"Pagine corsare"
LA SAGGISTICA - CINEMA
Enrique Irazoqui:
un ragazzo che non voleva essere Gesù
di Virgilio Fantuzzi S.I.
© La Civiltà Cattolica 2013 II 581-595 | 3912 (15 giugno 2013)
PARTE SECONDA
UN SENTITO RINGRAZIAMENTO A VIRGILIO FANTUZZI E A ENRIQUE IRAZOQUI
UN SENTITO RINGRAZIAMENTO A VIRGILIO FANTUZZI E A ENRIQUE IRAZOQUI
Qualcosa di grandioso
Giunti sulla piazza del Duomo, si spalanca davanti ai nostri occhi in tutta la sua grandiosità il panorama di Matera. Pasolini diceva che con l'arrivo di Gesù a Gerusalemme, cioè qui a Matera, il film avrebbe cambiato il suo andamento stilistico. Nella precedente predicazione di Gesù, in Galilea e in altre parti della Palestina, tutto è semplice, spoglio, lineare... Nella storia raccontata da Matteo e nel modo in cui Pasolini ha inteso rappresentarla, l'apparizione di Gerusalemme segna il momento nel quale la predicazione di Cristo da strettamente religiosa, in qualche modo, senza la diretta volontà di Cristo e degli apostoli, ma per dati oggettivamente storici, diventa un fatto, oltre che religioso, anche pubblico e politico. «Il momento dell'arrivo a Gerusalemme - diceva - segnerà nel film un nuovo passo. Ci sarà nel film qualcosa di grandioso». Chiedo a Enrique se si è accorto, nel momento in cui la troupe si è trasferita, da altri luoghi più spaesati, qui nel centro di Matera, che il film ha cambiato tono e ha assunto uno spessore diverso...
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Matera |
«Fragole e panna... È tutto quello che mi sai dire? Non la vedi anche adesso questa città unica nel suo genere? Non ti senti proiettato come me in questo momento verso le soglie della preistoria? Cinquant'anni fa Matera doveva essere ancora più vicina al suo stato originario di quanto lo sia adesso. Questi quartieri rupestri, che in seguito sono stati evacuati e ripuliti, erano ancora abitati da coloro che vi erano nati e cresciuti. Al posto delle automobili e dei motorini di adesso c'erano ancora i somarelli con le loro carrette...».
«Per me e per i giovani della troupe, Matera era rappresentata dai Sassi. Esattamente questi quartieri e questo ambiente che abbiamo sotto gli occhi e che, pur avendo subito molte trasformazioni, conserva ancora un fascino senza uguali.
Qualcosa di simile a certe grotte con tracce di vita preistorica che ho visto nel Nord della Spagna. Testimonianze di una cultura primitiva. Un mondo molto lontano dal nostro. La gente che si vedeva cinquant'anni fa in queste strade non assomigliava alla gente di adesso. Oggi siamo diventati tutti uguali. Giovani e vecchi, uomini e donne si assomigliano un po' ovunque. Guardano tutti gli stessi programmi televisivi, hanno tutti lo stesso iPhone, mangiano più o meno le stesse cose. Quando abbiamo girato il film, i caffè di Matera erano frequentati soltanto da uomini con sguardi torvi. La gente era magra, fatta "col diamante e col carbone". Penso che se, allontanandoci da Matera, andassimo in qualche paese dei dintorni, forse potremmo trovare anche adesso alcune persone simili a quelle che una volta si vedevano qui. Uomini venuti dalla terra, che lanciano occhiate furtive da sotto i berretti. A Matera la gente non è più così. Mangiano molto meglio, per fortuna. Sono molto accoglienti. Hanno bei musei, una grande cineteca. Matera è oggi una bellissima città, colta e moderna. La gente viaggia, compera... Ricordare la Matera del '64 vuol dire fare un viaggio a ritroso nel tempo».
Enrique rievoca i suoi rapporti con Pasolini e con Elsa in quel '64 che è stato, al di fuori di ogni dubbio, l'anno più sensazionale della sua vita. «Benché Pier Paolo ed Elsa rappresentassero entrambi, per il diciannovenne che ero allora, criteri di verità, credo di essere stato influenzato e, direi quasi, plasmato più da lei che da lui. Pier Paolo era molto preso dal lavoro e aveva poco tempo da dedicarmi. Elsa invece era sempre disponibile, accogliente e le piaceva stare in mia compagnia».
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Matera. Una sala ricavata nelle grotte all'interno di Palazzo Pomarici, sede del Museo di Scultura Contemporanea (MusMA) |
«Quando l'ho conosciuta, Elsa si dichiarava buddista e parlava con entusiasmo della reincarnazione. Durante le riprese del Vangelo mi sono accorto che aveva un rapporto profondo con la figura e con le parole di Gesù. Non so quale fosse il suo rapporto con il cristianesimo. Posso dire soltanto che, se c'è mai stata una persona disposta a credere nella bontà e nella purezza assolute, quella era Elsa. A casa sua si parlava di tutto. Quello che lei diceva era per me come un oracolo. Meno quando si parlava di politica, perché lei era anarchica mentre io ero marxista-leninista-rivoluzionario-resistente-antifascista. Aveva ragione lei, naturalmente, o almeno non ero io quello che aveva ragione. Adesso lo so, anche se allora Pier Paolo faceva il tifo per me».
Uscendo dal museo scavato nella roccia, gli occhi, investiti dai raggi del sole allo zenit, restano abbacinati per qualche minuto. Da Porta Pistola appare improvvisamente davanti a noi, al di là della valle sottostante, la gobba oscura della Murgia, la collina sassosa, disseminata di chiese rupestri, dove Pasolini ha ambientato il Calvario [v. foto qui sopra]. Immobile accanto a me, Irazoqui osserva come me il profilo della «montagna sacra». Non riesco a capire quali pensieri gli stiano passando per la mente in questo momento. Non scorgo sul suo volto nessun segno che possa indicare una particolare emozione...
«Questo è il tuo Calvario, Enrico. Vorrei che tu mi dicessi tutto quello che hai visto, che hai udito, che hai provato in quei giorni che, come suppongo, sono stati per te memorabili ...».
«Non so cosa dirti, Virgilio. Se ti dico che non ricordo quasi nulla, temo di deluderti. Ricordo che giravamo in fretta e furia. Avevo paura che la croce fosse troppo pesante da portare, mentre invece non pesava niente. Era vuota al suo interno. Poi il caldo. Un caldo soffocante, implacabile, che non dava tregua. Mi sono sentito comunque sollevato quando, per aiutarmi, qualcuno mi ha tolto la croce dalle spalle. Ma è rimasta la corona di spine che mi dava fastidio. C'era ressa, confusione, baccano... Tutto era scomodità, fretta, calore... Nella crocifissione era ancora più caldo, ancora più scomodo. Per me era difficile mantenermi in equilibrio. C'era soltanto un gancio che mi teneva da dietro per la vita. Lo sforzo per tenere le gambe e le braccia tese dovevo farlo da solo. Il sole era terribile. Dovevo gridare e il mio grido di dolore non era mai abbastanza forte. Urlavo con tutte le mie forze, una volta, due volte... Non vedevo nulla e nessuno. Sentivo soltanto la voce di Pier Paolo che gridava:
"Più forte! Grida più forte che puoi!". La luce era accecante. Il calore, lo sforzo per tenermi in equilibrio. Non vedevo nulla. Non capivo nulla. Non pensavo a nulla. Gridavo soltanto: "Padre, perché mi hai abbandonato?", senza rendermi conto di cosa significassero quelle parole».
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Matera. La Collina dove fu ricostruito il Calvario (fotogramma dal film) |
Sul dorso della Murgia
L'indifferenza ostentata da Irazoqui nei confronti della religione suscita in me qualche dubbio e mi suggerisce di metterlo alla prova.
«Tu sai che in Italia, soprattutto qui nel Meridione, ma anche in Spagna, c'è la tradizione di rappresentare la Passione di Gesù, durante la Settimana Santa, come atto di devozione popolare. So bene che, nonostante la tua educazione dai gesuiti, all'epoca del Vangelo non sentivi nessun trasporto religioso nei confronti di Gesù. Tuttavia, nel rivivere sia pure in forma scenica i momenti estremi della sua vita, posso pensare che qualche emozione deve averti attraversato...».
«Se pensi che io mi sia identificato con Cristo mentre mi trovavo sulla croce, ti sbagli di grosso. Sapevo che dovevo stare lì. Era il mio compito in quel momento e basta. Nella situazione della Spagna franchista, la Chiesa era alleata con Franco. Gli antifranchisti militanti come me vedevano nella Chiesa un nemico. Mi rendo conto che sto semplificando molto le cose, ma non vorrei che ci fossero tra di noi equivoci e malintesi. La Chiesa diceva di rappresentare Gesù; dunque il Gesù della Chiesa non era in nessun modo dentro di me. Era fuori, se non addirittura contro. C'era da fare la crocifissione e dunque ho fatto la crocifissione, ma per me sarebbe stata la stessa cosa se in quel momento avessi dovuto fare il pistolero in un western».
Nel pomeriggio, dopo una sosta conviviale in casa del comune amico Domenico Notarangelo, Enrique e io ci mettiamo in cammino verso la Murgia. Lungo la strada lui ricorda un brano di Pasolini, che parla di teologi senza religione. «Si potrebbe dire allo stesso modo - aggiunge - che ci sono religiosi senza teologia, e forse anche slanci di assoluto senza religione. E un problema più grande di me. Non arrivo a trovare la soluzione. Posso dirti soltanto che avverto una certa affinità con Simone Weil, e non soltanto con lei, ma anche con gli anarchici spagnoli della guerra civile o con l'umanesimo di Primo Levi... Sono questi i miei compagni di strada».
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Matera. Parco della Murgia Materana |
Nel pomeriggio, dopo una sosta conviviale in casa del comune amico Domenico Notarangelo, Enrique e io ci mettiamo in cammino verso la Murgia. Lungo la strada lui ricorda un brano di Pasolini, che parla di teologi senza religione. «Si potrebbe dire allo stesso modo - aggiunge - che ci sono religiosi senza teologia, e forse anche slanci di assoluto senza religione. E un problema più grande di me. Non arrivo a trovare la soluzione. Posso dirti soltanto che avverto una certa affinità con Simone Weil, e non soltanto con lei, ma anche con gli anarchici spagnoli della guerra civile o con l'umanesimo di Primo Levi... Sono questi i miei compagni di strada».
«Enrico, mi hai già parlato dei disagi fisici che questa scena ti ha provocato. Ma, adesso che ci troviamo sul posto, vorrei che tu ricordassi con maggiore precisione quello che accadeva attorno a te. Qui c'è una donna, Susanna, che cade in deliquio. Non so se tu dall'alto della croce riesci a vederla e cosa pensi di lei. Io penso che quella donna, venti anni prima, ha perduto un figlio in guerra. Penso che dieci anni dopo perderà un altro figlio in maniera non meno assurda e crudele. Capisco che tu, in quel momento, potevi avere difficoltà a identificarti con il Cristo della devozione popolare, ma sull'identificazione di Susanna con la Madonna penso che non possano esserci dubbi di alcun genere».
Il pensiero di Susanna spinge Irazoqui a concentrarsi in uno sforzo di memoria. «Ricordo perfettamente Susanna ai piedi della croce durante la crocifissione. Credo anche di capire il motivo profondo per il quale Pier Paolo abbia scelto sua madre per farle interpretare il ruolo della madre di Gesù. Dal punto di vista della resa cinematografica era fondamentale che lei sapesse che cosa vuoi dire perdere un figlio. Durante le riprese, Pier Paolo ripeteva a sua madre: "Ricordati di Guido!". Non tutti i presenti erano in grado di apprezzare il modo in cui Pasolini spingeva sua madre a esprimere con forza il suo dolore. Sapevano che non si trattava di un dolore finto, ma del dolore vero di una madre per la morte del proprio figlio».
Alle parole di Enrique aggiungo una riflessione: «Ritengo che fra i tanti motivi che possono aver spinto Pasolini a fare un film come il Vangelo, quello prevalente sia stato il desiderio di risarcire, in qualche modo, sua madre per il dolore immane che le ha procurato la morte del secondogenito. Ho inteso dire che, dopo la morte di Guido, Susanna andava in giro per i campi urlando come una pazza...».
«Non credo - ribatte Irazoqui - che tutti coloro che si trovavano presenti sul set in quelle giornate veramente terribili, non soltanto per me che soffrivo sulla croce, sarebbero stati d'accordo con questo tuo modo di vedere le cose. Enzo Siciliano e Giorgio Agamben, per esempio, che interpretavano i ruoli di due apostoli, sono venuti da me a dirmi che avrei dovuto esigere da Pier Paolo che la smettesse di maltrattare sua madre. "Povera donna - dicevano -, accovacciata per terra tante ore con questo caldo". Naturalmente ho rifiutato di farlo. In Susanna loro vedevano soltanto una vecchietta sfruttata dal figlio e se ne lamentavano...».
«Forse erano invidiosi perché avrebbero voluto essere sfruttati anche loro nella stessa maniera... Scherzi a parte, ritengo che il risultato ottenuto da Pasolini in questo punto del film sia di altissima poesia, degna di lacopone da Todi. Per questo considero del tutto fuori proposito le osservazioni di Siciliano e di Agamben».
«Quando, questa mattina, ti dicevo che, per me, interpretare il ruolo di Gesù nel film di Pier Paolo era come interpretare il ruolo di un pistolero in un western, forse ho esagerato. Ci sono stati momenti nei quali, sia in Pasolini, sia in me, si manifestava non dico una vera e propria identificazione, ma una specie di empatia nei confronti della figura di Gesù. Me ne ricordo adesso perché, in certi casi, questa, chiamiamola così, empatia durava anche dopo che le riprese erano finite, tanto è vero che gli apostoli "intellettuali" di cui ti dicevo, quando se ne accorgevano, prendevano un po' in giro Pier Paolo, ma soprattutto me...».
«...Come i soldati che giocavano a dadi ai piedi della croce».
«Non proprio così...».
«Stavo citando una battuta di un altro film di Pier Paolo: La ricotta».
«A volte ho avuto l'impressione che Pasolini volesse essere al mio posto mentre interpretavo Gesù. Ma, a pensarci bene, lui avrebbe voluto essere anche al posto degli altri interpreti. Avrebbe voluto fare tutte le parti. Era innamorato del Vangelo, nel quale vedeva incarnarsi quella "bellezza assoluta" di cui ha parlato in una lettera a Bini».
In una lettera al produttore Alfredo Bini del giugno 1963 Pasolini diceva: «Per me la bellezza è sempre una "bellezza morale"; ma questa bellezza giunge sempre a noi mediata: attraverso la poesia, o la filosofia, o la pratica; il solo caso di "bellezza morale" non mediata, ma immediata, allo stato puro, io l'ho sperimentato nel Vangelo».
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Panoramica sulla Murgia Materana. © Foto di Giovanna Gammarota |
In una lettera al produttore Alfredo Bini del giugno 1963 Pasolini diceva: «Per me la bellezza è sempre una "bellezza morale"; ma questa bellezza giunge sempre a noi mediata: attraverso la poesia, o la filosofia, o la pratica; il solo caso di "bellezza morale" non mediata, ma immediata, allo stato puro, io l'ho sperimentato nel Vangelo».
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni Autori associati: Alessandro Barbato, Claudio Rampini, Marco Taffi le notizie contenuti in oltre tredicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolini |