"Pagine corsare"
Marco Taffi
P.P.P.P.
Petrolio di Pier Paolo Pasolini
1. PREMESSA
1.1. Presentazione dell’opera e stato dei materiali
L’edizione di Petrolio costituisce la riproduzione fedele, praticamente fotografica, del manoscritto pasoliniano, a cui l’autore si dedicò negli ultimi quattro anni della sua esistenza (dal 1972 al 1975). Nelle dichiarate intenzioni di Pasolini, il progetto prevedeva la redazione di duemila pagine e l’opera può, dunque, definirsi incompiuta, almeno in base a considerazioni puramente logiche. Dal punto di vista oggettivo, infatti, il romanzo (che l’autore, però, nel corso dell’opera, definisce frequentemente ‘poema’) si presenta in condizione di frammentarietà, poiché a parti che presentano un certo sviluppo narrativo e, dunque, un certo grado di rifinitura, se ne affiancano altre che dimostrano, invece, lacune e incongruenze.
I materiali vengono suddivisi dall’autore in unità tematiche e definite con il termine di ‘Appunti’ [1]: essi corrispondono, almeno apparentemente, ai capitoli dell’opera e sono numerati in un ordine che è solo indicativamente progressivo, poiché, in realtà, ci sono soluzioni di continuità all’interno della successione.
In genere ognuno di tali Appunti consta di una intestazione (dove si specifica il numero progressivo), di un titolo e di un testo; ma non è infrequente il caso di assenza di uno o più di tali elementi componenti. Oltre a queste unità, compaiono nel testo edito anche blocchi di annotazioni dell’autore, concernenti il processo compositivo dell’opera, bozze programmatiche o promemoria, che, rispetto al resto, vengono resi in modo diverso anche tipograficamente, tramite, cioè, l’impiego di caratteri di stampa dal corpo più piccolo, in modo da connotare la loro natura di appunti tracciati a mano dall’autore, in calce o a integrazione del dattiloscritto.1.2. Questioni metodologiche
Questo lavoro, ancorché dedicato all’ultimo romanzo postumo di Pier Paolo Pasolini, non si propone di avere un carattere e un’impronta meramente letteraria, cioè non intende limitare la natura della sua analisi all’interno degli stretti confini della dimensione narrativa.
Ciò, ancor prima di essere una ingenuità euristica imperdonabile, visto che è l’autore stesso a distogliere il lettore da una lettura “immediata” del suo romanzo, affermando più volte che non è sua intenzione di scrivere una storia, risulterebbe nel contempo un’operazione assai ardua, visto lo stato di “incompiutezza” dell’opera stessa.
Proprio partendo dalla oggettiva (almeno apparente) condizione di provvisorietà del romanzo, a cui ha sicuramente contribuito anche l’improvvisa scomparsa del suo autore, ma, nel contempo, tenendo conto anche di ciò che lui stesso ha lasciato scritto, proprio in apertura, circa la natura di programmata frammentarietà di tutta l’opera, abbiamo voluto suggerire un tipo di lettura che tenga conto del materiale narrativo di Petrolio soltanto come una delle sue componenti comunicative.
Da tale punto di vista, la complessità espressiva del “romanzo” ci è sembrata, dunque, richiedere un tipo di approccio che fosse più di natura linguistica e semiologica che non strettamente letteraria.
E’ chiaro che per tentare un’operazione del genere, ossia per rintracciare all’interno dell’opera tutte le strategie comunicative di cui l’autore si serve, non potevamo fare a meno di adottare un criterio rigorosamente analitico nello studio di tutte le componenti del romanzo.
Questo tipo di procedura, se da un lato potrebbe apparire del tutto fuori luogo, per un’opera che non è stata licenziata ufficialmente dall’autore e che, quindi, è da vedere, secondo tale punto di vista, soltanto come un “cantiere” di lavori in corso, dall’altro, proprio esso ci ha consentito, tuttavia, di valutare sia la quantità, sia la qualità di ciò che l’autore è riuscito a realizzare e, soprattutto, di poter trarre da esso spunti di riflessione che riguardino la plausibilità o meno della presunta o reale incompiutezza dell’opera.
