"Pagine corsare"
LA SAGGISTICA - CINEMA
Enrique Irazoqui:
un ragazzo che non voleva essere Gesù
di Virgilio Fantuzzi S.I.
© La Civiltà Cattolica 2013 II 581-595 | 3912 (15 giugno 2013)
PARTE TERZA
UN SENTITO RINGRAZIAMENTO A VIRGILIO FANTUZZI E A ENRIQUE IRAZOQUI
UN SENTITO RINGRAZIAMENTO A VIRGILIO FANTUZZI E A ENRIQUE IRAZOQUI
Cortocircuito tra segno e senso
Torna Enrique e riprendo la conversazione interrotta: «Credo che non si possa negare che il Vangelo sia un film che ti ha cambiato la vita».
«Vedo che insisti battendo sullo stesso chiodo... Ebbene, a costo di deluderti definitivamente, caro Virgilio, devo dirti che il Vangelo, in quanto film, non ha prodotto "dentro" di me nessun cambiamento. Sono uscito dall'esperienza del film nello stesso modo in cui c'ero entrato. Con le stesse idee nella testa, lo stesso atteggiamento nei confronti della vita. Se per caso è successo qualcosa "dentro" di me in quel periodo, ti assicuro che non me ne sono accorto. Ma siccome vedo che su questo punto non sei disposto a darmi tregua, per tranquillizzarti posso aggiungere che qualcosa è successo, nel senso che dici tu, dopo la realizzazione del Vangelo. Mentre facevo il servizio militare (erano passati due anni dalle riprese del film), mi è capitato tra le mani L'idiota di Dostoevskij, libro che ho letto con avidità, identificandomi totalmente con il principe Myshkin, eroe nel quale lo scrittore concentra il suo ideale di bontà cristiana e di amore universale. Posso dirti di non aver sofferto i dolori di Gesù quando ero sulla croce, mentre invece ho sofferto i dolori di Myshkin leggendo quel libro».
«Nulla accade per caso nella vita, Enrico. Se sei arrivato nella casa di Pasolini quando lui cercava il protagonista del Vangelo non è un caso. Se durante il servizio militare ti è capitato tra le mani L'idiota non è un caso. Considero questi due eventi come tappe fondamentali della tua evoluzione personale. Nel dirti questo, non sto cercando di indovinare cose che non so, ma sto semplicemente tirando le somme di questa nostra giornata di chiacchiere. Può darsi che anche questa sia una tappa che si aggiunge alle altre, e spero che non sia l'ultima...».
Chiedo a Enrique se ha rivisto Pasolini dopo le riprese del Vangelo e la presentazione del film al festival di Venezia. «Come ti ho già detto - risponde -, Pier Paolo venne a Barcellona nell'autunno di quello stesso anno. Tenne una conferenza all'Università parlando di libertà e fascismo. Trovò che Barcellona era bellissima, mentre invece, secondo me, era una città grigia, monotona, piena di poliziotti, convenzionale, soffocante. Ma in un giorno solo tutto questo non si vedeva».
Enrique si allontana di due o trecento metri per andare a vedere la Madonna delle Tre Porte, una chiesa rupestre dove Pasolini ha ambientato la casa di Lazzaro, Marta e Maria a Betania. Non lo seguo, perché in questo punto il terreno è troppo sdrucciolevole per me. Resto in silenzio per una mezz'oretta e rifletto sulle ultime cose che Irazoqui mi ha detto.
Mi pare che nel caso del Vangelo di Pasolini si siano verificate diverse forme di identificazione. Totale quella di Susanna che interpreta il ruolo della Madonna. Mi viene in mente a questo proposito quello che Sergio Citti diceva di suo fratello Franco come interprete di Accattone: «Franco non è un attore, ma il personaggio». Allo stesso modo si può dire di Susanna che non «fa», ma «è» la Madonna, tautologicamente, per effetto di una sorta di cortocircuito che in certi casi si stabilisce, all'interno di una realizzazione artistica pienamente riuscita, tra significante e significato.
Murgia Materana. Affreschi all'interno della chiesa rupestre della Madonna delle Tre Porte |
Diverso è il caso di Pasolini che, in quanto autore, identificandosi un po' con tutti i personaggi, come dice Enrique, di fatto si identifica con il testo del Vangelo e lo fa, mentre lo trasferisce dalla lingua scritta al linguaggio audiovisivo, adottando un punto di vista non esterno, ma interno al testo medesimo. Dopo aver assimilato il testo di Matteo, da lui considerato come un modello di bellezza assoluta, il regista lo elabora e ne restituisce il senso, producendo immagini visive e sonore dotate di una bellezza equivalente.
Quanto a lui, il protagonista del film, risulta chiaro dalle sue parole che non è né dentro il personaggio del Cristo, né fuori di esso. Si potrebbe dire forse che Enrique è mezzo dentro e mezzo fuori dal film. Ciò dipende in primo luogo dal fatto che lui è uno strumento nelle mani del regista. Uno strumento, ovviamente, pensante. Cosa che gli consente di distinguersi dagli apostoli «intellettuali», non perché essi non lo siano, ma perché lui è in grado di pensare «bene», anche quando gli altri pensano «male». Inoltre, in quanto marxista «duro e puro», lui ha le sue idee che gli impediscono di identificarsi pienamente con Cristo. E probabile che questa resistenza, da parte di Irazoqui, nei confronti di una identificazione di tipo religioso, nel senso devozionale del termine, con la figura di Gesù abbia prodotto nel personaggio quell'effetto di ambiguità di cui Pasolini parlava a proposito del modo nel quale, al di là delle sue intenzioni, era risultata la rappresentazione di Gesù nel film.
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Palazzo in rovina nella Murgia Materana. © Foto Giovanna Gammarota |
«Se lo facessi, negherei l'evidenza. Il Vangelo mi ha fatto conoscere persone straordinarie che prima non conoscevo; mi ha offerto opportunità che prima non avevo; inoltre, per quanto riguarda l'esperienza che ho vissuto durante le riprese, posso dire di aver trovato qui un senso di libertà che in Spagna allora non esisteva».
«Questi sono cambiamenti esterni. Si può dire che ci siano stati in te anche cambiamenti interni?».
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Fëdor Dostoevskij (1821-1881) Ritratto di Vassilij Petrov (Galleria Tret'jakov, Mosca) |
«Nulla accade per caso nella vita, Enrico. Se sei arrivato nella casa di Pasolini quando lui cercava il protagonista del Vangelo non è un caso. Se durante il servizio militare ti è capitato tra le mani L'idiota non è un caso. Considero questi due eventi come tappe fondamentali della tua evoluzione personale. Nel dirti questo, non sto cercando di indovinare cose che non so, ma sto semplicemente tirando le somme di questa nostra giornata di chiacchiere. Può darsi che anche questa sia una tappa che si aggiunge alle altre, e spero che non sia l'ultima...».
«Come darti torto, Virgilio? Pensa a quello che mi è capitato quando, pochi mesi dopo il mio rientro in Spagna, ho lasciato il partito comunista, perché sentivo che la sua linea politica non era la mia, non mi riconoscevo più nel programma che fino allora avevo condiviso con i compagni di lotta e non credevo nella possibilità di fare la rivoluzione».
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Pier Paolo Pasolini con il poeta spagnolo José Augustín Goytisolo |
«Come hai saputo della sua morte?».
«Ho sentito la notizia alla radio mentre ero a Minneapolis. Nello stesso modo, sempre per radio, dieci anni più tardi ho saputo della morte di Elsa. Mi ha fatto male. Era infinitamente ingiusto e crudele. Era anche una parte importante della mia vita che se ne andava. A volte parlo ancora con Pier Paolo. Elsa ha scritto dopo la morte di Pasolini una poesia che comincia con le parole: "E così...", e prosegue dicendo: "Tu - come si dice - hai tagliato la corda. / In realtà tu eri - come si dice - un disadattato / e alla fine te ne sei persuaso / anche se da sempre lo eri stato: un disadattato..."».
Il cielo è invaso da un tramonto fosco che tinge di bagliori violacei le nuvole arruffate. «È tremendo - mormora Enrique - non poter dare la corda all'orologio con la molla a rovescio e andare all'indietro nel tempo per poter dire a Pier Paolo e a Elsa tutto quello che non ho detto allora e potrei dire adesso...».
Il pensiero torna a Susanna, morta a 90 anni in una casa di riposo per anziani a Udine. «Se Pasolini non fosse morto prima di sua madre - dice Enrique con una piega amara nella bocca -, non credo che avrebbe consentito che Susanna finisse i suoi giorni in una casa per anziani». Poi, il sorriso torna ad affiorare sulle sue labbra e gli occhi si illuminano nel ricordo. «Una sera, quando mia madre venne a trovarmi a Roma durante le riprese del film, Pier Paolo, Susanna, mia madre e io camminavamo insieme verso un ristorante di Trastevere. All'improvviso Pier Paolo si mise a correre e sparì. Pensavo tra me meravigliato: "Ma cosa sta facendo?". Dopo un paio di minuti venne con una rosa per sua madre. Avresti dovuto vedere la tenerezza dipinta sul volto di Susanna. Una dolcezza che non potrò mai dimenticare».
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni Autori associati: Alessandro Barbato, Claudio Rampini, Marco Taffi le notizie contenuti in oltre tredicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolini |