parte di famosi attori italiani e americani supervisionata da Dante Ferretti, (che iniziò la sua carriera di scenografo proprio con Pasolini), esalterà il talento del Pasolini saggista, poeta e autore. 
Dal 15 dicembre, la galleria Location One ospiterà una mostra che metterà insieme oltre 40 disegni e dipinti di Pasolini, raramente esposti prima d’ora, provenienti dal Fondo Pier Paolo Pasolini e custoditi presso l’Archivio Contemporaneo “Alessandro Bonsanti” del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux di Firenze. 
Il 16 dicembre, MoMA PS1 ospiterà un programma di performance di artisti contemporanei ispirate a Pasolini, curata dal direttore Klaus Biesenbach. 
Il MoMA PS1 mostrerà inoltre Salò e le 120 giornate di Sodoma, Teorema e Medea attraverso istallazioni cinematografiche permanenti durante tutto il corso della retrospettiva.
L’evento è organizzato da Jytte Jensen, responsabile della sezione Cinema del MoMA, e da Camilla Cormanni e Paola Ruggiero, Istituto Luce Cinecittà; con Roberto Chiesi, Fondo Pier Paolo Pasolini – Cineteca di Bologna; e Graziella Chiarcossi. Ci sarebbe piaciuto vedere qualcosa di tale ampiezza anche in Italia. Tutte le informazioni su www.moma.org(a.d.)


Dalle pagine del sito web del MoMa
La presentazione dell'evento e i film proiettati nel corso della retrospettiva [in inglese]

MoMA
The Museum of Modern Art
11 West 53 Street  New York, NY 10019
(212) 708-9400

Pier Paolo Pasolini
December 13, 2012–January 7, 2013
Il Giardino del MoMA con l'esposizione di sculture en plein air

More than two decades after its 1990 retrospective of Pier Paolo Pasolini, MoMA once again joins with Luce Cinecittà and Fondo Pier Paolo Pasolini to present a full retrospective of Pasolini’s cinematic output. Many of these celebrated films will be shown in recently restored versions, and all are presented in newly struck prints. Much of this painstaking restoration work was performed by Cineteca di Bologna, alongside several of Pasolini’s former collaborators. Pasolini’s cinematic legacy is distinguished by an unerring eye for cinematic composition and tone, and a stylistic ease within a variety of genres—many of which he reworked to his own purposes, and all of which he invested with his distinctive touch. Yet it is Pasolini’s unique genius for creating images that evoke the inner truths of his own brief life that truly distinguishes his films—and entices new generations of cinephiles to explore his work.

Pasolini’s cinematic works roughly correspond to four periods in the socially and politically committed artist’s life. The National Popular Cinema commenced with his debut, Accattone (1961), which immediately made a name for him as a filmmaker of prodigious talent and fury. This was followed by Mamma Roma and a number of episodic comic films containing warm, honest portraits of people living on the fringes of society, culminating in the masterful The Gospel According to St. Matthew. Marking him as a provocative thinker and audacious artist with an uncompromising vision, Pasolini’s middle period is often referred to as The Unpopular Cinema, in which his excoriating depictions of the bourgeoisie lent passionate immediacy to films like Teorema, Porcile, and a modern interpretation of Medea.

The Trilogy of Life—The Decameron, The Canterbury Tales, and The Arabian Nights—produced between 1970 and 1974, is a triumphant reinterpretation of classic tales and fables that retain their universality despite being interpreted by thoroughly modern means. As Pasolini himself noted, he focused on the past precisely because it reflects the present most profoundly. Termed The Abjuration of the Trilogy of Life, the director’s utterly despairing final film, Salò or the 120 Days of Sodom, was held up for years due to censorship issues, and it remains a shockingly raw and profoundly disconcerting experience. Salò was completed in 1975, the year of Pasolini’s mysterious murder.

A series of supplemental events pay tribute to Pasolini’s multifaceted career. An evening of recitals by well-known Italian and American actors highlights Pasolini’s accomplishments as an acclaimed essayist and beloved poet; MoMA PS1 hosts a program of performances inspired by Pasolini and his work as a composer; roundtable discussions about his artistic legacy take place at New York University; and a selection of Pasolini’s paintings and drawings will be exhibited at Industria Superstudio.

Co-produced by The Museum of Modern Art, New York and Luce Cinecittà, Rome.
The exhibition is organized by Jytte Jensen, Curator, Department of Film, The Museum of Modern Art, and by Camilla Cormanni and Paola Ruggiero, Luce Cinecittà; with Roberto Chiesi, Cineteca di Bologna; Fondo Pier Paolo Pasolini, Bologna; and Graziella Chiarcossi. Presented in association with the Ministry of Culture of Italy. Special thanks to The Italian Cultural Institute, New York.
The exhibition is supported by Gucci.

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MoMA - Film Screenings and Events

Medea 
1969. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Maria Callas, Laurent Terzieff, Giuseppe Gentile, Massimo Girotti. “Unlike Euripides, who in his tragedy concentrates solely on the final outcome of Medea’s jealousy (the murder of her children), Pasolini devotes almost half of his film to an evocation of the primitive culture of Colchis in which Medea was brought up and from which she flees with the Golden Fleece under the influence of her love for Jason. (…) The tragedy arises not simply from an excess of passion or a conflict of character (Medea and the mediocre Jason) but also from a profoundly observed clash of civilizations” (Roy Armes, Film and Filming, June 1971). In Italian; English subtitles. 110 min.

Thursday, December 13, 2012, 7:00 p.m., Theater 1, T1 (Introduced by Ninetto Davoli and Dante Ferretti)
Saturday, December 29, 2012, 8:00 p.m., Theater 1, T1
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Accattone (The Scrounger)
1961. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Franco Citti, Franca Pasut, Roberto Scaringella. “Pasolini punctuated this vision of an unknown Rome with a series of remarkable images: Accattone’s dive from the bridge with statues of angels; his drunken, wet face covered with sand, as if in premonition of his burial; his wearing a woman’s hat and placing a basket on Fulvio’s head. (…) The film proceeds through a series of gestural moments, consciously modelled on the fresco panels of the great Florentine masters of the early Renaissance” (P. Adams Sitney, “Accattone and Mamma Roma,” in Pier Paolo Pasolini Contemporary Perspectives, 1994). In Italian; English subtitles. 117 min.

Friday, December 14, 2012, 4:30 p.m., Theater 1, T1
Thursday, December 27, 2012, 4:30 p.m., Theater 1, T1
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Recital 
An Evening Dedicated to Pier Paolo Pasolini the Poet
Italian and American performers recite excerpts from Pasolini’s essays and poetry, some set to his own musical compositions. 

Friday, December 14, 2012, 7:30 p.m., Theater 1, T1
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La terra vista dalla luna (The Earth Seen from the Moon)
1966. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. From the anthology film Le streghe. With Totò, Ninetto Davoli, Silvana Mangano, Laura Betti. “[In a segment reminiscent] in style to Don Quixote, a recently widowed father and his son travel around the country in search of a new wife and mother, and after a long period, they discover the literally speechless Mangano. She brings joy into their lives, but they are poor, and in order to find a better life for themselves, they concoct a scheme to try to make some quick cash. (…) The outlandish performances, artwork, and costumes does evoke great charm and likeability” (Vince Leo, 2004). In Italian; English subtitles. 30 min.

Che cosa sono le nuvole? (What Are the Clouds?)
1967. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. From the anthology film Capriccio all’italiana. With Totò, Ninetto Davoli, Laura Betti. “The poster announces the presentation of the film in which the poster is reproduced: Che cosa sono le nuvole? The painting is Las meninas. It depicts the artist Velázquez painting the painting that you see. In the painting the king and the queen who are absent from the painting appear in the mirror at the background of the painting. They are present only as a reflection. The mirror is reduplicated in the film. The painting becomes the subject of a shot in a film which the shots point to. Like the painting, the film is mirrored in the film. It is in the same relation to the mirror as was the painting mirrored in Las meninas. The structure of the Pasolini film is analogous to the Velázquez painting” (Sam Rohdie, The Passion of Pier Paolo Pasolini, 1995). In Italian; English subtitles. 22 min.

La sequenza del fiore di carta (The Paper Flower Sequence)
1968. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Ninetto Davoli. From the anthology film Amore e rabbia. “[Pasolini’s film] is a reference to the Gospel parable usually called in English ‘The Barren Fig Tree,’ where Christ strikes down a fig tree because it isn’t bearing fruit in March, although it could hardly have known better. In the episode, [Davoli] is shown happily down the via Nazionale in Rome, while in super-imposition there are images of various things going on in the world, such as the bombing of Vietnam, of which Ninetto remains blissfully ignorant and unaware” (G. Nowell-Smith, “Pasolini’s Originality,” in Pier Paolo Pasolini, 1977). In Italian; English subtitles. 12 min.

Saturday, December 15, 2012, 8:00 p.m., Theater 1, T1 (Introduced by Davoli)
Saturday, December 29, 2012, 5:00 p.m., Theater 1, T1
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La ricotta

1962–63. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Orson Welles, Mario Cipriani, Laura Betti. “La ricotta is an explosion of disgust at consumer society and its vulgarity, a scabrous reproach to the Catholic Church for its abandonment of the poorest members of that society, a film about a film about the Crucifixion that shows Christianity’s central symbolic event being staged within a circus of depravity. Its Christ is a starving film extra who gives his own box lunch to his hungry family, loses a meal he’s stolen to a visiting movie star’s lap dog, and, after managing to stuff himself with ricotta cheese, dies from indigestion on the cross” (Gary Indiana, Pasolini, Mama Roma, and La ricotta, 2004). In Italian; English subtitles. 35 min.

La rabbia di Pasolini (The Anger of Pasolini)
1963. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. Commentary in verse by Pasolini, spoken by Giorgio Bassani, Renato Guttuso. Reconstruction by Giuseppe Bertolucci. “La rabbia had an even more unfortunate history than La ricotta. Upon its completion, the producer—either for commercial reasons or fear of censorship—decided it should be released together with a second short film to be made by a director on the other side of the political spectrum, that is, on the right. (…) La rabbia is less an attempt to answer the ‘dramatic questions’ posed by the preface than what Pasolini called ‘a Marxist denunciation of society and recent events,’ or even a ‘cry of rage’ against human suffering and man’s inhumanity to man” (Naomi Green, Pier Paolo Pasolini: Cinema as Heresy, 1990). In Italian; English subtitles. 50 min.

Sunday, December 16, 2012, 2:00 p.m., Theater 1, T1
Wednesday, December 26, 2012, 4:30 p.m., Theater 1, T1
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Comizi d’amore (Love Meetings)
1963–64. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. “[Pasolini] raced all over Italy, movie camera and tape recorder in hand, asking people everywhere, from famous soccer players to unknown peasants in the Crotone region, what they thought about love and sex. The intellectuals comment, and the people speak, freely voicing their particular truths. Comizi d’amore gives an unbiased picture of a changing Italy, and was a model for many later television documentaries. And yet what is striking is the presence on the screen of Pasolini himself” (Enzo Siciliano, Pasolini, 1982). In Italian; English subtitles. 90 min.

Monday, December 17, 2012, 4:30 p.m., Theater 1, T1
Wednesday, December 26, 2012, 8:00 p.m., Theater 1, T1
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Sopralluoghi in Palestina per il film Il Vangelo secondo Matteo (In Search of Locations for The Gospel According to Matthew)
1964. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. “In the course of his hastily improvised commentary, Pasolini explains that once he saw the Holy Land he realized that it would be impossible to film Il Vangelo there: everything—buildings, kibbutzes, faces—was far too modern. As we see him visit one legendary site after another, he begins to compare the landscape of the Holy Land with that of southern Italy, where he would actually film Il Vangelo secondo Matteo” (Naomi Green, Pier Paolo Pasolini: Cinema as Heresy, 1990). In Italian; English subtitles. 55 min. 

Appunti per un film sull’India (Notes for a Film about India). 
1967–68. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. “His India film is a film in search of faces, bodies, ideas for a film to be made on India. The film you see is not that film; it is rather ‘a film for a film to be made,’ as if the script was a structure wanting to be another. (…) The film Pasolini wanted to make in India would have begun before Indian independence and continued through its attempts to modernise and industrialise” (Sam Rohdie, The Passion of Pier Paolo Pasolini, 1995). In Italian; English subtitles. 32 min.

Monday, December 17, 2012, 8:00 p.m., Theater 1, T1
Sunday, December 30, 2012, 2:30 p.m., Theater 1, T1
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Uccellacci e uccellini (Hawks and Sparrows)
1965–66. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Totò, Ninetto Davoli, Femi Benussi. “For the first time the most cultured figurative reference is given not by painting alone, but by the cinema... We are nearly at the highest expression of specifically cinematographic competence because Pasolini intends to pronounce the same sort of funeral oration for cinematic neorealism as he did with his poetry for literary neorealism” (Gian Piero Brunetta, Italian Quarterly, Fall 1980–Winter 1981). In Italian; English subtitles. 89 min.

Wednesday, December 19, 2012, 4:30 p.m., Theater 1, T1
Friday, December 28, 2012, 4:30 p.m., Theater 1, T1
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Il Vangelo secondo Matteo (The Gospel According to Matthew)
1964. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Enrique Irazoqui, Margherita Caruso, Susanna Pasolini. “Pasolini’s film (…) came again and again with a salutary shock of surprise, starting with the very first sequence. (…) With neither the money nor the facilities to embark on far-flung locations, Pasolini made his picture in the rock country of his own southern Italy, as bare and as austere as Stevens’s American desert, but far more intimately related to the scale of men working for their living in an unkind land. (…) In my opinion, The Gospel According to Matthew is incomparably the most effective picture ever made on a scriptural theme...” (Maryvonne Butcher, Film Comment, Autumn 1965). In Italian; English subtitles. 137 min.

Wednesday, December 19, 2012, 8:00 p.m., Theater 1, T1
Monday, December 31, 2012, 4:30 p.m., Theater 1, T1
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Mamma Roma 
1962. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Anna Magnani, Ettore Garofolo, Franco Citti. “Arguably in Mamma Roma the sub-proletarian world provides not only the subject matter but the actual subject of the film, for the story hinges on the attempts of Mamma Roma, an ex-prostitute, to ‘go straight’ and to provide a respectable petty bourgeois existence in which her adolescent son can grow up. The attempts fail and the respectable dream evaporates and, in a sense, there is a moral in this—the first statement by Pasolini of what is to become a recurrent theme: the un-livability of the modern bourgeois and petty-bourgeois world” (G. Nowell-Smith, “Pasolini’s Originality,” in Pier Paolo Pasolini, 1977). In Italian; English subtitles. 106 min.

Thursday, December 20, 2012, 4:30 p.m., Theater 1, T1
Friday, December 28, 2012, 8:00 p.m., Theater 1, T1
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Edipo Re (Oedipus Rex)
1967. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Franco Citti, Silvana Mangano, Alida Valli. “The prologue of Oedipus Rex, which is balanced by a modern epilogue, is one of the most striking aspects of the film. It contains a beautifully lyrical evocation of the enigma of woman—the long-held shot of the mother’s blank, mask-like face accompanied by a phrase from Mozart’s C-major quartet, which recurs as a leitmotif throughout the film. The hostility which the child’s presence arouses in his father comes to a climax when the father ‘squeezes the child’s tiny bare feet as if he wanted to crush them.’ And with this Pasolini cuts abruptly but with perfect precision to the empty Moroccan landscape and ancient Japanese flute music which together form the basic elements of his vision of the world of Sophoclean myth” (Roy Armes, The Ambiguous Image, 1976). In Italian; English subtitles. 104 min.

Thursday, December 20, 2012, 8:00 p.m., Theater 1, T1
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Teorema (Theorem)
1968. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Silvana Mangano, Massimo Girotti, Terence Stamp, Anne Wiazemsky. “His film is a parable, seductively ambiguous and yet set forth with the calm certitude of a geometrical theorem: if five members of a wealthy industrialist’s household encounter God, five specific things will happen to them in consequence of their encounter. The Deity appears as a mysterious houseguest who offers himself freely, ambisexually, to anyone who wants him. And everyone wants him: the industrialist, his wife, daughter, son and maid. Once the guest has gone, the maid becomes a saint, the daughter a catatonic, the mother a nymphomaniac, the son an Abstract Expressionist, and the father a spiritual wanderer across mountains of volcanic ash that Pasolini has thrown in to portray the aridity of modern life” (Joseph Morgenstern, Newsweek, May 5, 1969). In Italian; English subtitles. 105 min.

Friday, December 21, 2012, 4:30 p.m., Theater 1, T1
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Porcile (Pigsty)
1969. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. Pierre Clementi, Franco Citti, Jean- Pierre Léaud, Anne Wiazemsky. “All the references to art and culture in the film have the same kind of cynical despair about them, particularly when they involve things in which Pasolini himself has been engaged. Thus the prone Julian is compared by Mrs. Klotz both to Christ on the cross, and to the iconography by a Mannerist St. Sebastian—when in fact he is lying there like a log looking like either. The bourgeoisie is intelligent and voracious enough to assimilate even art which sets out to destroy it” (Noel Purdon, “Pasolini: The Film of Alienation,” in Pier Paolo Pasolini, 1977). In Italian; English subtitles. 98 min.

Friday, December 21, 2012, 8:00 p.m., Theater 1, T1
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Appunti per un’Orestiade Africana (Notes for an African Oresteia)
1970. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. “Notes for an African Oresteia documents on film his 1970 location hunting and local casting tour of Tanzania and Uganda for a never-realized feature adaptation of the Greek tragedy The Oresteia. (…) The concept is to set The Oresteia in Africa circa 1960, when many colonies were following Ghana’s lead in achieving independence. Pasolini saw the play’s transformation of the Furies into the Eumenides paralleling Africa moving from tribalism to democracy” (Variety, January 21, 1981). In Italian; English subtitles. 65 min.

Le mura di Sana’a (The Walls of Sana’a)
1971–74. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. “Sana’a, like all of the Third World for Pasolini, was two things, an intact, sublimely beautiful medieval Arab city of the past, and a corrupted, degraded city being developed in the present. In 1971, Pasolini made [this] film in the form of a plea to UNESCO to save Sana’a from the destruction of modernisation” (Sam Rohdie, The Passion of Pier Paolo Pasolini, 1995). In Italian; English subtitles. 16 min.

Saturday, December 22, 2012, 2:00 p.m., Theater 1, T1
Sunday, December 30, 2012, 5:30 p.m., Theater 1, T1
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Il Decameron (The Decameron)
1971. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Franco Citti, Ninetto Davoli, Silvana Mangano. “Taking 10 tales out of the 100 in Boccaccio’s Decameron, Pasolini has created one of the most beautiful, turbulent, and uproarious panoramas of early Renaissance life ever put on film. It is also one of the most obscene, if obscene defines something that is offensive to ordinary concepts of chastity, delicacy, and decency, although I’d hardly call the film offensive to morals” (Vincent Canby, The New York Times, December 9, 1971). In Italian; English subtitles. 111 min.

Saturday, December 22, 2012, 5:30 p.m., Theater 1, T1
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I racconti di Canterbury (The Canterbury Tales)
1972. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Pier Paolo Pasolini, Hugh Griffith, Josephine Chaplin, Laura Betti. “The images are often bewitching, with Tonino Delli Colli’s colour photography and Dante Ferretti’s art direction. Among the few studio interiors, for instance, the set for Geoffrey Chaucer’s study is given the determined exploratory perspective of a medieval painting by the use of a chequered floor and other convergent, geometrical forms. Mostly, however, the film uses actual locations, selected with no scholarship about period, but with a flair which gives exciting new aspects to familiar places” (David Robinson, The Times, June 15, 1973). In Italian; English subtitles. 123 min.

Sunday, December 23, 2012, 2:30 p.m., Theater 1, T1
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Il fiore delle Mille e una notte (The Arabian Nights)
1973–74. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Franco Merli, Ines Pellegrini, Ninetto Davoli, Franco Citti.“The film offers itself as the prototype of ‘pure’ narration: that is, of narratives that live off of one another, that are embedded in one another to such an extent that it is often impossible to determinate the containing tale from the contained. Il fiore will reproduce the image of the self-generating tales of the original text, and yet its expulsion of the original frame-tale, the story of Scheherazade, is a function of Pasolini’s refusal to trace a possible outer limit to narration within the film itself” (Patrick Rumble, “Stylistic Contamination in the Trilogia della vita: The case of Il fiore delle Mille e una notte,” in Pier Paolo Pasolini: Contemporary Perspectives, 1994). In Italian; English subtitles. 148 min.

Sunday, December 23, 2012, 5:30 p.m., Theater 1, T1
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Salò o le 120 giornate di Sodoma (Salò or the 120 Days of Sodom)
1975. Italy. Directed by Pier Paolo Pasolini. With Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Uberto Paolo Quintavalle. Salò “derives its powerful impact largely from its literalness: staging the tortures of de Sade’s The 120 Days of Sodom point by point, detail by detail, even though Pasolini enforces a kind of shotgun marriage between this novel and a relatively recent historical phenomenon by situating all his simulated atrocities in the last stronghold of Italian Fascism.... Like it or not, Salò is a realized work that accomplishes a good deal of what it sets out to do—to appall us with the spectacle of our own worst capacities, and to confront us with the even more disturbing and conflicted responses that this may elicit in us” (Jonathan Rosenbaum, The Soho Village News, June 4, 1980). In Italian; English subtitles. 114 min.

Thursday, December 27, 2012, 8:00 p.m., Theater 1, T1


"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
Autori associati: Alessandro Barbato, Claudio Rampini, Marco Taffi
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le notizie contenuti in oltre dodicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolini

2 Novembre 2012: "Lampi", di Emanuele Di Marco

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"Pagine corsare"
2 NOVEMBRE 2012 - PIER PAOLO PASOLINI, LA VITA, LA MORTE
Idroscalo di Ostia, Monumento a Pier Paolo Pasolini, Jordi Corominas i Julián © 2006 


Lampi 
di Emanuele Di Marco
2 novembre 2012

Caro Pier Paolo,
all’inizio dell’autunno
sono venuto a trovarti
nel tuo piccolo parco
della memoria
assediato dall’abominio
neocapitalista
che sta diventando
l’Idroscalo
di Ostia.
Mille nodi
di una cordicella,
spauracchio solamente
ai miti,
tenevano chiuso il cancello.
Non sapevo che fare,
volevo bruciare la corda,
non avevo, certo, con me
un coltello.
Non ne ho avuto
il coraggio.
Sono tornato a casa
a Roma
senza entrare.

La sera fra il primo
e il due di novembre,
la sera fatale,
ero di nuovo a Ostia,
un puro caso,
e ho mangiato
per la prima volta
(incredibile dictu,
per un romano)
la “gricia”
che tu tanto amavi.
La prima volta
in quarant’anni,
a Ostia,
la sera fra il primo
e il due novembre.
Non mi è piaciuta,
ma ti ho pensato.
Sono stato, in fondo,
contento.

Qualche ora dopo,
di notte,
ho deciso
di approfittare
per una veloce puntata,
di nuovo,
all’Idroscalo.
E ancora
davanti al cancello
del parco a te dedicato
che non è mai,
mai aperto,
di notte,
certo,
come di giorno,
inutile,
parrebbe,
inadeguata macchiolina
in mezzo
al cemento
che cresce
orribilmente.
Sei grossi cani
sono usciti fuori
dall’ombra
delle fratte.
Sono rientrato,
di corsa,
in macchina.
Ho lanciato
un ultimo sguardo
al piccolo monumento
bianco
che ancora una volta
non avevo potuto
nemmeno sfiorare,
quasi del tutto
indistinguibile
nell’umida,
nella silenziosa foschia.

Le mani sul volante,
ho pensato:
“E se morissi anch’io
stanotte?”

Pochi altri minuti.
L’auto parcheggiata
il muso alla spiaggia.
Sono sceso.
Sono arrivato
quasi fino
alla battigia
ad assaggiare
il sapore
delle onde,
mugghianti,
sull’orlo
della tempesta.
Le mani in tasca,
gli occhi stretti
all’orizzonte,
ho cominciato
a riflettere
sul senso
di tutto questo.
Sul nulla, forse,
di ogni cosa.
Sul tuo feroce
assassinio,
mezz’ora,
dicono,
di martirio.
Sul tuo povero
corpo
disteso bocconi
su questa stessa
sabbia,
un’intera notte
nell’assenza di suoni
della più completa
solitudine.
Ho ricordato
alcuni tuoi versi.
La vita
nei secoli
mi graffiava,
fredda,
il volto
dal mare.

In auto
al ritorno
ancora in silenzio.
La strada
più buia
del solito.
Ad un tratto,
in lontananza
le prime luci
di Roma.
Mi stava aspettando,
cuore nero e
palpitante
di millenario odio.

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Pasolini e la "mutazione antropologica", video-lezione di Federico Sollazzo

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LA SAGGISTICA
Pasolini e la "mutazione antropologica"
Video-lezione di Federico Sollazzo

Se noi vogliamo comprendere un fenomeno, l’unica possibilità che abbiamo di comprenderlo
è penetrare questo fenomeno. Non si può comprendere dall’esterno.
Questo è uno degli errori, o degli orrori, della mentalità scientifica, il fatto che
l’osservatore, lo scienziato, è sempre esterno, è sempre impersonale, è sempre oggettivo.
No!, se si vuole comprendere un fenomeno si deve penetrare quel fenomeno,
ci si deve sporcare le mani con quel fenomeno, si deve rischiare di morire con quel fenomeno…
Federico Sollazzo

Vi sono, tra quelli raccolti in Scritti corsari, alcuni interventi tra i più importanti che si riferiscono alla "mutazione antropologica", un fenomeno descritto da Pasolini e riguardante i cambiamenti profondi verificatisi con l'avvento della società dei consumi.
Un primo intervento è del 10 giugno 1974: Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia (sul “Corriere della Sera” col titolo Gli italiani non sono più quelli);  un altro articolo, apparso sul “Corriere” con il titolo Il Potere senza volto(titolo originale Il vero fascismo e quindi il vero antifascismo  è del 24 giugno 1974. Un terzo è dell'11 luglio dello stesso anno: Ampliamento del “bozzetto” sulla rivoluzione antropologica in Italia (Intervista a cura di Guido Vergani apparsa sul “Mondo”.
La "mutazione antropologica", formulazione originale esclusivamente pasoliniana, è uno dei fenomeni più tragici trattati dall'autore: essa consiste, nel caso italiano, in una distruzione di ogni carattere individuale, sia superficiale, sia profondo, spirituale.
Pasolini sostiene che ultimamente i ceti medi hanno completamente, antropologicamente, cambiato i loro valori in quelli dell'edonè e del consumo, propri della borghesia. Il Potere del consumismo ha gettato via cinicamente vecchi valori, provocando, con la nuova "cultura di massa", il cambiamento antropologico. Questa nuova cultura non è moralistica, ecclesiastica o patriottica, ma è determinata da leggi interne e da un'ideologia autosufficiente: segnate da essa, le persone non sono più distinguibili fisicamente e dal punto di vista delle abitudini, e anche un fascista e un antifascista paradossalmente si assomigliano. L'autore  definisce  la  nuova "cultura  di  massa"  "follia  pragmatica",  "conformismo  e  nevrosi". Pasolini sostiene inoltre che la cultura base degli italiani è cambiata, che la cultura di classe è stata sostituita da una cultura interclassista.
In un ulteriore intervento su “Paese Sera” dell’8 luglio 1974, Lettera aperta a Italo Calvino: Pasolini: quello che rimpiango (in Scritti corsari col titolo Limitatezza della storia e immensità del mondo contadino) Pasolini parla dell'impoverimento dello spazio umano determinato dalla "mutazione antropologica". Si tratta soprattutto di un impoverimento dello spazio fisico nel quale l'uomo vive e dei comportamenti, della lingua, ridotta a mero strumento di  comunicazione che riduce l'espressività, e dello spazio linguistico, che si riflette nella scomparsa dei dialetti. Pasolini replica a Calvino sostenendo che gli uomini sono sempre conformisti e più possibilmente uguali l'uno all'altro, ma secondo la loro classe sociale e sotto condizioni culturali regionali. Oggi sono tutti uguali, conformisti, senza distinzione di classe: un operaio è uguale fisicamente a uno studente, e un operaio del Nord a uno del Sud. Si tratta solo di uno degli effetti dei cambiamenti globali indotti dalla società avanzata consumistica di massa. Più on generale, la scoperta della "mutazione antropologica" è un passo significativo  verso la constatazione dell'esistenza di un fenomeno che accomuna tutti i cambiamenti portati dalla società consumistica di massa, vale a dire l'impoverimento dello spazio umano, del mondo fisico e intellettuale. 
Pasolini vede nei tempi passati ricchezza e varietà di comportamenti, di lingue e di culture, mentre il presente significa per lui impoverimento in tutti i sensi: spariscono alcuni gesti, spariscono alcuni dialetti, la gente abiura le proprie culture particolaristiche, seguendo le lusinghe del consumismo. Prima della "mutazione", secondo Pasolini, l'uomo era più autonomo, creativo, si distingueva con il suo fisico, era fiero della propria cultura particolaristica, parlava il suo dialetto ricco di espressioni, il suo spazio spirituale nella vita era vasto e sembrava illimitato; l'Italia, nonostante la povertà materiale, prima conosceva diversi aspetti delle culture locali. Ora le culture particolaristiche si sono avvicinate alla cultura centralistica, ufficiale, che riduce la creatività linguistica, unisce culturalmente la gente e le toglie l'autonomia dello spazio spirituale. 

Di questo e di molto altro parla Federico Sollazzo nel suo intervento video,
nel quale tra l'altro si avvale di un'analisi stringente e di alcune citazioni
originali pasoliniane a sostegno delle proprie tesi.

Un grande ringraziamento di "Pagine corsare" a Federico Sollazzo.
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Pasolini e lo sport. Ciclismo: dialogo con Vittorio Adorni a "Processo alla tappa" (1969)

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"Pagine corsare"
LA VITA - LO SPORT
Pasolini e lo sport.
Ciclismo: dialogo con Vittorio Adorni
a "Processo alla tappa" (1969)
http://www.raiscuola.rai.it/

Nel 1969, durante una trasmissione del Processo alla tappa di Sergio Zavoli nacque una singolare ma fervida amicizia tra uno scrittore, Pier Paolo Pasolini, e un ciclista, Vittorio Adorni. Era un`epoca in cui - come ci mostra il filmato - per commentare il Giro d`Italia venivano convocati in studio intellettuali come Pasolini e Giuseppe Berto, Alberto Bevilacqua e Indro Montanelli. Quegli anni di sincerità, di garbo e di vitali scontri erano però anche gli anni del doping di Eddy Merckx.
Sulla scorta di brani di Achille Campanile e Dino Buzzati, straordinari inviati alle prime gare del dopoguerra, e di un`intervista al regista Carlo Mazzacurati, si ripercorre la natura mai semplice del Giro e il rapporto tra esso e l`intellettualità italiana.


Il dialogo tra Pier Paolo Pasolini e Vittorio Adorni è da 1'23" fino a 8'30"

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Fano: Teatro della Fortuna, applausi e consensi per l’Agamennone di Pietro Conversano

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LA SAGGISTICA - TEATRO
Fano: Teatro della Fortuna
applausi e consensi per l’Agamennone di Pietro Conversano
19 novembre 2012


Grande successo per Agamennone di Eschilo, nella traduzione di Pier Paolo Pasolini, diretto e interpretato da Pietro Conversano, attore e regista pugliese ormai fanese d’adozione, assistente e collaboratore del grande Maestro del teatro italiano Orazio Costa. Conversano ha diretto il capolavoro di Eschilo con rigore ed essenzialità, permettendo alla parola di emergere con tutta la sua forza e intensità, diventando la vera protagonista della scena. 
Bravissimi anche gli interpreti, Cristina Cirilli, Tiziana Marsili Tosto, Stefano De Bernardin e Stefano Tosoni, tutti attori marchigiani. Tra la platea gremita, moltissimi i giovani presenti (grazie al progetto di formazione teatrale Amat Scuola di Platea) che hanno seguito con attenzione ed emozione lo spettacolo.
“Con la qualità la scelta è sempre vincente”, afferma l’Assessore alla Cultura di Fano Maria Antonia Cucuzza, che - in collaborazione con la Fondazione Teatro della Fortuna - ha fortemente sostenuto la realizzazione di questo evento, capace di valorizzare bravi professionisti del nostro territorio.
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Ma la Bellezza è Bellezza. ‘La Guinea’ di Pier Paolo Pasolini

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LA POESIA
Ma la Bellezza è Bellezza. 
‘La Guinea’ di Pier Paolo Pasolini
di Marco Marchi
19 novembre 2012

Il poemetto, tratto da Poesia in forma di rosa, è dedicato da Pasolini all'amico poeta Attilio Bertolucci: di qui i riferimenti a Casarola, dove Bertolucci visse per lunghi periodi, soprattutto d'estate, fino agli ultimi anni. 
La lettura radiofonica d’autore offerta dal video risale al 1962 (come del resto la prima pubblicazione del poemetto, avvenuta nella rivista parmense «Palatina») e presenta varianti rispetto al testo apparso due anni dopo in volume.
"La Guinea" di Pier Paolo Pasolini. Video di Angela Molteni

La Guinea

Alle volte è dentro di noi qualcosa
(che tu sai bene, perché è la poesia)
qualcosa di oscuro che fa luminosa 

la vita: un pianto interno, una nostalgia
gonfia di asciutte, pure lacrime.
Camminando per questa poverissima via

di Casarola, destinata al buio, agli acri
crepuscoli dei cristiani inverni,
ecco farsi, in quel pianto, sacri

i più comuni, i più inutili, i più inermi
aspetti della vita: quattro case
di pietra di montagna, con gli interni

neri di sterile miseria – una frase
sola sospesa nella triste aria,
secco odore di stalla, sulla base

del gelo mai estinto – e, onoraria,
timida, l’estate: l’estate, con i corpi
sublimi dei castagni, qui fitti, là rari,

disposti sulle chine – come storpi
o giganti – dalla pura Bellezza.

(…)

visti dal Kenia, quei colori
senza mezza tinta, senza ironia,

viola, verdi, verdazzurri, azzurri, ori,
ma non profusi, anzi, scarsi, avari,
accesi qua e là, tra vuoti e odori

inesplicabili, sopra polveri d’alveari
roventi… Il viola è una piccola sottana,
il verde è una striscia sui dorsali

neri d’una vecchia, il verdazzurro una strana
forma di frutto, sopra una cassetta,
l’azzurro, qualche foglia di savana,

intrecciata, l’oro una maglietta
di un ragazzo nero dal grembo potente.
Altro colpo di pollice ha la Bellezza:

modella altri zigomi, si risente
in altre fronti, disegna altre nuche.
Ma la Bellezza è Bellezza, e non mente.

[...]

Non è il dovere che mi trattiene a cercare
un mondo che fu nostro con la classica

forza dell'elegia! l'allusione a un fatale
essere uomini in proporzioni umane!

[...]

Ma qui a Casarola splende un sole
che morendo ritira la sua luce,
certa allusione ad un finito amore.

(Pier Paolo Pasolini, da La Guinea, in Poesia in forma di rosa, 1964)

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"Pier Paolo Pasolini v Česku", Autor článku: Tomáš Matras - "Pier Paolo Pasolini nella Repubblica Ceca", Autore: Thomas Matras - IN CECO E IN ITALIANO

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"Pagine corsare"
LA SAGGISTICA
La traccia dell'intervento di Tomáš Matras 
alla iniziativa dell'Istituto Italiano di Cultura di Praga del 24 ottobre 2012

Pier Paolo Pasolini v Česku
Autor článku: Tomáš Matras - 16.10.2012

Co do dnešní doby zůstává z Piera Paola Pasoliniho v Česku? Proč ho jedna skupina lidí nenávidí a ta druhá, stejně velká, miluje? Proč je většinové společnosti lhostejný? Jaké jsou důvody těchto postojů? Co všechno nám stihl Pasolini předat a kdy budeme moci říct, že jsme na správné cestě myšlenkově zpracovat jeho život a dílo v rozsahu, na jaký bychom si u této osobnosti troufli? Jeden americký komik kdysi prohlásil: „Do problémů nás nedostávají věci, které víme, ale věci, o kterých se domníváme, že je víme.“ Co ovšem v České republice víme o životě a díle autora?
Pier Paolo Pasolini v českém prostředí sice není neznámý, ale zatím se českému publiku představil pouze jako vynikající filmový režisér a autor románů Zběsilý život, Darmošlapové, básnické sbírky Gramsciho popel, autobiografické prózy Nečisté skutky – Amado mio, v poslední době též jako autor angažovaných esejů v knížce Zuřivý vzdor. Z literárního hlediska jsme tedy byli seznámeni především s počáteční fází autorovy umělecké tvorby. Pasoliniho dílo nicméně zahrnuje další romány, literárněvědné eseje, poezii, scénáře, krátkometrážní a povídkové filmy, divadelní hry, překlady a příležitostné malby z různých období tvůrčí činnosti. Walter Siti spočítal, že autor během třiceti let práce napsal přes dvacet tisíc stran textu, mimo scénáře a přepisy. Pokud se tedy odvážíme vůbec říct, že běžný český divák zná většinu Pasoliniho filmů, nemůžeme nic podobného tvrdit o ostatních oblastech autorovy tvorby.
Za tohoto stavu si můžeme velmi dobře představit běžného českého občana, který po přečtení Zběsilého života a Darmošlapů prohlásí, že Pasolini je autorem skoro neorealistických románů z římského předměstí. Pokud se jde podívat na některý z Pasoliniho filmů, o Accattone a Mamma Roma řekne pouze „neorealismus“, Dravce a vrabce nepochopí, filmy z Trilogie života se mu budou zdát příliš explicitně a samoúčelně erotické a na Salò se nedodívá a s křikem „Co je to za hrůzu?“ opustí promítací sál. Pokud ještě zjistí, že Pasolini byl homosexuál, který byl zavražděn, mírně se zarazí, sice uzná kvalitní řemeslnou práci režiséra, ale v lepším případě se ještě někdy možná půjde na nějaký autorův film podívat do kina. V tom horším ho Pasolini přestane zajímat úplně. V tom nejhorším ho začne nenávidět.
Pro minulý režim sice Pasolini byl (a teď cituji dobový nekrolog z českého tisku) „pokrokový umělec, bojující proti kapitalistické společnosti, proti zvůli a násilí, jehož obětí se nakonec stal“, a také autorem, jehož „umělecký vývoj byl určen úctou a láskou prostým lidem a soucitem s tzv. vyděděnci společnosti“, ale tento režim neopomněl dodat, že v Pasoliniho dílech „se projevuje jistá rozporuplnost autorova světového názoru, v němž je marxistický základ poznamenán vlivy křesťanství a freudismu“. O Pasoliniho homosexualitě se za minulého režimu samozřejmě nehovořilo. Nicméně ani po sametové revoluci česká společnost – po čtyřiceti letech decimace levičáctvím a pseudolevičáctvím – nebyla připravena na levicové ideje Pasoliniho střihu. Dovolte mi odcitovat Erazima Koháka (E. Kohák, S klapkou na levém oku): „Ve zpětném pohledu je to všechno tak pochopitelné a tak tragické. Samozřejmě po sedmi letech nacistické okupace nás zaplavila nechuť ke všemu pravicovému, od fašistů až po lidovce. Doplatili jsme na to Únorem. Samozřejmě po dvaceti letech okupace a normalizace nás zaplavila stejná nechuť ke všemu levicovému, od nejtvrdšího stalinismu až po Masarykovu sociální demokracii. I na to jsme doplatili.“ Tato nedůvěra české společnosti vůči čemukoliv, co přichází zleva, kterou Václav Bělohradský popisuje jako „převládající ideologii pravičáctví“, pořád přetrvává, i když i tento velký ledovec pomalu začíná tát. Důkazem je i dnešní setkání.
S Pasolinim se osobně setkal překladatel Zdeněk Frýbort, který pro autora tlumočil během jeho návštěvy Prahy v roce 1965 (viz zmínka v eseji „Promluva vlasů“) a filmová kritička Eva Zaoralová, která autora navštívila v Itálii v roce 1967 a natočila s ním rozhovor. Po sametové revoluci se soustavněji Pasolinimu věnuje zejména Václav Bělohradský (eseje „Sekáč, který se nezakecal. První světová válka jako filozofický problém“ (1998) nebo „Papežovy smažené brambůrky aneb trimf struktur“ (1999), „Dispensa di sociologia politica 2011–2012“ (2011, zmínka o světluškách), Martin C. Putna (přednáška „Pasolini literát neznámý“ v rámci festivalu Mezipatra 2002, kapitola „Němá Aquileia aneb Cesta až do Casarsy“ knihy Řecké nebe nad námi aneb Antický košík. Studie k druhému životu antiky v evropské kultuře, Academia, Praha, 2006) nebo Petr Gajdošík (webové stránky v češtině věnované zejména Pasoliniho filmovému dílu, pravidelně aktualizované od roku 2003, www.nostalghia.cz). Z italských pedagogů, kteří působí v České republice a věnují se Pasolinimu, zmiňme Luciana Lagazziho (VŠE, mezioborové přednášky o Pasolinim v roce 2010 v rámci Společnosti Dante Alighieri), Giorgia Cadoriniho (Slezská univerzita v Opavě, věnuje se zejména Pasoliniho furlánskému období) a Alessandra Mariniho (FF UP v Olomouci, věnuje se především rozborům Pasoliniho filmové tvorby). Z internetových zdrojů zmiňme českou sekci www.pasolini.net a server www.iLiteratura.cz.

© Tomáš Matras
Text zazní v rámci akce „Aktuality o Pasolinim korzárovi" – neformální setkání o životě a díle autora za účasti Anežky Charvátové, Martina C. Putny a dalších osobností, které se koná 24. 10. 2012 v Kapli Italského kulturního institutu, Šporkova ul., Praha 1.



Pier Paolo Pasolini nella Repubblica Ceca
Autore: Tomáš Matras - 2012/10/16



Cosa è presente finora di Pier Paolo Pasolini nella Repubblica Ceca? Perché alcuni lo odiano e altri lo amano? Perché la società tradizionale è indifferente? Quali sono le ragioni di questi atteggiamenti? Ciò che è riuscito a passare di Pasolini e quando si potrà dire che siamo sulla strada giusta per gestire la conoscenza della sua vita e del suo lavoro dal momento che ci siamo avventurati a studiare una tale personalità? Un comico americano una volta disse: "Per i problemi che abbiamo non si possono applicare soluzioni già conosciute, ma le cose che pensiamo le conosciamo". Nella Repubblica Ceca, però, si conoscono la vita e l'opera dello scrittore?
Pier Paolo Pasolini in ambiente ceco non è molto noto: finora al pubblico ceco è stato presentato solo come un regista eccezionale (i cui film sono trasmessi anche dalle emittenti televisive), autore del romanzo Una vita violenta, delle poesie della raccolta Le ceneri di Gramsci, della prosa autobiografica di Amado mio e, più di recente, come autore dei saggi da Scritti corsari e Lettere luterane da me tradotti. Il lavoro di Pasolini, tuttavia, comprende altri romanzi, saggi, poesie, sceneggiature, racconti e film, opere teatrali, traduzioni e dipinti di vari periodi di attività creativa testimoniati dall’opera omnia curata in Italia da Walter Siti (oltre trenta anni di lavoro pasoliniano in più di ventimila pagine di testo). Si potrebbe dire che l’utente medio ceco conosce la maggior parte dei film di Pasolini, ma non si può dire una cosa del genere per altri settori delle opere dell'autore.
In questa situazione, si può immaginare il cittadino medio ceco che dopo aver letto la vita frenetica di un vagabondo (in Una vita violenta) dichiara che Pasolini è autore di romanzi quasi neorealistici della periferia romana. Se si ferma ad alcuni dei film di Pasolini come Accattone e Mamma Roma, li considera soltanto "neorealismo"; non capisce Uccellacci e uccellini, considera troppo espliciti l’amore e l’erotismo nella Trilogia della vita e lascia la sala durante la proiezione di Salò protestando "Che cos’è?… il terrore?". Se si scopre che Pasolini era un uomo gay che è stato assassinato, vengono presi un po' alla sprovvista, non riconoscono il regista di qualità, e nel migliore dei casi vedono il cinema d’autore come una moda. In altri casi l’interesse per Pasolini si arresta totalmente. Nel peggiore dei casi, poi, si inizierà a odiarlo.
Per il passato regime, mentre Pasolini era (cito un necrologio contemporaneo dalla stampa ceca) "un artista progressista, in lotta contro la società capitalista, contro il dispotismo e la violenza, di cui è divenuto vittima", e un autore il cui "sviluppo artistico è stato determinato dal rispetto e amore per la gente comune e la cattiva sopportazione nei confronti della società dei privilegiati", pur manifestando “una certa incoerenza nella visione del mondo da un autore in cui la base marxista è marcata dalle influenze del cristianesimo e del freudismo". A proposito dell’omosessualità di Pasolini, sotto il precedente regime, naturalmente, nessun cenno.
Tuttavia, anche dopo la cosiddetta Rivoluzione di Velluto, la società ceca - dopo quaranta anni di pseudo tendenze di sinistra - non era pronta per le idee di sinistra di Pasolini. Permettetemi di citare Erazim Kohák: "Col senno di poi, è tutto così comprensibile e in modo tragico. Naturalmente, dopo sette anni di occupazione nazista essere liberati è piaciuto a tutti, anche a destra, dai fascisti alla Democrazia cristiana. Abbiamo pagato il prezzo per questo nel mese di febbraio. Naturalmente, dopo venti anni di occupazione e di normalizzazione siamo in preda allo stesso disgusto per tutto ciò che è di sinistra, dalla più difficile alla democrazia stalinista sociale di Masaryk. Anche dopo che abbiamo pagato il prezzo". Questa sfiducia della società ceca verso tutto ciò che proviene da sinistra, da Václav Belohradsky descritta come "ideologia dominante”, persiste ancora, anche se questo grande ghiacciaio inizia a sciogliersi. La prova si ha proprio ai giorni nostri.
Con Pasolini si era incontrato personalmente il traduttore Zdeněk Frýbort con cui lo scrittore aveva parlato durante la sua visita a Praga nel 1965 (vedi menzione nel "Discorso dei capelli", saggio contenuto in Scritti corsari); inoltre Pasolini aveva incontrato il critico cinematografico Eva Zaoralova che andò in visita in Italia nel 1967. Dopo la Rivoluzione di Vellutosistematicamente presta particolare attenzione a Pasolini Václav Belohradsky (saggi sulla prima guerra mondiale [1998] o sul Papa e il Vaticano [1999]); in “Dispensa di Sociologia Politica 2011-2012” cita l’articolo delle lucciole. E anche Martin C. Putnam (lezione " Pasolini scrittore sconosciuto" all'interno di Mezipatra 2002, capitolo "Aquileia Silenziosa” o “Viaggio a Casarsa"); lo studio del mondo antico nella cultura europea, Academia, Praga, 2006) o Peter Gajdosik (sito in inglese dedicato soprattutto all’opera cinematografica di Pasolini, regolarmente aggiornato dal 2003, www.nostalghia.cz). Tra gli insegnanti italiani che lavorano nella Repubblica Ceca e supportano Pasolini, una particolare menzione a Luciano Lagazzi per le lezioni interdisciplinari su Pasolini. Nel 2010 sono da ricordare la Società Dante Alighieri, Giorgio Cadoriniho (Slesia University di Opava - si è dedicato principalmente al Pasolini del periodo friulano) e Alessandra Marini (Palacky University di Olomouc, con grande attenzione all’analisi sul cinema di Pasolini). Per parlare di risorse Internet in ceco occorre riferirsi alla sezione ceca di www.pasolini.net e al server www.iLiteratura.cz.

© Tomas Matras 
Testo all'interno di "News of Pasolinim Corsair" - un convegno sulla vita e l'opera dell'autore con la partecipazione di Agnes Charvátová, Martin C. Putna e di altre personalità, che si è tenuta il 24 ottobre 2012 nella Cappella dell'Istituto Italiano di Cultura di Praga.
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
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Il corpo come riscatto dalla borghesia: il Teorema di Pasolini

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LA SAGGISTICA - CINEMA / NARRATIVA
Il corpo come riscatto dalla borghesia:
il Teorema di Pasolini

Teorema nacque come dramma teatrale nel 1965 ma divenne un romanzo e un opera cinematografica nel 1968. In questo film, l'autore simboleggia il proprio giudizio negativo dell'individualismo a cui la vita, in stile borghese, richiede e conduce. La simbologia di questa chiusura in sé passa attraverso il corpo, un corpo snaturato, fattosi oggetto in chi si è abituato a vivere le consuetudini di questa noiosa società consumistica. Ma attraverso il corpo passa anche il riscatto. Ed è proprio quello che è venuto a portare Angelo (nome più appropriato...), un ragazzo bello e gentile ma anche riservato e assorto, fuori dalle consuetudini e che sta tutto il tempo a leggere (non a caso) Rimbaud. 
Arrivato da chissà dove, giunge per visitare la famiglia di Paolo, industriale a capo di un'azienda della fredda Milano. A casa c'è tutta la famiglia: l'annoiata moglie Lucia, i figli studenti Pietro e Odetta e infine la domestica (una "esclusa di razza bianca" come la definì Pasolini stesso), Emilia, di origini contadine.
L'ospite sconvolgerà la normalità di questa famiglia piccolo-borghese. Ogni membro, inclusa la domestica, finirà per avere un rapporto sessuale con lui. La prima ad essere folgorata dalla estraneità e naturalezza del giovane è proprio la domestica che, per paura di non poterlo avere, tenta di suicidarsi ma viene fermata e amata dall'ospite. Poi tocca a Pietro, suo coetaneo con inclinazioni artistiche, destinato a scoprire anche le sue vere inclinazioni sessuali. Poi è la volta di Lucia, fino ad allora confinata nel dogma cattolico (come pare viverlo non perché dogma puramente cattolico) della fedeltà coniugale. Dopodiché Odetta, studentessa introversa molto attaccata alla figura paterna e infine il paterfamilias Paolo.
Tutti uniscono il proprio corpo con la sua bellissima e affascinante anormalità. Ma, come dice lo stesso Rimbaud, l'ospite "è  venuto, se n'è andato e forse non tornerà mai più". Quindi, altrettanto misteriosamente di come era arrivato, l'ospite inatteso se ne va.
La famiglia cade nel panico: ogni membro, ormai svelatosi a se stesso per quello che è, per il timore di questo improvviso cambiamento si rifugia nella propria individualità con conseguenze catastrofiche. Una perfetta sintesi è la reazione di Odetta: chiusasi in se stessa, impazzisce e viene portata al manicomio, ancora rigida e con il pugno serrato steso lungo il corpo. Lucia prova a rivivere quella passione, quell'energia corporea donandosi a caso a ragazzi caricati in macchina lungo la statale, cercando coetanei dell'ospite. Ma la tristezza permea qualsiasi incontro.
Pietro invece scappa di casa e si dà all'arte completamente: ma dipinge quadri di cui non si fida, cercando invano una forma d'arte che lo convinca appieno. In questo Pasolini mette tutto il senso dell'attuale fuga dalla personalità a cui la nostra società ci educa fin da bambini: se qualche cosa non va coprila con qualcosa perché nessuno se ne accorga, come Pietro pone una lastra di vetro sull'altra per nascondere gli errori dell'artista, l'ingenuità del suo tratto inesperto. Alla fine, sconfortato, infligge una punizione corporea alla sua opera urinandogli sopra.
Perciò il rifugio nella propria individualità, senza scampo, fino alla pazzia. Solamente il padre verrà illuminato, abbandonando tutto se stesso e i suoi averi: lascia la fabbrica agli operai, scappa svestendosi completamente e vaga nudo per il deserto. L'urlo tra le dune di sabbia (fuori sincrono come se non fosse un urlo umano ma qualcosa di più profondo) racchiude in sè la dolorosa presa di coscienza del proprio vivere svuotato, senza senso, senza identità.
L'unica a "salvarsi" da questa apocalisse è per sua natura la contadina Emilia la quale, estranea al mondo borghese per nascita, torna al suo paese di campagna e qui, dopo giorni di immobilità corporea, di purificazione (mangia solamente delle ortiche), concentrata in uno stato catatonico-mistico riesce a liberarsi completamente della sua individualità (significativa la scena dove si sotterra e solo gli occhi spuntano per 'irrigare' il campo con le proprie lacrime), a donarsi all'Altro (di cui l'ospite era portatore) e il suo corpo prende a lievitare mentre la popolazione grida al miracolo. Un miracolo sì, che ci si possa ancora rendere conto che la borghesia piega il nostro corpo alla stregua di un oggetto difficile da controllare.
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Pasolini, un profeta del passato e una guida per il futuro, di Andrea Vosilla

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LA SAGGISTICA - LIBRI
Pasolini, un profeta del passato e una guida per il futuro
di Andrea Vosilla
http://www.ezrome.it/, 14 dicembre 2011


“Pier Paolo Pasolini non è soltanto un profeta del passato, ma anche grande punto di riferimento per costruire un futuro diverso”. Ad affermare ciò è Giulio Milani, direttore editoriale di Transeuropa Edizioni, durante la presentazione della “Divina Mimesis” di Pasolini alla Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria. L'opera incompiuta del celebre scrittore viene adesso riproposta da Transeuropa in versione e-book, edizione cartacea e, sul sito di Inaudita, con contenuti extra (il documentario “Pasolini, l'incontro” e un confronto inedito fra Carla Benedetti e Antonio Tricomi sull'opera pasoliniana).
Proprio durante la decima edizione di “Più libri più liberi” c'è stato modo di parlare un po' con Walter Siti, scrittore e uno dei massimi conoscitori di Pasolini, e con la Prof.ssa Carla Benedetti, autrice anche di “Pasolini contro Calvino: per una letteratura impura” (Bollati Boringhieri Editore). 

Prof. Siti, in un'altra intervista ha dichiarato che nella “Divina Mimesis” è quasi più importante il gesto di pubblicare, rispetto al testo che viene pubblicato. Vuole, magari, aggiungere qualcosa a questa sua affermazione?
Pasolini voleva fare all'inizio qualcosa che assomigliasse al capolavoro di Dante, un modo anche per scappare dalla trappola del romanesco e da uno stile come quello utilizzato in “Ragazzi di vita” e, soprattutto, in “Una vita violenta”. Prima doveva essere una prostituta a doverlo guidare attraverso l'oltretomba. Poi ha pensato anche a Gramsci, ma era qualcosa troppa marcatamente ideologica. Alla fine però sceglie un suo doppio, il Pasolini degli anni '50. E' il primo accenno ad una specie di scissione schizofrenica che poi dominerà “Petrolio”. Pasolini credeva di poter realizzare un qualcosa di magmatico, pluristilistico, invece è venuto fuori un lavoro poetico quasi come “Le ceneri di Gramsci”. E' forse una vera e propria ammissione di impotenza, perché la nostalgia è divenuta più forte dell'ambizione, espressa negli anni '60, di ritrarre così la realtà. 

"La Divina Mimesis” si può considerare un commento a Dante?
No, non credo. L'opera di Pasolini è quasi una sorta di parodia della “Divina Commedia”, ma è anche un tentativo di imitare la “mimesi” dantesca, cioè la capacità di Dante di entrare nel linguaggio dei personaggi più diversi. L'accostamento a Dante è allora di tipo quasi goliardico. Pasolini era poi consapevole dell'impossibilità di finire la sua impresa. Si interrompe perché si trova davanti ad un magma, rispetto al quale lui non ha più degli schemi di spiegazione. Caduto il marxismo, infatti, lui non riesce più a spiegare la realtà contemporanea.

Pasolini è stato accusato di “estetismo”, lei che ne pensa?
Escludendo qualche accenno stilistico, Pasolini sente che la vita è troppo grande per essere rappresentata dall'arte. Questo è il motivo anche del suo passaggio al cinema, perché pensa che la macchina da presa possa essere più potente delle parole. Pure questo però si rivelerà essere utopia. La vita, per lui, è più grande dell'arte. 

Prof.ssa Benedetti, se Dante è stato il primo poeta civile italiano, Pasolini è, invece, l'ultimo?
Non credo che Pasolini sia stato l'ultimo in nessun campo, perché questo significherebbe tradirlo. Pasolini non è stato sempre un poeta civile e ciò lo notiamo proprio con "La Divina Mimesis”, opera ideata fin dal 1963. La sua guida nell'oltretomba è lui stesso ma, cosa non di poco conto, quello degli anni '50; quindi un Pasolini più giovane e amante dell'ideologia e del mito.

Qual è, per lei, l'eredità di Pasolini, oggi?
L'eredità è la sua pienezza sentimentale che non si trova in altri intellettuali del tempo. Mi riferisco pure alla forma della pietà, del cordoglio che lui ha spesso utilizzato anche nei film.

Nel suo libro “Pasolini contro Calvino”, lei parla anche di letteratura impura. Cos'è l'impurità di Pasolini?
Pasolini, come lo stesso Dante, ha utilizzato un linguaggio capace di accogliere tutte le voci della realtà. Tuttavia, nella “Divina Mimesis” il Pasolini degli anni '50, rivolgendosi al Pasolini di adesso, afferma: “Anziché allargare, dilaterei.” Ora però non si può più usare la stessa poetica, ma occorre “dilatare”, abbandonare la perfezione stilistica, incorporando qualcosa che è incompatibile allo stesso ambito poetico.

Come definirebbe il Pasolini poeta?
Pasolini nasce come poeta puro, tutto il suo tentativo è stato quello di rompere la sfera chiusa dell'estetico, e così ritorniamo al precedente discorso sul significato del “dilatare” che è, almeno per me, il rifiuto dell'edificio estetico a favore, invece, di una maggiore attenzione alla vita pratica. In conclusione, comunque, “Anziché allargare, dilaterei.” rimane un vero e proprio enigma, perché il poeta non fornisce reali spiegazioni.

Vero, Pasolini rimane e rimarrà sempre un rompicapo per tutti gli appassionati di letteratura e non solo. La sua fine tragica, del resto, è ancora un grande enigma. L'unica certezza è che, come ha detto Alberto Moravia, “quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta.”
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Quelle immagini "imposte": "Le parole che cadono dal video sono sempre antidemocratiche" diceva in quest'intervista Pier Paolo Pasolini a Enzo Biagi.

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LA SAGGISTICA
Quelle immagini "imposte"
Lisbeth Salander - 20 novembre 2012
"Le parole che cadono dal video sono sempre antidemocratiche" diceva in quest'intervista Pier Paolo Pasolini a Enzo Biagi.

Era il 1971. Lui che sosteneva il carattere, per natura, autoritario della televisione si mostrava limpidamente pessimista di fronte a un Biagi che cercava di estorcergli una speranza: "Lei non ha speranze?", gli domanda a un certo punto il giornalista. E per tutta risposta, Pasolini gli risponde: "Non ho speranze, vivo giorno per giorno, non ho più quelle speranze che sono alibi".
Video di Selacapo1, giugno 2012, "Pasolini e la critica al medium di massa (Tv)

Sono andata a cercare quest'intervista dolente perché erano proprio le parole che non riuscivo a dire, congelate, avvizzite dentro, prima ancora di nascere.
Pasolini parlava quarant'anni fa. Cos'è cambiato oggi, con l'interattività e l'orizzontalità dei nuovi media? Moltissimo. Eppure il cuore della sua riflessione può ancora considerarsi "contemporaneo". Sono più democratici di ieri i "messaggi" che inghiottiamo? C'è meno autoritarismo nelle immagini che affollano le nostre time line? Non credo.
Non lo è stata, ad esempio, la foto straziante dei bimbi palestinesi morti, uccisi nell'ultima strage a Gaza, che ha inondato le nostre bacheche: se avessi potuto scegliere, io non l'avrei vista. Non per dormire sonni tranquilli, non perché sia uno struzzo, un'ipocrita perbenista che vorrebbe tenere alla larga i drammi degli altri. Solo per proteggere un mio diritto: come faccio quando lavoro con le parole, ne interrompo la lettura quando mi provocano fastidio, chiudo una pagina se mi sembra volgare per la mia sensibilità. Dalle immagini non ci si può difendere. Come da una violenza che non ci siamo cercati noi e che, pure, siamo costretti a subire.
E tuttavia lo rivendico questo diritto destinato a non essere protetto: perché qui, sulla Rete, diventiamo automaticamente "esseri concavi", e la forza che occorre per interrompere quel flusso talvolta indistinto - in cui vere informazioni si intrecciano a reali inutilità - non è uno strumento di cui siamo sempre dotati.
Ho amici israeliani, amici palestinesi, non ignoro le ragioni degli uni e quelle degli altri. E non discuto della necessità di osservare attentamente, e il più lucidamente possibile, questo conflitto antico. Ma ho come la sensazione che alcune immagini aggiungano dolore "gratuitamente", ottenebrino le menti e i cuori, non siano dirimenti rispetto a una questione, ma la rendano - se possibile - ancora più caotica, ancora più "lontana": chi lo dice che osservare dei bimbi morti sia un di più di libertà? Per me è il contrario e ha ragione Pasolini quando diceva: quando parlo qui, in tv, io sono costretto ad autocensurarmi, anche perché mi pongo il problema di chi è senza filtri e si potrebbe sentire ferito dalla mie parole.
Concludo citando il caso del post di Odifreddi, in cui il matematico e saggista paragonava Israele ai nazisti: dopo la sua pubblicazione, la Repubblica ha cancellato il pezzo e Odifreddi, sentendosi censurato, ha deciso di chiudere il proprio blog.
Tutto fila nella catena di azioni e reazioni. Ma c'è da aggiungere una postilla (che in realtà è una citazione): Odifreddi è "libero di parlare ovunque, purché io sia libera di non ascoltarlo".
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Pasquale Misuraca, "Le ceneri di Pasolini"

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LA SAGGISTICA
Le Ceneri di Pasolini

Tre parole sul film-documentario:
1. Emile Fallaux, Rotterdam International Filmfestival 1994
2. Lietta Tornabuoni, L’Espresso 25 febbraio 1994
3. Dichiarazione dell'autore al Festival di Torino 1993


1.
Lirico ed affascinante documentario su Pier Paolo Pasolini, sicuramente il più idiosincratico fra i cineasti italiani. Il film include alcuni frammenti accuratamente scelti dalla sua opera e molte interviste con lo sferzante e mordace maestro, riportate alla luce dagli archivi televisivi italiani. Pasquale Misuraca vede il film come un autoritratto di Pasolini. Il materiale meticolosamente raccolto è organizzato secondo le idee filosofiche, cinematografiche e politiche dello stesso Pasolini. L’opera e la visione di Pasolini erano ampiamente formate sulla poesia, così anche questo film (e con lui - il film avrebbe potuto intitolarsi Pasolini su Pasolini) ha una struttura molto poetica. Ecco perché Misuraca non ha fatto uso della voce fuori campo di qualche “esperto”; è il maestro stesso che parla.
Misuraca non ha voluto conformarsi alla convenzione naturalistica del fare i documentari; ha voluto utilizzare gli aspetti poetici di un film fiction nel fare un documentario. 
Questo film, fatto originariamente per la televisione, ignora completamente le convenzioni televisive. Da vero figlio di Pasolini, Misuraca si cimenta con l’idea che un nuovo linguaggio artistico possa essere sviluppato oltre il cinema e la televisione. Si rende conto che questo non è un pensiero modesto, ma per lui la modestia nel pensiero è la povertà (e cita Marx ponendo la questione “Vi ricordate di Marx?”). Misuraca senza dubbio ricorda Pasolini, che era tutt’altro che un “povero” cineasta.
[dal catalogo del Rotterdam International Filmfestival, 1994]

2.
Forse nessuno ha definito, irriso, sferzato la televisione con maggiore asprezza e precisione di Pier Paolo Pasolini: ma adesso proprio i materiali televisivi sono gli unici a conservare e ricordare (al di là del pensiero, dell’opera) l’immagine del suo viso variante nel corso del tempo, il suono della sua voce, la misura dei suoi gesti, la forma del suo corpo, la forza del suo fascino.
Le ceneri di Pasolini, realizzato in collaborazione con Fuori Orario di Rai3 da Pasquale Misuraca, appena presentato al Forum del FilmFest di Berlino, è un esempio molto interessante di documentario e insieme di film, di biografia e insieme di autobiografia, di saggio e insieme di poesia: così intitolato in assonanza a Le ceneri di Gramsci perché “Pasolini è stato il poeta delle rovine, delle macerie, delle ceneri di questo vecchio mondo” e perché l’arte audiovisiva è l’arte delle ombre della realtà, arte delle ceneri”. 
Non diversamente dal “Rossellini” di Adriano Aprà, pure presentato a Berlino l’anno scorso, è inoltre un esempio di quale gran risultato di ritrattistica e di memoria sia possibile ottenere utilizzando i materiali d’archivio televisivi e quel montaggio che, diceva Pasolini, “è un po’ come la morte: finché un uomo non muore, non si sa bene chi sia stato”.
Le ceneri di Pasolini, per ricomporre il percorso della vita e dell’opera, usa cronologicamente numerose interviste o dichiarazioni di Pasolini alla Tv, in particolare i suoi dialoghi con Enzo Biagi, Oreste del Buono, Francesco Savio: usa con l’intelligenza pertinente e commuovente citazioni da film pasoliniani, immaginazioni dei luoghi cruciali della sua esistenza, fotografie d’infanzia e di giovinezza, documenti visivi dei suoi viaggi o di letture dei suoi versi o delle sue partite di calcio. Tutto questo è accompagnato, intervallato, concluso dall’andare d’una automobile bianca al buio: sagoma chiara appena percettibile, la macchina gira per Roma, come nella notte, rallenta tra le luci acide della stazione Termini, sosta per far salire a bordo un’ombra confusa, si ferma in uno spazio deserto nel compiersi d’un appena alluso e accennato tragitto verso la morte.
Le immagini fisiche di Pasolini, la voce mite e insieme prepotente, sottile, paziente e ricattatoria che racconta di sé e del suo lavoro finiscono con l’apparire più forti delle parole, dei ricordi evocati. L’antifascismo “scattato leggendo la poesia di Baudelaire”. Il fratello che “rappresentò quello che io avrei voluto essere”. Il rifiuto del conforto: “Non cerco consolazioni, cerco piccole gioie”. Lo scrivere, “un’abitudine come mangiare o dormire”. Il fare film: “Tema del mio cinema è sempre il conflitto tra il mondo popolare e il mondo borghese”. La fine della speranza: “La parola speranza è cancellata dal mio vocabolario; continuo a lottare in battaglie parziali, giorno per giorno“. La persistenza della passione: “Ho infinita fame dell’amore di corpi senz’anima”. L’invocazione alla madre “Ti supplico, ti supplico, non voler morire”.
Di italiani, al 44° FilmFest di Berlino, se ne son visti tanti: Bernardo Bertolucci e Sophia Loren come icone glamour, Carlo Lizzani in giuria; l’Italia del dopoguerra (Cari fottutissimi amici di Mario Monicelli), l’Italia della mafia (Il giudice ragazzino di Alessandro di Robilant), l’Italia degli immigrati (Articolo 2 di Maurizio Zaccario); il dittatore Gian Maria Volontè in Tirano Banderas di José Garcia Sanchez. Tra tutti, l’italiano de Le ceneri di Pasolini resta il più eloquente e profetico, il più esigente e furente, il più grande, il più amato.
[Lietta Tornabuoni, L’Espresso 25 febbraio 1994]

3.
Le ceneri di Pasoliniè nient'altro che un autoritratto di Pier Paolo Pasolini. Un film documentario, una raccolta di materiali selezionati e ordinati con acribia filologica e rigore storico-critico, fortemente caratterizzato da un andamento e una strutturazione soggettiva, poetica. Un film documentario di poesia nel quale ai documenti non si sovrappone autoritariamente la voce fuoricampo dell'Esperto, che tutto riconduce e riduce a una piramidale geometrica rassicurante gerarchia di spiegazioni. Le ceneri di Pasoliniè perciò la narrazione autobiografica della propria avventura umana e artistica, complessa, contraddittoria e irriducibile, realizzata dal più grande poeta italiano del secondo dopoguerra sotto l'impulso dell'estremo grido majakovskijano: "Professore, si tolga gli occhiali biciclo. Io stesso racconterò del tempo, e di me".
Ho pensato e affermato pubblicamente, nel corso di questi ultimi anni, che il cinema e la televisione sono due diverse forme di comunicazione artistica, due diversi linguaggi, arrivando alla polemica teorizzazione del 'cinerna come arte spaziotemporale' e della televisione come arte audiovisiva'. Nello stesso tempo ho cercato di criticare l'opinione dominante secondo la quale il cinema ha una vocazione naturalistica, oggettiva, documentaria da un lato, e dall'altro una natura onirica, soggettiva, fantastica. E ho sostenuto che il grande cinema è sempre l'una e l'altra cosa insieme, facce della stessa medaglia: pensate a La passione di Giovanna d'Arco di Dreyer, a Ladri di biciclette di De Sica, a Nashville di Altman.
Poi, in questi febbrili ultimi mesi di lavoro, ho realizzato Le ceneri di Pasolini. Un film che è ancora un documentario, una biografia che è anche una autobiografia, un'opera di prosa che è anche un'opera di poesia. E lavorando mi è parso di mostrare come e quanto possa rivelarsi efficiente la 'teoria delle due facce'. Il fatto è però che questo lavoro è nello stesso tempo cinematografico e televisivo, sembra comprendere l'impianto spazio temporale e l'impianto audiovisivo. Se questo fosse vero, vorrebbe forse dire che, oltre al cinema e alla televisione, c'è la possibilità di elaborare una nuova forma di linguaggio e di comunicazione artistica. Ho detto troppo? Ma questa è semplicemente la 'dichiarazione dell'autore', il quale è sempre ossessionato dalla ricerca della verità (possibile solo nell'esercizio dell'attività creativa, e non nella vita politica, pratica). Come scriveva Marx (vi ricordate di Marx?): 'La natura dello spirito è sempre ancora la verità, e quale natura gli date voi? La modestia. Solo lo straccione è modesto, dice Goethe; volete voi fare del vostro spirito uno straccione?'.
[Pasquale Misuraca, Festival di Torino, 1993]
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Corpo nostro PPP, di Nadia Agustoni

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2 NOVEMBRE 2012 - PIER PAOLO PASOLINI, LA VITA, LA MORTE

Corpo nostro PPP
di Nadia Agustonihttp://www.absolutepoetry.org/



Corpo nostro PPP 

Corpo nostro cielo di guardare 
ripeti la fiume pianura ripeti 
le dita nel cavo della bocca 
metti visceri di cagna all’aria 
vita e lingua dove sono vita 
e lingua e la cura è cura 
del proprio tempo: 

sii corpo pensato 
sponda del corpo bandiera 
straccio della carne che nasce 
sventola rinasce e nelle mani 
dei morti e dei vivi come 
un suolo più grande della morte 
Virgilio degli inferni e del bosco: 

qui la partita giochi al sole 
dei campi romani là era l’attesa 
senza cose un fronte di palazzi 
bricolage un cemento a fare 
cervello come il caglio 
di pecore nel collo giovane 
a pastura a vento: 

vai mulino ai giganti 
indossati veste d’arme 
scrivi l’infinito dei gesti 
quel che cade e si alza 
e si alza ancora e sii piazza 
vermiglio sonetto sulla luce 
bianchissimo giorno: 

scrivi come l’ossigeno 
e soffione a dire bocca 
il campo viene campo 
per crescere città là nel fuori 
diavolo e sangue fiori di poco 
scrivi senza la legge del libro 
senza il male: 

(Inedito 2012)


Nadia Agustoni (1964) ha esordito con Grammatica tempo (1994), Gazebo cui sono seguiti altri libri tra cui Poesia di corpi e di parole (2002), Quaderno di San Francisco (2004), Il libro degli Haiku bianchi (2007). E’ del 2009 per “Le voci della luna” Taccuino nero. Nel 2001 Il peso di pianura, Lietocolle e il Pulcinoelefante Il giorno era luce.
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Vivere il ricordo di Pasolini, di Lorenzo Curti

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2 NOVEMBRE 2012 - PIER PAOLO PASOLINI, LA VITA, LA MORTE
Vivere il ricordo di Pasolini
di Lorenzo Curti
2 novembre 2012, http://radiocage.it/

In occasione del 37° anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, Radio Cage ha deciso di ricordarlo in un modo particolare: pubblicando la testimonianza di Lorenzo Curti, giovane appassionato di letteratura, che pochi giorni fa è stato invitato dagli studenti dell’Istituto Tecnico Industriale di Livorno in autogestione a trattarne la figura. L’immagine di un diciannovenne che, in un’aula scolastica, parla di Pier Paolo Pasolini a un gruppo di diciassettenni ci è sembrata lo strumento più adeguato per provare a trasformare la memoria di una morte in un racconto di vita. Un racconto che probabilmente sul rapporto tra Pasolini e la società contemporanea, e le sue generazioni più giovani in particolare, dice più di quanto a volte non riescano a fare le riflessioni degli “addetti ai lavori” .

Quando due settimane fa sono stato invitato all’autogestione dell’ITI per parlare di Pier Paolo Pasolini (sicuramente non nel ruolo di grande esperto), ho accettato subito con l’entusiasmo di un giovane divulgatore in erba che non vede l’ora di parlare del suo poeta preferito. 
Ovviamente dopo l’iniziale entusiasmo sono iniziati a sorgere i primi problemi. Come avrei fatto a far capire Pasolini a ragazzi dell’ITI che, giustamente o meno, non avevano nemmeno la più pallida idea di chi potesse essere? Come avrei potuto dare a uno dei poeti più contraddittori del '900 un approccio che fosse semplice e lineare? Visto che, più che comunicare loro grandi concetti, era necessario che fossero loro ad apprendere qualcosa di chiaro, vero e importante (tanto per parafrasare Pasolini), mi sono scervellato per una buona settimana.
Poi, per una sorta di strana onestà, mi è parso giusto che a parlare non fossi io, ma che fosse proprio PPP a rivelarsi, perchè, come disse Sergio Citti "mo’ ne stiamo a parla’ da amici, ma la gente che viene da me e me domanda, che so, se Pier Paolo era cattolico, era cristiano, era marxista, ma che pretendono? Che con due stronzate che dico io, devi capi’ Pasolini? Loro pretendono di capi’ Pasolini così, da due stronzate che posso dirgli io, e questo è un fatto disonesto, perché lui aveva detto tutto e scritto tutto".

Ma di cosa potevo far parlare Pasolini? Mi è parsa subito la soluzione migliore che Pasolini parlasse di oggi e non del passato. E cosa meglio delle sue sofferte filippiche contro il consumismo? Quelle filippiche dalle quali sembrano già emergere Silvio Berlusconi, Mediaset e l’oscura Italia della “seconda repubblica”. Non perché la prima fosse particolarmente luminosa. Youtube offre una buona videoteca a proposito, collezionata dalla Rai negli anni, così un buon sistema di download permette di offrire una visione approfondita.
Arriva il giorno fatidico, ultimo giorno di autogestione. L’ITI è come un’immensa città, e come tutte le città al sabato sera (anche se noi siamo di sabato mattina) ci sono vari gruppi aggregativi, quelli per i corsi seri, quelli per i corsi un po’ meno seri, quelli per i corsi per niente seri. Penso: chissà cosa avrebbe pensato lo scrittore di “Il PCI ai Giovani” o dell’intermezzo poetico di Teorema, estremamente critico nei confronti dei giovani, davanti a un’autogestione del 2012. Entro nell’aula dove avrei dovuto tenere la “lezione” e monto il mio computer. C’è una ventina di ragazzi nella stanza, ancora eccitati per il corso di teatro appena finito.
Finalmente inizio: quando dico che sono venuto per parlare di un poeta, Pier Paolo Pasolini, che era decisamente più di un poeta, mi guardano un po’ spaesati.
Dopo una breve introduzione, comincio il viaggio nelle parole e negli sguardi di Pasolini, attraverso le meravigliose interviste che ha rilasciato. 

Un viaggio nel dolore e nella solitudine di un uomo che sembrava essersi caricato sulle proprie spalle una sofferenza troppo grande da sopportare. Il primo che propongo è un video di Pasolini ospite a un programma di Enzo Biagi del '71: sembra che qui si presenti la disperazione apocalittica di un uomo che ha perduto le speranze, e con essa la sua incomunicabilità e la sua solitudine. Celebre di questo video è la solitaria critica a quel medium di massa che poi è intervenuto in maniera più radicale nella nostra vita quotidiana, la televisione, la quale imponendo diktat è riuscita a gestire nei decenni la nostra vita e le nostre abitudini. Faccio loro pensare alla cultura televisiva cresciuta sotto Berlusconi, ai vari talent show e programmi demenziali che assorbono la nostra attenzione e la nostra energia. Vedo già più coinvolgimento e sguardi di assenso, percepisco che la voce di Pasolini (che lui tanto odiava) inizia a attirare l’attenzione dei ragazzi.
Poi schiaffo uno dei video più forti di Pasolini. La fredda e lineare voce, quasi senza cambiamenti nel tono, crea un effetto estraniante mentre esterna tutta la disincantata visione su quello che stava accadendo nell’Italia degli anni ‘70, sull’ormai celebre “genocidio culturale” del consumismo, sull’odio profondo che Pasolini provava per il potere, per un potere disumanizzante. Non c’è niente come i toni della voce del poeta che riesce a trasmetterci quella solitudine, quella grande disperazione (ma sostenuta da una “fondamentale allegria”, come ebbe a dire in un’intervista) che esce in quella flebile voce, ma così acuta, così netta e spigolosa.
Infine faccio vedere un video che ha sempre toccato le mie corde emotive, non solo quelle razionali e contemplative: Pasolini è a Sabaudia, città costruita dal fascismo e con tutti quei criteri architettonici che più rappresentano lo stile fascista. Linee secche, nessun eccesso sfarzoso (anche se questa parsimonia di decori sembra altrettanto barocca). 

Il poeta cammina nervosamente sulle dune in un’atmosfera grigia e ventosa e descrive l’alienante panorama come descriveva i paesaggi in cui camminava e viaggiava de Le Ceneri di Gramsci e de La religione del mio tempo. Riflette sul fascismo e su come quella tanto odiata dittatura non abbia poi cambiato così tanto dell’Italia, e sui come il consumismo abbia invece cambiato tutto dell’Italia. Ma non sono tanto le parole: è quel volto emaciato e scavato, quella camminata nervosa, quegli sguardi rapidi e deboli e soprattutto una sorta di balbuzie, un incespicare nelle proprie parole. Pasolini non ha più illusioni ora. Sembra già un uomo pronto a morire, di una morte totale. E’ il febbraio del ’74, poco più di un anno prima del suo barbaro omicidio. E nel video Pasolini sembra un moribondo che cammina, ma un moribondo innamorato della vita, profondamente innamorato della vita.
Dopo quella notte fra l’1 e il 2 novembre, in cui sto scrivendo anch’io, dopo 37 anni, Pasolini fu ucciso due volte. Barbaramente ucciso da Giuseppe Pelosi (oppure da qualcun altro) e barbaramente ucciso da una società che dopo averlo rifiutato e offeso per anni iniziò a forgiarne un’agiografia, ugualmente assassina. Perché PPP non era un santo, né un martire, né tantomeno un eroe. Per essere santi, martiri e eroi bisogna avere una certa vocazione alla morte, bisogna desiderarla ardentemente, morbosamente. Nonostante le sue opere siano sempre ricche di allusioni, di sguardi di morte, Pasolini era essenzialmente un poeta della vita, era quella la passione che ha animato la scrittura di opere (per quanto drammatiche) come Ragazzi di vita, Una vita violenta o di film come quelli de La Trilogia della vita. E, perché no?, anche Salò o le 120 Giornate di Sodoma non è altro che un grande inno alla vita, una vita che certo è soffocata, annichilita, ma che riesce sempre a sfuggire al crudele ordine stabilito, a ribellarsi. Quella notte di 37 anni fa non è morto un martire laico della grande storia italiana: è morto un uomo che ha lottato non per l’eroismo di un’ideale, ma per esigenza esistenziale, forse per la sopravvivenza stessa.
Insomma che dico a questi ragazzi ora?
Pasolini se lo devono ricordare, deve rimanere un nome stampato nella loro testa. Oggi questo poeta ce lo dobbiamo ricordare non solo per i geniali apporti alla letteratura, per il suo marxismo simbolista, per la sua avanguardia decadente e classica, non solo per i suoi meravigliosi film, dove è passato dal neorealismo al mondo classico al mondo medievale fino al senza tempo e metafisico Salò (senza tempo perché sempre attuale), ma soprattutto per il suo impegno politico, a cui si sentiva quasi destinato, chiamato da un’esigenza spirituale, che l’ha portato a scandalizzare una società bigotta e oscurantista come quella della Dc degli anni ’60 e ’70. Scandali come quello dell’omosessualità, della nudità, della bestemmia, del mostrare in tutta la sua spoglia brutalità il male, lo scandalo definitivo che è quello della ricerca della verità.
Finisce la lezione.
Ma so che non è finita perché Pasolini non è vecchio né datato, anzi è modernissimo.
E sicuramente ritornerà prima o poi nella loro vita, in un modo o nell’altro, a far vivere il suo ricordo.
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Coloquio Internacional "Pier Paolo Pasolini: Homenaje en el 90° aniversario de su nacimiento"

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LE NOTIZIE
Coloquio Internacional "Pier Paolo Pasolini:
Homenaje en el 90° aniversario de su nacimiento"

5 dicembre alle ore 15.00
fino a 6 dicembre alle ore 20.30 in UTC-03

Organizador por la Sociedad Friulana de Buenos Aires, en el marco de los festejos por su 85° Aniversario, el Centro Cultural de la Cooperación y el Colectivo Middlebrow Culture, con el auspicio de los Departamentos de Letras y Artes, de la Facultad de Filosofía y Letras, UBA. Con la participación de: Andrea Crozzoli, Marco Attilio Salvadori, Giampaolo Samà, Walter Romero, Diego Bentivegna y Daniel Freidemberg, entre otros. - con Eduardo Dino Baschera presso Centro Cultural de la Cooperación. Entrada libre y gratuita.

Mercoledì 5 dicembre 2012:

- 15.30 (19.30 ora italiana) Videoconferenza di Angela Felice, Direttore Artistico del Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa della Delizia. 
- 19.00 Conferenza di Andrea Crozzoli (CINEMAZERO) e proiezione de Africa! Mi única alternativa, entrevista con Gian Vittorio Baldi productor de Appunti per un'Orestiade africana (1968-69), de Pier Paolo Pasolini. 

Giovedì 6 dicembre 2012: 
- 15.00 Alejandro Patat (UBA/ Unistrasi) Videoconferenza: Pasolini en su contexto. Una lectura histórico-cultural
- 15.30 Marco Attilio Salvadori (Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa della Delizia/ Biblioteca Civica de) Videoconferenza: Pier Paolo Pasolini a Casarsa e il movimento culturale dell'Academiuta furlana


presso Caballito, Ciudad Autónoma De Buenos Aires.

Av. Corrientes 1543, C1042AAB Buenos Aires
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«La lezione» da Roberto Longhi e Pier Paolo Pasolini ad Alain Bergala. Arti, cinema, media.

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LA SAGGISTICA - LIBRI
«La lezione»
da Roberto Longhi e Pier Paolo Pasolini ad Alain Bergala.
Arti, cinema, media. Ediz. multilingue
Matteuzzi F. (cur.), Guerrini Verga L. (cur.)
Ass. Culturale Caracult, 2012
Cine/sine. La musa sospetta

"La lezione", primo volume della collana "Cine/sine. La Musa sospetta", dedicato alla tematiche della Pedagogia dei saperi e della Audiovisual-Media Education, è frutto di una ricerca che, stimolata dal pensiero e dalla pratica di Alain Bergala sulla didattica del cinema, ha coinvolto studiosi ed esperti di differenti discipline e di vario orientamento, raccogliendone i rispettivi apporti. 
Attraverso la realizzazione di questo percorso di studio sono stati affrontati vari linguaggi artistici con apertura interdisciplinare, ampliando l'attenzione anche all'ambito sociale contemporaneo. 
La pubblicazione inoltre raccoglie e commenta i due Convegni Internazionali organizzati da Loretta Guerrini Verga al DAMS di Bologna nel 2011 (Nuovi orizzonti dell'Iconosfera) e nel 2012 (Filmagogia), in collaborazione con Fuorivista Cinema e Multimedia.
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"Per Marilyn maturare e morire è stato un atto unico"

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LE NOTIZIE
Laura Canali,"La radice dell'essenza", 2012, acrilico su tela di lino
"Per Marilyn maturare e morire è stato un atto unico"
Intervista a Laura Canali di Silvia Buffo
nell'ambito della mostra
"PPP. Una polemica inversa. Omaggio a Pier Paolo Pasolini",
a cura di Flavio Alivernini

Lo scorso 30 ottobre è stata inaugurata a Roma la mostra "PPP. Una polemica inversa. Omaggio a Pier Paolo Pasolini", a cura di Flavio Alivernini. L’esposizione è tuttora in corso a Roma, Palazzo Incontro (Via dei Prefetti 22) ed è visitabile sino al 9 dicembre 2012. Come è già stato largamente ribadito dalla stampa nazionale, si tratta di ventidue artisti che rielaborano l’opera poetica del poeta di Casarsa. Dalle Ceneri di Gramsci alla Religione del mio tempo, Marilyn (da La rabbia di Pasolini), Poesia in forma di rosa, Trasumanar e organizzar.
E nella rappresentazione di queste poesie si sviscerano diverse tematiche: la morte di uno scrittore, le ambizioni del sottoproletariato romano, il contrasto fra la Roma del popolo e la capitale della cristianità, ed ancora la scomparsa di Pasolini filtrata alla luce della storia e infine il tramonto della bellezza. La sezione dedicata a Marilyn è stata curata da due artisti eccezionali che hanno affrontato in parallelo l’elaborazione della stessa poesia in toni del tutto dissimili. Laura Canali artista e cartografa di Limes ha riprodotto il soffio poetico pasoliniano nella sua opera La radice dell’essenza ideata proprio nel 2012. L’opera di Franco Gulino, Pasolini, realizzata nel 2006 completa la sezione. Si tratta di un eccentrico ritratto pasoliniano in cui l’esteriorizzazione della sensualità è radicale, orientata all’appagamento del piacere altrui (‘Il mondo te l’ha insegnata così la sua bellezza divenne sua’) attraverso un travestimento femminile, fatale dove all’eccesso del trucco cosmetico, rivelato da un fard sgargiante, si sovrappone un imbarazzo tradito da uno sguardo instabile.
Mentre in contrasto l’opera della Canali assume toni eterei già a partire dal titolo stesso La radice dell’essenza sulla quale Laura indaga nel tentativo di plasmare una sublimazione, una protezione della figura di Marilyn. Il pennello scende dolce e fermo sulla tela come se fosse realizzato dall’artista con premura materna emanando, nell’intento stesso di attingere alla radice, un’aura di misticismo. Gli elementi formali sembrano plasmarsi da atmosfere spirituali che si stemperano nelle sinuosità, i colori, le geometrie. Non è semplice un approccio intellettuale, artistico, emotivo alla figura di Marilyn: eccessivamente iconizzata rischia sempre un grosso margine di banalizzazione.
E non solo Pasolini nella sua opera poetica ne custodisce con dignità e amore il ricordo della persona ma pone a simbolo Marilyn di un mondo che va tramontando, quello che denomina come stupido mondo antico, un lessema svilito che vorrebbe evidenziare l’ingenuità del vecchio mondo, quello dei valori incorruttibili pregnanti di un’etica sana, in contrasto con quella del feroce mondo futuro in cui la bellezza è sopraffatta dal potere, dalla violenza. Marilyn non è altro che il tramonto della bellezza, quella priva di pudore di un piccolo ventre facilmente nudo, dell’incoscienza. Marilyn incarna la bellezza sopravvissuta dal mondo antico sacrificata al compromesso stretto di un presente crudele che l’ha sottratta alla vita conducendola oltre le porte del mondo. Ed è così che è finalmente protetta e la sua essenza è salva. Laura Canali ha rielaborato artisticamente nella sua opera La radice dell’essenza i versi della commovente poesia Marilyn. Abbiamo intervistato la Canali a margine della mostra.

Laura, come hai pensato Marilyn durante la realizzazione dell’opera?
Marilyn è una donna dalla femminilità estrema, a cui è mancato l’amore primordiale su cui si basano le esistenze equilibrate. La bellezza di Marilyn maniacalmente voluta, inseguita, ottenuta è rimasta infantile, ingenua, alla mercé altrui. Maturare e morire è stato un atto unico. Diventare adulta all’improvviso, accorgersi delle macerie tutt’intorno, vivere era la strada più difficile. La morte dà pace al tormento, è più rassicurante in confronto alle moltitudini di uomini che vorrebbero afferrare chi non è afferrabile. Pasolini capisce la spontaneità di Marilyn, capisce le sue radici, la sua storia. Anche lui ha ingoiato molte lacrime. Capisce la naturalezza noncurante di Marilyn, ne afferra la solitudine e accusa il mondo di durezza e  d’incomprensione. Marilyn e Pasolini hanno ricordi dolorosi. Sono sopravvissuti al loro passato. Questo è il loro punto di contatto, avere in comune il dolore del non amore. Cercare sempre di essere amati offrendo se stessi.

Marilyn, come ama dire Pasolini, sparì, come un pulviscolo d’oro. Forse è già in questo verso che ne hai individuato l’essenza?
Sì. E’ nella sopravvivenza dello sguardo dolce, incredulo e sensuale di Marilyn. La sua essenza brilla ancora, certo, per chi vuole vedere. Questo è ciò che rimane, la sua parte migliore e il rimpianto di non aver capito in tempo.

Una poesia rielaborata attraverso la pittura. Una creazione ex novo. Una nuova resa artistica. Quali aspettative hai riposto nella rappresentazione e cosa hai ritrovato a lavoro compiuto?
Paul Klee diceva che la pittura è come una passeggiata nel bosco, quando il pennello è sulla tela non si sa bene dove si va a finire… La pittura è per me un’estensione del mio lavoro di grafica. Un esubero di sentimenti e di forza creatrice che necessita il suo spazio. Quando dipingo non ho aspettative: è come un angolo indipendente ma indispensabile per la mia persona e per il mio lavoro. Quando Flavio Alivernini mi ha offerto l’occasione di partecipare con una mia opera alla mostra sulla poesia pasoliniana, sono stata onorata di partecipare insieme a tanti grandi artisti e ho sperato di esserne all’altezza.

Cosa hai provato quando ti è stata affidata la poesia di Pasolini? Eri entusiasta o cosa?
Si. La poesia che è stata abbinata al mio lavoro l’ho amata subito soprattutto perché amo molto la figura artistica di Marilyn Monroe. Mi ha sempre fatto tenerezza. Non ho mai pensato fosse una donna debole ma sicuramente una donna con grossi problemi esistenziali triturata dalla realtà hollywoodiana.

Immagino che il primo elemento ispiratore per il tuo lavoro sia stato l’aspetto estetico di Marilyn.
Pensando all’opera da produrre ho cercato di focalizzare la bellezza perché era la parte più creativa di Marilyn. La cosa alla quale teneva di più e che ha lasciato in eredità. Ma come interpretare la sua bellezza? Questa è stata la domanda che mi sono posta tante volte, prima di iniziare a disegnare. Ho guardato e riguardato le immagini di Marilyn, ho cominciato disegnando le lunghe ciglia ma ho notato subito che qualsiasi parte del suo corpo, anche isolata dal resto, era immediatamente riconoscibile, ogni centimetro della sua figura è impressa nelle nostre menti. Allora ho pensato a qualcosa che evocasse la bellezza, almeno per me, a qualcosa di fluido, morbido, che si espandesse, come l’odore che lasciamo camminando, ho cercato l’odore della femminilità.

Come hai rappresentato la radice dell’essenza di Marilyn
Una rappresentazione più sottile in alcuni punti, in altri, invece, si apre e si espande per riprendere la sua strada verso nuove forme. Questa parte la identifico con la radice di Marilyn quella che è stata in vita. La sua vita insinuata dal mondo della politica e dello star system che ho voluto rappresentare con quel grappolo di triangoli in basso a sinistra che spinge verso le curve di Marilyn, curve senza una vera direzione, che si innalzano spontaneamente, in modo originale e puro, esattamente come la descrive Pasolini nella poesia. Mentre dipingevo sentivo il colore che mi chiamava, voleva per forza spingersi fuori. Tanti colori forti. Vitali, ben miscelati. Certo le zone blu e nere erano indispensabili per far risaltare i colori femminili dell’anima centrale dell’opera. Poi in alto a destra c’è quella che io chiamo essenza. Quel disegno bianco, dal tratto regolare ma sinuoso che vorrebbe rappresentare solo il bello che di Marilyn ci riempie gli occhi. La sua bellezza da bambina, genuina, un po’ infantile. Pensando a tutti questi aspetti di Marilyn mi sono un po’ immedesimata. Soprattutto nel tormentoso desiderio di amore che lei aveva. Come se elemosinasse. Ho avuto una terribile comprensione per questa donna che non conosceva e che forse non ha mai conosciuto l’amore.

Un’aura mistica sembra possedere la tua opera. Un blu che ricorda quello spirituale di Kandinskij. Un blu quasi di redenzione a proteggere l’essenza. Quali sono i tuoi modelli pittorici
Sicuramente il mio modello artistico è Kandinskij. Amo molto il processo mentale che lo ha portato all’astrazione. Il distacco dalla pittura naturalistica è stato un passaggio estremamente creativo e soprattutto innovativo. Ha aperto la strada al mondo interiore nella pittura. Molto affascinante. Un altro riferimento artistico è Pablo Picasso. La quantità di opere da lui create è impressionante. Amo molto le forme dei corpi da lui realizzate, così sproporzionati e particolari come la donna che si affaccia alla finestra con la candela in mano nel famoso dipinto Guernica. La sensibilità di Picasso è profondissima e analitica, sperimentale e molto grafica.

La tua opera sembra essere del tutto antitetica a quella di Franco Gulino, Pasolini. I vostri lavori in questa sezione creano un binomio estremo. Dalla purezza al disagio del compromesso.
Sono molto colpita dalla differenza della mia opera con quella di Gulino. Ma se è per questo anche con molte altre. La differenza oggettiva è l’aspetto sessuale molto forte nel suo dipinto mentre nel mio c’è un approccio diverso, più legato alla femminilità.

"La radice dell’essenza" sembra diversificarsi dal complesso per l’eccesso di colore e per l’astrazione delle forme. Che tipo di strumento è per te il colore in pittura?
E’ come una musica lieve, è una mia necessità interiore. Non riesco proprio a pensare senza colorare. Invece, già da molti anni, il colore è un po’ fuori moda. Certo in questo momento storico potrebbe sembrare fuori luogo la positività di un lavoro colorato ma non è così semplice. Certe volte penso di essere chiassosa e poco raffinata e forse è proprio così ma la mia spinta creativa è molto forte e desiderosa dei suoi colori, tutti quanti.

Citando Tolstoj, l’arte comincia quando l’uomo, nell’intento di trasmettere ad altri una sensazione da lui provata, la resuscita in sé e la esprime con certi segni esteriori.
Difatti, le mie forme escono dal mio stato d’animo, libere di esprimersi, mi lascio guidare dall’istinto e cerco di riempire le mie forme con i colori giusti. Non amo usare spesso il colore nero perché evoca tristezza e angoscia troppo facilmente, è il colore del lutto, prediligo il blu scuro, il blu va in profondità, ti ci puoi perdere dentro. Ci puoi trovare tutto o niente dipende da cosa ti arriva guardando la forma che lo contiene. Non amo le sfumature, mi piacciono i colori piatti. Le sfumature e la tridimensione si avvicinano troppo al mondo reale.

L’uso del colore nelle tue produzioni è un’energia che vuole innescare in qualche modo una spinta emotiva nell’osservatore?
Penso che dovremmo impiegare energia per attraversare questo momento storico pesante. Molta forza e cercare di trasmetterla per questo penso che non bisogna compiangersi ma mettersi in gioco, uscire dall’uniformità del nero, beige, grigio. Siamo immersi in una crisi economica difficilissima, un sistema sociale disperato, urge trovare nuove risorse, non si può più aspettare.
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
Autori associati: Alessandro Barbato, Claudio Rampini, Marco Taffi
Nel sito, negli archivi e nei sommari potrai trovare gli ipertesti, gli interventi,
le notizie contenuti in oltre dodicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolini

L’ultima ossessione di PPP ritornare a Sodoma, di Claudia Morgoglione

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"Pagine corsare"
LA SAGGISTICA - IL CINEMA
L’ultima ossessione di PPP: ritornare a Sodoma
di Claudia Morgoglione
LA DOMENICA di Repubblica 2 dicembre 2012

"Il nuovo progetto cinematografico di Pasolini dopo 'Salò' è sempre rimasto segreto", scrive "LA DOMENICA di Repubblica" il 2 dicembre scorso. Sarebbe auspicabile che la stampa, quanto meno, si astenesse dal dare notizie che spesso risultano imprecise. In effetti, niente è meno segreto e meno che mai inedito del soggetto di quello che avrebbe dovuto essere il film che Pasolini aveva in animo di girare dopo "Salò". La lettera a Eduardo era arcinota e così pure il trattamento del film, un testo corposo, che - oltre ad essere pubblicato nell'opera omnia pasoliniana ("Pasolini per il cinema", II, Meridiani Mondadori, Milano 2001) - è stato oggetto di informazione e degli studi e riflessioni, tra l'altro, di Alessandra Fagioli [CinemaSessanta, n.5/6, settembre/dicembre 2002], Laura Salvini ["I frantumi del tutto. Ipotesi e letture dell'ultimo progetto cinematografico di Pier Paolo Pasolini, Porno-Teo-Kolossal", Cueb, Bologna 2004] ecc.  Nel film "La voce di Pasolini" di Matteo Cerami e Mario Sesti (2005)  viene addirittura proposta un'ipotesi di realizzazione, tramite disegni animati, della sceneggiatura pasoliniana: si veda a questo proposito la pagina di questo stesso blog "Pasolini per Eduardo. La sceneggiatura del film Porno-Teo-Kolossal, 1975"  [A.M.]. 
Ritornare a Sodoma e Gomorra. Una scommessa quasi impossibile che Pier Paolo Pasolini porta avanti con determinazione, nelle ultime settimane di vita: un altro viaggio cinematografico nei vizi e nelle perversioni umane, dopo quello nella disturbante crudezza visiva e nella devastante metafisica del potere del suo ultimo film.
Non più in una cornice storica, dettata dall’ambientazione nelle fasi finali del fascismo. Ma in un contesto contemporaneo, picaresco, tragico e anche un po’ buffo, tra Roma, Milano e Parigi. E con protagonisti due personaggi uniti in una dinamica alla Don Chisciotte e Sancho Panza: un Re Magio pietoso verso le debolezze della gente, col volto inconfondibile di Eduardo De Filippo; e il suo servo rozzo dalla insospettabile natura angelica, interpretato da Ninetto Davoli. Si intitola Porno-Teo-Kolossal, questo progetto incompiuto. E a riprova della volontà di realizzarlo, c’è la lettera.
«Spero con tutta la mia passione che accetti di farlo e che mi aiuti e mi incoraggi ad affrontare una simile impresa». La morte, il 2 novembre di quello stesso autunno, lo impedirà. Ma il soggetto della pellicola mai girata, così pieno di idee e di invenzioni, mantiene intatto il suo interesse. Ricordando il modo unico con cui il suo autore si concedeva al cinema: poetico, povero e insieme potentissimo. E facendoci rimpiangere la mancata collaborazione tra lui e un altro grande del Novecento come De Filippo, dal temperamento in apparenza assai diverso. La prima stesura del film viene resa pubblica ora, per la prima volta, in occasione di una grande retrospettiva sul cinema pasoliniano che si inaugura il 13 dicembre al MoMA di New York, per concludersi il 5 gennaio. Organizzata in collaborazione con Luce/Cinecittà, Fondo Pier Paolo Pasolini, Cineteca di Bologna e Graziella Chiarcossi, cugina ed erede del regista, si articola in mostre, seminari, performance varie; ma ha il suo clou nella riproposizione di tutti i suoi film, restaurati grazie a un finanziamento ministeriale. Capolavori riportati allo splendore originario: dal folgorante debutto con Accattone (1961) alla visione controversa e “scandalosa” di Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), passando per capolavori come Il Vangelo secondo Matteo.
E a corredo dell’evento esce negli Stati Uniti - edito dalla Cineteca - un volume in inglese intitolato Pier Paolo Pasolini. My Cinema, che ripercorre la sua carriera dietro la macchina da presa, con immagini mai viste e i commenti pellicola per pellicola scritti di suo pugno, ricavati da appunti, interviste e altri materiali. E poi, in appendice al volume, ci sono la lettera scritta a Eduardo e il soggetto finora inedito su Sodoma e Gomorra, ritrovato tra le carte depositate al Gabinetto Vieusseux di Firenze (a cui la Chiarcossi ha donato l’archivio di suo cugino scomparso). Il titolo provvisorio del testo - di cui esiste anche un successivo trattamento, più esteso - è Il cinema; cambiato in seguito nel più immaginifico Porno-Teo-Kolossal.
Certo, non è l’unica idea a cui Pasolini stava lavorando prima della morte (c’era anche una sorta di ossessione per un film su papa Paolo VI), ma la missiva a De Filippo indica la volontà di concentrarsi su questo nuovo viaggio nei vizi umani, stavolta in chiave fantastica. Ai nostri giorni, un Re Magio napoletano e il suo servo Romanino si incamminano verso il luogo in cui è nato il Messia, ma finiscono per arrivare troppo tardi. Perché nel frattempo si fermano tra il sesso eterosessuale con orge, delitti e stupri di Gomorra (che in realtà è Milano), l’erotismo omosex e farsesco di Sodoma (Roma) e un’occupazione militare stile Vietnam di Numanzia (Parigi). «Poche pagine dattiloscritte che mostrano con grande potenza la follia creativa di Pasolini - commenta Gian Luca Farinelli, il direttore della Cineteca di Bologna che ha seguito tutte le fasi del restauro dei film - se lo leggiamo così, d’un fiato, viene da pensare che solo uno Steven Spielberg con gli effetti speciali di adesso riuscirebbe a realizzarlo. Del resto quasi tutti  i soggetti del grande regista scomparso danno questa sensazione, fanno pensare a qualcosa di impossibile da trasporre: e invece ogni volta, grazie al suo genio poetico, lui ci è riuscito. A dispetto della povertà di mezzi del suo cinema». Ma il Porno-Teo-Kolossal è interessante anche per un altro motivo: «Rappresenta una sorta di sintesi - spiega ancora Farinelli - tra le opere dei primi anni e quelle tarde». Non solo un progetto incompiuto: il vero testamento spirituale del Pasolini regista.
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