Se noi, infatti, teniamo conto di ciò che, all’inizio del libro, afferma l’autore tramite la pseudo nota editoriale [2], non possiamo ignorare l’alto e significativo peso funzionale che lo stato di frammentarietà dei materiali dell’opera doveva avere nell’economia del progetto del suo autore e, dunque, non è da escludere del tutto – a nostro avviso – la possibilità che il “romanzo” di Petrolio, nelle intenzioni di chi lo ha progettato, si potesse già definire “compiuto” anche così.
E’ chiaro che la sopravvenuta morte dell’autore ha fatto sì che il romanzo ci giungesse esattamente nel modo in cui noi lo possiamo recepire adesso, ma, con ciò, non possiamo obbiettivamente ritenere che Pasolini avesse proprio tale intenzione, poiché, in questo caso, bisognerebbe necessariamente postulare: o che egli avesse concluso i lavori proprio nei giorni precedenti la sua morte; oppure che avesse addirittura programmato la sua scomparsa. Ciò, però, sia nel primo sia nel secondo caso, ci appare ipotesi troppo azzardata.
La cosa che, invece, ci sembra del tutto plausibile è che l’autore avesse già realizzato sostanzialmente, attraverso le quasi seicento pagine di manoscritto, la cifra del suo disegno creativo, consistente, appunto, nella giustapposizione tra parti “concluse” e bozze programmatiche, ossia, nella relazione dialettica “tra detto e non detto” e, dunque, tra ciò che c’è e ciò che non c’è.
Da questo punto di vista, viene, allora, da credere che il completamento del progetto dell’autore, ammesso che fosse stato previsto, sarebbe consistito soprattutto in un ampliamento essenzialmente quantitativo del repertorio di materiali già esistenti, con il risultato di rendere ancora più evidente il nucleo di senso di tutta l’opera, che risiede – a nostro avviso - nella rappresentazione dell’atto creativo di uno scrittore, nel momento in cui dà vita al suo romanzo.
In quest’ottica è più che comprensibile, dunque, che non si possa parlare né di inizio (come, infatti, si sottolinea nell’App. 12), né di conclusione di un progetto del genere [3], che arriva a coincidere sostanzialmente con la vita stessa dell’autore e che soltanto con la morte può pensare di trovare una fine.
Ecco perché, dunque, l’autore, nella lettera al suo amico Alberto, posta in calce al manoscritto, arriva a definire la sua opera “il preambolo di un testamento” [4]: poiché soltanto con la scomparsa dello scrittore si può finalmente dare un senso compiuto a ciò che lui ha inteso comunicarci da vivo.
In quest’ottica è più che comprensibile, dunque, che non si possa parlare né di inizio (come, infatti, si sottolinea nell’App. 12), né di conclusione di un progetto del genere [3], che arriva a coincidere sostanzialmente con la vita stessa dell’autore e che soltanto con la morte può pensare di trovare una fine.
Ecco perché, dunque, l’autore, nella lettera al suo amico Alberto, posta in calce al manoscritto, arriva a definire la sua opera “il preambolo di un testamento” [4]: poiché soltanto con la scomparsa dello scrittore si può finalmente dare un senso compiuto a ciò che lui ha inteso comunicarci da vivo.
2. LA FABULA
2.1. Lo “scheletro” narrativo
Dalle parti narrative di Petrolio, possiamo estrapolare la seguente traccia fabulistica:
Carlo si trova nella sua abitazione di Roma e, all’improvviso, cade a terra.
Arrivano due misteriosi esseri, non si sa da dove e cominciano a discutere per appropriarsi ciascuno di una parte del suo corpo. Dalla spartizione risulta il Carlo di Tetis e il Carlo di Polis. I due si allontanano.
I due esseri (non si può dire se si tratti di quelli che si sono spartiti il corpo di Carlo, oppure i due Carli che ne sono derivati), escono in città ed ordinano da bere in un bar.
Tetis cerca una persona, perché le deve parlare: va prima in città e poi, non trovandola, si reca con il treno in Sicilia. Qui, la trova ma non riesce mai a parlarci. Ritorna, quindi, a Roma con lei.
Nella Capitale, alcuni misteriosi personaggi si riuniscono con l’intento di far seguire Carlo, in tutti i suoi movimenti, da una spia, che dovrà riferire loro su quanto è venuto a sapere. Incaricato di tale missione è un certo Pasquale.
Carlo parte per Torino in treno.
Pasquale sta tornando a Roma, dopo aver compiuto con successo la sua missione. Fa il viaggio in treno insieme ad un signore. Quando arrivano a Roma, entrambi si accorgono di aver perso la valigia. Per Pasquale significa lo smarrimento del suo resoconto su Carlo.
Carlo giunge a Torino da sua madre ed ha un rapporto incestuoso con lei.
Rivede le sorelle e conosce la governante, con la quale soddisfa un suo impulso autoerotico. Rintraccia sua madre ad una festa, dove consuma un altro incesto.
Carlo esce e va in città, in uno dei caffè del centro, dove ritrova i vecchi amici. Dopo aver fatto colazione, rincasa per riposare. Nel pomeriggio esce di nuovo, diretto verso i giardinetti, lungo il Po, alla ricerca di ragazzine.
Rivede le sorelle e conosce la governante, con la quale soddisfa un suo impulso autoerotico. Rintraccia sua madre ad una festa, dove consuma un altro incesto.
Carlo esce e va in città, in uno dei caffè del centro, dove ritrova i vecchi amici. Dopo aver fatto colazione, rincasa per riposare. Nel pomeriggio esce di nuovo, diretto verso i giardinetti, lungo il Po, alla ricerca di ragazzine.
Carlo si sposta alla stazione dove, per molte settimane, continua questa sua ricerca di bambine.
Carlo rincasa e si reca a trovare la nonna, che abita in una villa non lontana da quella di famiglia. Qui giunto, fa la conoscenza di Viola, la figlia della governante. La nonna invita il nipote a rimanere a cena con lei. Alla fine della serata, i due sono ubriachi e Carlo ha un approccio erotico con la nonna.
Uscito dall’abitazione della nonna, Carlo rincasa e si corica. Fa un sogno convulso che vede anche la presenza del padre. Tale sogno prevede un’appendice a tavola: era tornato suo padre (non riusciamo, però, a stabilire se nella realtà o nella finzione onirica) e la famiglia è, dunque, al completo. Le parole del padre suscitano in Carlo un sussulto e accendono in lui l’interesse nei confronti delle persone del suo stesso sesso.
Intanto, a Roma, il resoconto di Pasquale su Carlo viene ritrovato una mattina a Porta Portese. A scoprirlo, in mezzo a tanti altri libri, è un misterioso personaggio, un certo letterato veneto, dal cognome in -on.
L’attenzione adesso si focalizza su Carlo I che, a Roma, si sta recando ad un ricevimento, dalla signora F. E’ con lui un suo vecchio compagno di scuola, tale Guido Casalegno.
Questa signora F., oltre a dare ricevimenti, si dedica a parecchie attività culturali, che trovano l’aiuto finanziario anche del mondo dell’imprenditoria.
Al ricevimento sono presenti molti personaggi influenti, tra cui anche esponenti dell’Eni, i quali avvicinano Carlo con l’intento di mettere alla prova la sua disponibilità ad entrare nella grande azienda. Gli propongono un viaggio in Oriente.
Il ricevimento si conclude (lo desumiamo dal titolo di uno dei paragrafi). Si svolge il viaggio in Oriente, i cui dettagli sono sinteticamente forniti tramite riferimenti telegrafici.
I due Carli, intanto, si incontrano ogni sera con l’intento di scambiarsi le loro esperienze. Carlo II esce la sera in cerca di sesso e rientra la notte tardi.
Una sera, Carlo, mentre cammina nei pressi della stazione Termini, assiste ad un corteo motorizzato di giovani comunisti che cantano e sventolano bandiere.
All’improvviso egli comincia a sentirsi strano; torna in taxi a casa e qui scopre di aver subìto un cambiamento di sesso: da uomo è diventato donna.
Si accenna ad un incontro di Carlo con un certo Tonino, alla stazione Termini.
Dieci anni dopo il primo viaggio, Carlo I torna in Oriente per conto dell’Eni, stavolta in qualità di responsabile della commissione.
L’altro Carlo, intanto, rimasto a Roma, ha un incontro erotico con venti ragazzi (in realtà nove), nel pratone della Casilina.
Carlo I ritorna dal suo secondo viaggio in Oriente. Dalla Malpensa giunge a Roma, di notte, con un’auto presa a noleggio. Quando arriva a casa, si accorge che c’è qualcosa di strano: Karl, infatti, è sparito.
Intanto, la sua posizione all’Eni si sta indebolendo per la improvvisa concorrenza di un suo collega fascista che viene preferito per le sue tendenze politiche.
Convinto che non ci sia la speranza di veder tornare Karl, Carlo prende in considerazione la possibilità di fare lui quello che faceva il suo alterego. Infatti, esce e prova a seguire gli itinerari conosciuti da Karl. Incontra una prostituta ma rimane disgustato e abbandona così subito il proposito.
Di fronte alla sconveniente possibilità che Carlo venga soppiantato professionalmente da un fascista, alcuni oscuri personaggi, legati al mondo della politica, organizzano una cena con il chiaro intento di corrompere ideologicamente Carlo e di “spostarlo” a Destra.
La cena si svolge circa un mese prima delle elezioni politiche. Verso metà della serata, Carlo ha la strana sensazione di aver subìto un cambiamento della propria identità sessuale. Finita la cena, Carlo, un po’ ubriaco, rientra a casa; proprio davanti alla sua abitazione, egli ha una visione, che contempla ancora la presenza del padre. Quando entra nella sua camera, si guarda allo specchio e si accorge che è diventato donna.Passa il tempo e Carlo viene invitato ad un’altra cena, stavolta al ristorante Toulà, di Roma. Anfitrione della serata è un certo on. Tortora. Al momento di riprendere il soprabito, poco prima di uscire, Carlo viene colpito dal guardarobiere, un ragazzo siciliano, Carmelo, e se ne invaghisce. Nasce una complicità tra i due che culmina con il loro incontro e il conseguente rapporto sessuale. Terminata questa avventura erotica, Carmelo, rientrando a casa, viene prelevato da due misteriosi personaggi con i quali fa un lungo viaggio in auto che termina in una località di mare. Qui, egli si imbarca su una motonave (su cui si trovano altri personaggi), presumibilmente alla volta di Palermo, dove arriva di sera.
Il giorno dopo il suo incontro erotico con Carmelo, Carlo si sveglia e prova un ardente desiderio di rivederlo.
La sera egli si reca al Toulà ma con suo grande rammarico si accorge che Carmelo non c’è. A questo punto, Carlo si rende conto che l’assenza di Carmelo non è un dolore ma una liberazione.
Una sera di inverno, Carlo esce e raggiunge a piedi il Colosseo, dove trova un gruppetto di frequentatori. Si unisce a loro e, mentre ascolta le loro parole, ha una visione: immagina di trovarsi su un carro che viene trascinato all’indietro e di assistere alla lunga galleria di orrori rappresentata dai tipi che popolano la via Torpignattara e le sue trasversali. Filo conduttore di questo grottesco viaggio sono “Il Merda” e la sua ragazza, di nome Cinzia, che procedono a braccetto per tutto il percorso. Ogni tanto, Carlo viene illuminato sul significato di ciò che vede da alcuni Dei, che sono, poi, coloro che spingono il carretto.
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1 Da ora in poi abbreviato, nel corso del presente lavoro, con la sigla: App.
2 Cfr. P. P. PASOLINI, Petrolio, a cura di M. Careri e G. Chiarcossi, Einaudi, Torino 1992, p. 9. (Da ora in poi citato mediante la sigla: P).
3 “Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita” (da un’intervista rilasciata a Luisella Re e apparsa su “Stampa-Sera” del 10/01/1975).
4 P. P. PASOLINI, P., p. 545.
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"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni Autori associati: Alessandro Barbato, Claudio Rampini, Marco Taffi le notizie contenuti in oltre dodicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolini |