"Pagine corsare"
Vivere il ricordo di Pasolini
di Lorenzo Curti
di Lorenzo Curti
2 novembre 2012, http://radiocage.it/
In occasione del 37° anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, Radio Cage ha deciso di ricordarlo in un modo particolare: pubblicando la testimonianza di Lorenzo Curti, giovane appassionato di letteratura, che pochi giorni fa è stato invitato dagli studenti dell’Istituto Tecnico Industriale di Livorno in autogestione a trattarne la figura. L’immagine di un diciannovenne che, in un’aula scolastica, parla di Pier Paolo Pasolini a un gruppo di diciassettenni ci è sembrata lo strumento più adeguato per provare a trasformare la memoria di una morte in un racconto di vita. Un racconto che probabilmente sul rapporto tra Pasolini e la società contemporanea, e le sue generazioni più giovani in particolare, dice più di quanto a volte non riescano a fare le riflessioni degli “addetti ai lavori” .
Quando due settimane fa sono stato invitato all’autogestione dell’ITI per parlare di Pier Paolo Pasolini (sicuramente non nel ruolo di grande esperto), ho accettato subito con l’entusiasmo di un giovane divulgatore in erba che non vede l’ora di parlare del suo poeta preferito.
Ovviamente dopo l’iniziale entusiasmo sono iniziati a sorgere i primi problemi. Come avrei fatto a far capire Pasolini a ragazzi dell’ITI che, giustamente o meno, non avevano nemmeno la più pallida idea di chi potesse essere? Come avrei potuto dare a uno dei poeti più contraddittori del '900 un approccio che fosse semplice e lineare? Visto che, più che comunicare loro grandi concetti, era necessario che fossero loro ad apprendere qualcosa di chiaro, vero e importante (tanto per parafrasare Pasolini), mi sono scervellato per una buona settimana.
Ovviamente dopo l’iniziale entusiasmo sono iniziati a sorgere i primi problemi. Come avrei fatto a far capire Pasolini a ragazzi dell’ITI che, giustamente o meno, non avevano nemmeno la più pallida idea di chi potesse essere? Come avrei potuto dare a uno dei poeti più contraddittori del '900 un approccio che fosse semplice e lineare? Visto che, più che comunicare loro grandi concetti, era necessario che fossero loro ad apprendere qualcosa di chiaro, vero e importante (tanto per parafrasare Pasolini), mi sono scervellato per una buona settimana.
Poi, per una sorta di strana onestà, mi è parso giusto che a parlare non fossi io, ma che fosse proprio PPP a rivelarsi, perchè, come disse Sergio Citti "mo’ ne stiamo a parla’ da amici, ma la gente che viene da me e me domanda, che so, se Pier Paolo era cattolico, era cristiano, era marxista, ma che pretendono? Che con due stronzate che dico io, devi capi’ Pasolini? Loro pretendono di capi’ Pasolini così, da due stronzate che posso dirgli io, e questo è un fatto disonesto, perché lui aveva detto tutto e scritto tutto".
Arriva il giorno fatidico, ultimo giorno di autogestione. L’ITI è come un’immensa città, e come tutte le città al sabato sera (anche se noi siamo di sabato mattina) ci sono vari gruppi aggregativi, quelli per i corsi seri, quelli per i corsi un po’ meno seri, quelli per i corsi per niente seri. Penso: chissà cosa avrebbe pensato lo scrittore di “Il PCI ai Giovani” o dell’intermezzo poetico di Teorema, estremamente critico nei confronti dei giovani, davanti a un’autogestione del 2012. Entro nell’aula dove avrei dovuto tenere la “lezione” e monto il mio computer. C’è una ventina di ragazzi nella stanza, ancora eccitati per il corso di teatro appena finito.
Finalmente inizio: quando dico che sono venuto per parlare di un poeta, Pier Paolo Pasolini, che era decisamente più di un poeta, mi guardano un po’ spaesati.
Dopo una breve introduzione, comincio il viaggio nelle parole e negli sguardi di Pasolini, attraverso le meravigliose interviste che ha rilasciato.
Un viaggio nel dolore e nella solitudine di un uomo che sembrava essersi caricato sulle proprie spalle una sofferenza troppo grande da sopportare. Il primo che propongo è un video di Pasolini ospite a un programma di Enzo Biagi del '71: sembra che qui si presenti la disperazione apocalittica di un uomo che ha perduto le speranze, e con essa la sua incomunicabilità e la sua solitudine. Celebre di questo video è la solitaria critica a quel medium di massa che poi è intervenuto in maniera più radicale nella nostra vita quotidiana, la televisione, la quale imponendo diktat è riuscita a gestire nei decenni la nostra vita e le nostre abitudini. Faccio loro pensare alla cultura televisiva cresciuta sotto Berlusconi, ai vari talent show e programmi demenziali che assorbono la nostra attenzione e la nostra energia. Vedo già più coinvolgimento e sguardi di assenso, percepisco che la voce di Pasolini (che lui tanto odiava) inizia a attirare l’attenzione dei ragazzi.
Poi schiaffo uno dei video più forti di Pasolini. La fredda e lineare voce, quasi senza cambiamenti nel tono, crea un effetto estraniante mentre esterna tutta la disincantata visione su quello che stava accadendo nell’Italia degli anni ‘70, sull’ormai celebre “genocidio culturale” del consumismo, sull’odio profondo che Pasolini provava per il potere, per un potere disumanizzante. Non c’è niente come i toni della voce del poeta che riesce a trasmetterci quella solitudine, quella grande disperazione (ma sostenuta da una “fondamentale allegria”, come ebbe a dire in un’intervista) che esce in quella flebile voce, ma così acuta, così netta e spigolosa.
Infine faccio vedere un video che ha sempre toccato le mie corde emotive, non solo quelle razionali e contemplative: Pasolini è a Sabaudia, città costruita dal fascismo e con tutti quei criteri architettonici che più rappresentano lo stile fascista. Linee secche, nessun eccesso sfarzoso (anche se questa parsimonia di decori sembra altrettanto barocca).
Il poeta cammina nervosamente sulle dune in un’atmosfera grigia e ventosa e descrive l’alienante panorama come descriveva i paesaggi in cui camminava e viaggiava de Le Ceneri di Gramsci e de La religione del mio tempo. Riflette sul fascismo e su come quella tanto odiata dittatura non abbia poi cambiato così tanto dell’Italia, e sui come il consumismo abbia invece cambiato tutto dell’Italia. Ma non sono tanto le parole: è quel volto emaciato e scavato, quella camminata nervosa, quegli sguardi rapidi e deboli e soprattutto una sorta di balbuzie, un incespicare nelle proprie parole. Pasolini non ha più illusioni ora. Sembra già un uomo pronto a morire, di una morte totale. E’ il febbraio del ’74, poco più di un anno prima del suo barbaro omicidio. E nel video Pasolini sembra un moribondo che cammina, ma un moribondo innamorato della vita, profondamente innamorato della vita.
Dopo quella notte fra l’1 e il 2 novembre, in cui sto scrivendo anch’io, dopo 37 anni, Pasolini fu ucciso due volte. Barbaramente ucciso da Giuseppe Pelosi (oppure da qualcun altro) e barbaramente ucciso da una società che dopo averlo rifiutato e offeso per anni iniziò a forgiarne un’agiografia, ugualmente assassina. Perché PPP non era un santo, né un martire, né tantomeno un eroe. Per essere santi, martiri e eroi bisogna avere una certa vocazione alla morte, bisogna desiderarla ardentemente, morbosamente. Nonostante le sue opere siano sempre ricche di allusioni, di sguardi di morte, Pasolini era essenzialmente un poeta della vita, era quella la passione che ha animato la scrittura di opere (per quanto drammatiche) come Ragazzi di vita, Una vita violenta o di film come quelli de La Trilogia della vita. E, perché no?, anche Salò o le 120 Giornate di Sodoma non è altro che un grande inno alla vita, una vita che certo è soffocata, annichilita, ma che riesce sempre a sfuggire al crudele ordine stabilito, a ribellarsi. Quella notte di 37 anni fa non è morto un martire laico della grande storia italiana: è morto un uomo che ha lottato non per l’eroismo di un’ideale, ma per esigenza esistenziale, forse per la sopravvivenza stessa.
Insomma che dico a questi ragazzi ora?
Pasolini se lo devono ricordare, deve rimanere un nome stampato nella loro testa. Oggi questo poeta ce lo dobbiamo ricordare non solo per i geniali apporti alla letteratura, per il suo marxismo simbolista, per la sua avanguardia decadente e classica, non solo per i suoi meravigliosi film, dove è passato dal neorealismo al mondo classico al mondo medievale fino al senza tempo e metafisico Salò (senza tempo perché sempre attuale), ma soprattutto per il suo impegno politico, a cui si sentiva quasi destinato, chiamato da un’esigenza spirituale, che l’ha portato a scandalizzare una società bigotta e oscurantista come quella della Dc degli anni ’60 e ’70. Scandali come quello dell’omosessualità, della nudità, della bestemmia, del mostrare in tutta la sua spoglia brutalità il male, lo scandalo definitivo che è quello della ricerca della verità.
Finisce la lezione.
Ma so che non è finita perché Pasolini non è vecchio né datato, anzi è modernissimo.
E sicuramente ritornerà prima o poi nella loro vita, in un modo o nell’altro, a far vivere il suo ricordo.
![]() |
"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini - Autrice e curatrice: Angela Molteni Autori associati: Alessandro Barbato, Claudio Rampini, Marco Taffi le notizie contenuti in oltre dodicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolin |