L’influenzadiPierPaoloPasolinisuifilm
esullostile cinematograficodiNanniMoretti
Un’analisi di StefanoBona, Flinders University
Flinders UniversityLanguages GroupOnlineReview
Volume4,Issue3,December 2011
Lo "scandaloso" Pasolini
Fra gli intellettuali italiani del secondo dopoguerra, Pier Paolo Pasolini (1922-1975) fu una delle figure più difficilmente inquadrabili: figlio di un militare fascista, cresciuto in un contesto cattolico, fu dichiaratamente comunista e (cosa scandalosa per l'epoca) omosessuale. Incarnazione di tutte le contraddizioni racchiudibili in un essere umano, fu inviso ai cattolici, cacciato dal Pci a causa delle sue tendenze sessuali, attaccato dai neofascisti, censurato, denunciato, querelato e/o processato decine di volte, e infine, il 2 novembre del 1975, brutalmente ucciso. Controverso, certo, ma anche uno degli intellettuali più eclettici nell'Italia del Ventesimo secolo: poeta, scrittore, saggista, critico, esperto d'arte, cineasta solo per citare alcune delle etichette usate per descriverlo. Impossibile riassumerne qui vita e opere, tuttavia alcuni aspetti vanno focalizzati nell'ottica del presente lavoro: le sue riflessioni sul ruolo dell'intellettuale, le teorie cinematografiche, le teorie sul rapporto fra televisione, potere e consumismo.
Secondo Gramsci, gli intellettuali oltre a “sapere”, devono “sentire” le passioni del popolo (che “non sempre comprende o sa”). Invece di restare “distinto e staccato” dal popolo-nazione, il vero intellettuale – unendo comprensione e passione – ne spiega le passioni giustificandole in un determinato contesto storico. Senza questa connessione, i rapporti tra intellettuali e popolo-nazione si riducono a una pura questione burocratica, insomma gli intellettuali “diventano una casta o un sacerdozio”. L'intellettuale deve invece assumere un ruolo di educatore-persuasore, e la letteratura una funzione morale.
Si può dire che Pasolini abbia fatto di queste idee la sua missione, dal primo contatto con la cultura contadina di Casarsa a quello successivo con il sottoproletariato delle borgate romane, e non abbia mai abbandonato la sua vocazione pedagogica: come insegnante e formatore, a Casarsa e a Roma, ha considerato i giovani una “forza innocente da contrapporre alle convenzioni e al moralismo borghese”; e come critico, ha sempre cercato il dialogo con i lettori dei giornali con cui ha collaborato. Nel 1974 scriveva: “sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi […] di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.” Infatti, ha individuato i mali del suo tempo: il consumismo, il potere omologante, la televisione, attaccandoli con forza e provocatoriamente.
Pasolini ha presto intuito che la letteratura non è l'unico mezzo espressivo a disposizione d'un intellettuale. Il cinema, per esempio, per molto tempo è “stato in anticipo sulla letteratura: o almeno ha catalizzato con una tempestività che lo rendeva cronologicamente anteriore, i motivi socio-politici profondi che avrebbero caratterizzato di lì a poco la letteratura”; inoltre, consente di indagare più a fondo i codici di comportamento della cultura popolare come parte della cultura di una nazione. Si capisce quindi di quale forza dispone questo mezzo. A partire dal Neorealismo il cinema italiano è stato influenzato dalla visione gramsciana d'una cultura responsabile del cambiamento della società, e la telecamera è stata usata, così come le parole scritte, per interpretare il presente socio-politico ma anche per denunciare il potere stabilito. Le prime sperimentazioni cinematografiche di Pasolini, da Accattone al Vangelo secondo Matteo, per sua stessa ammissione, sono state create “sotto il segno di Gramsci”: si tratta di lavori di stampo nazional-popolare, rivolti al popolo come classe sociale distinta dalla borghesia. In aperta polemica con “la nuova, tirannica e antidemocratica cultura di massa della società neocapitalistica”, Pasolini fa film d'élite che però possano parlare alla massa, e in questo senso definibili come “un atto di democrazia.”
Si può dire che la nascita della nuova società di massa abbia concluso un'era ideologica su cui era basato il Comunismo: quella della divisione fra le classi sociali e della lotta di classe. Pasolini considera la morte di Togliatti nel 1963 uno spartiacque simbolico del cambiamento, e non a caso inserisce in Uccellacci e uccellini (1965) una sequenza filmata durante il funerale di Togliatti. Inoltre, anche quando non parla alle masse ma a un pubblico politicizzato, Pasolini rivela le sue convinzioni sul ruolo dell'intellettuale. Nello stesso Uccellacci e uccellini il regista fa uccidere e mangiare il corvo/intellettuale ai protagonisti: anche l'intellettuale pedante e prodigo di consigli ha ormai fatto la sua epoca e del resto lo dice lo stesso corvo che “i professori sono fatti per essere mangiati in salsa piccante”. Destino crudele, ma (forse) inevitabile.
I film di Pasolini hanno seguito lo sviluppo del suo pensiero: neorealisti i primi, sempre più
ideologici e simbolici quelli successivi. Parallelamente, la sua padronanza delle tecniche cinematografiche è andata man mano affinandosi e, fra le tecniche da lui studiate, il piano-sequenza assume un ruolo rilevante.
Nelle sue Osservazioni sul piano-sequenza, Pasolini lo descrive come una “soggettiva”,
ovvero “il filmino in sedici millimetri che uno spettatore, tra la folla, ha girato sulla morte di Kennedy”. L'indagine della polizia sull'attentato dovrà metaforicamente montare i piani-sequenza forniti dai vari testimoni e crearne il "film", ossia ricostruire lo svolgersi dell'azione nella sua complessità, dandole un senso e trasformando in storia, ossia in passato, il presente raccontato da ogni testimone. Analogamente, secondo Pasolini “l'uomo si esprime con la sua azione”, che però rimane priva di unità e di senso finché non è stata compiuta. La vita, infatti, è composta da molteplici azioni, e assume un senso solo quando la morte interviene eseguendo “un fulmineo montaggio della nostra vita”. In quest'ottica, la morte appare necessaria per esprimere la vita, così come il montaggio di un film è necessario per dare un senso alle sequenze che lo compongono. Come vedremo, Moretti renderà con chiarezza questo discorso in Caro diario (1994).
Come detto, Pasolini ha usato il cinema d'élite per rivolgersi alla società di massa, contro la cultura di massa, tirannica e antidemocratica. La cultura di massa secondo lui è una forma di omologazione perpetrata dal potere mediante un mezzo di comunicazione nuovo e dirompente: la televisione, un altro degli argomenti di cui Pasolini si è occupato negli anni Settanta, con esiti sorprendentemente profetici.
Per Pasolini la televisione è uno strumento di comunicazione che pensa per i telespettatori, ai quali infonde “l'ideale piccolo-borghese di vita tranquilla e perbene”, rendendo conformi le loro abitudini e opinioni, ed escludendoli dalla partecipazione politica.
Più precisamente, il centro, il nuovo potere legato a consumismo ed edonismo, "[p]er mezzo della televisione, […] ha assimilato […] l'intero paese […] storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un'opera di omologazione distruttrice […]”. Tale omologazione, basata sull'imposizione dell'ideologia del consumo, va a sostituirsi alla religione. Gli italiani hanno accettato questa nuova ideologia dominante, annullando le differenze culturali fra sottoproletariato e borghesia, con un conseguente “rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali”. Di conseguenza, per Pasolini questo nuovo potere è il più autoritario e repressivo in assoluto: se nemmeno il fascismo era riuscito a intaccare l'anima degli italiani, il “nuovo fascismo”, invece, “attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specialmente, appunto, la televisione), […] l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre.” Quando Pasolini si esprimeva sulla televisione, le reti commerciali di Silvio Berlusconi non esistevano ancora, né era nota al pubblico l'esistenza della loggia massonica P2, finalizzata alla costruzione d'una rete segreta fra mass media, governo, esercito, servizi segreti italiani. Nel 2008 il fondatore della P2 Licio Gelli dichiarò che solo Berlusconi (uomo più ricco d'Italia, proprietario di gruppi finanziari, editoriali e televisivi, politico e primo ministro) “può proseguire il mio progetto”: una conferma indiretta dell'attualità delle intuizioni pasoliniane sul connubio potere-televisione-conformismo.
Intellettuale scomodo, "maledetto" e profetico, lucido analista e critico della società italiana dal dopoguerra al 1975, Pasolini scelse di dare continuo scandalo denunciando quello che può succedere a una persona pulita in un paese sporco. Paradossalmente, finì vittima delle sue stesse intuizioni. Se infatti teorizzò la fine del ruolo dell'intellettuale, e se spesso ebbe a riflettere anche sulla morte (riflessione di cui la sua teoria sul piano-sequenza è solo un esempio), forse non immaginava – o forse lo aveva intuito – di tramutarsi nel corvo di Uccellacci e uccellini, o che una sua poesia sarebbe diventata tristemente autobiografica: “[…] solo, “pilotando la sua Alfa Romeo”, / […] sono come un gatto bruciato vivo, /pestato dal copertone di un autotreno, / […] come un serpe ridotto a poltiglia di sangue”. Soprattutto, forse non immaginava che la sua morte sarebbe stata inserita anche in un film.
Di seguito si cercherà di spiegare quanto, come e perché la sua figura influenzi il cinema di Nanni Moretti.
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni
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